Il Fatto Quotidiano

“Nessuno crede di poter incassare ben 18 miliardi”

- » STEFANO FELTRI

Gli unici a credere che in Italia si stia per aprire una nuova stagione di privatizza­zioni sono i nemici delle privatizza­zioni. La promessa del governo Conte di incassare 1 punto di Pil in un anno – circa 18 miliardi – da vendita di asset pubblici, è stata un segnale di impegno alla riduzione del debito nella trattativa con Bruxelles. Nessuno, nel governo come nella Commission­e europea, pensa che sia minimament­e credibile, se non con qualche trucco contabile. L’Italia si era impegnata a ottenere introiti da privatizza­zioni pari allo 0,3% del Pil all’anno per ridurre l’indebitame­nto. Nel 2017 ha incassato zero. Il governo Gentiloni aveva previsto uno 0,3% nel 2018 che non c’è stato. L’ultimo anno in cui si è incassato qualcosa – dire “privatizza­to” è troppo – è stato il 2016: 0,1% del Pil, 833,6 milioni dalla vendita di una quota di Enav, la società che gestisce il traffico aereo civile in Italia. E la lista delle grandi operazioni recente sembra il trionfo della furbizia contabile o della disperazio­ne, più che di una ritirata dello Stato: nel 2012 il ministero del Tesoro vende alla Cassa Depositi e Prestiti (controllat­a dal Tesoro) Sace, Simest e Fintecna per 8,8 miliardi. Nel 2015 piazza sul mercato 2,1 miliardi di euro di azioni Enel – non una privatizza­zione, perché l’Enel è già una società di diritto privato a controllo pubblico e tale resta, è soltanto la rinuncia a dividendi futuri – e una quota di Poste Italiane per 3,1 miliardi, altra cessione che non privatizza, ma scambia un incasso immediato con la rinuncia a benefici futuri.

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privatizza­zioni vere in Italia sono state quelle degli anni Novanta, con gli errori che sappiamo: passare ai privati il controllo di monopoli naturali (che quindi naturalmen­te dovrebbero rimanere pubblici) senza regole adeguate per costruire una concorrenz­a che dia qualche beneficio anche ai consumator­i oltre che ai nuovi padroni. Questo governo ha già minacciato nazionaliz­zazioni (di perdite, più che di aziende) altro che privatizza­re: vorrebbe tenersi Monte Paschi, caricarsi Alitalia in assenza di compratori, forse prendersi la vecchia rete in rame di Tim con debiti e dipendenti annessi.

È realistico pensare che si prepari allora una svendita del patrimonio immobiliar­e pubblico? Per quelle cifre – 18 miliardi – proprio no. Nel 2018 i proventi attesi dalle vendite di immobili pubblici sono 600 milioni. Quelli programmat­i per 2019 e 2020 di 640 milioni. Noccioline. La società (del Tesoro) che dovrebbe vendere o valorizzar­e immobili di Stato, Invimit, arranca da anni: ha in gestione oltre un miliardo di euro di immobili in fondi le cui quote vengono vendute, così da avere un incasso immediato. Ma di lì a dire che il bene è stato ceduto ce ne corre. Secondo i dati del 2015, lo Stato ha circa 283 miliardi di euro di patrimonio immobiliar­e, l’80% in mano agli enti locali. Ben 12 miliardi “non utilizzati”, altri 6 miliardi sono in uso gratuito a privati (e chissà se tutti meritevoli di questa carità pubblica). In compenso lo Stato continua a spendere milioni di euro ogni anno per affittare uffici e appartamen­ti, spesso in palazzi che prima erano di sua proprietà ma che poi ha ceduto per ottenere un po’ di quei famosi incassi da “privatizza­zioni”, un mero trucco contabile che finisce per risultare parecchio costoso nel lungo periodo.

Anche se in un sussulto liberista il governo giallo-verde decidesse di vendere Colosseo, Fontana di Trevi, palazzi e caserme, scoprirebb­e che è quasi impossibil­e. Una gestione responsabi­le degli immobili pubblici passa per un ripensamen­to del ruolo di Invimit, una riduzione della spesa in affitti e la vendita di quello che si può vendere, magari dopo averne estratto il valore massimo (cambi di destinazio­ne d’uso, ecc.) ma c’entra poco con la caccia ai 18 miliardi di euro da privatizza­zioni. Che, a meno di un svendita di quote di Eni, Enel e Leonardo, sono destinati a rimanere l’ennesima promessa impossibil­e da rispettare.

È irrealisti­co pensare che si prepari una svendita del patrimonio immobiliar­e pubblico Nel 2018 i proventi attesi sono 600 milioni; quelli per il 2019 e 2020 sono 640 milioni Noccioline

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LaPresse Stefano FeltriIl vicedirett­ore del Fatto Quotidiano parla di un mero trucco contabile

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