Zingaretti rischia Tutti al pallottoliere sul voto di sfiducia
Nel Lazio le opposizioni provano a far cadere il governatore I 5 Stelle non vogliono finire “stampella”, i renziani chissà
Quando la data delle primarie per la segreteria Pd è stata finalmente fissata, il prossimo 3 marzo, Nicola Zingaretti, il candidato dato per favorito nei sondaggi, deve prima schivare una “trappola” nel Consiglio regionale del Lazio: la mozione di sfiducia presentata dal centrodestra. Da otto mesi la sua seconda legislatura come governatore del Lazio deve fare i conti con “l’anatra zoppa” uscita dalle urne, ovvero l’assenza di una maggioranza nel parlamentino laziale, con 26 scranni andati alle opposizioni su 50 posti disponibili.
A inizio agosto un patto d’aula, su alcuni temi, accompagnato da una serie di cariche nelle Commissioni, ha garantito al governatore un ampliamento della maggioranza con il voto favorevole di due eletti nel centro destra: Giuseppe Cangemi ed Enrico Cavallari. Il primo è un ex forzista, già assessore regionale con Renata Polverini, l’altro è stato eletto nella Lega e ha un passato nella giunta di Gianni Alemanno in Campidoglio. Poco da spartire, dunque, con la maggioranza di centrosinistra in quanto a storia politica. Dopo l’intesa in aula i due hanno dato vita al Gruppo misto, l’accordo finora ha resistito, ma espone la maggioranza a una continua mediazione con le opposizioni, soprat- tutto con i consiglieri del gruppo 5 Stelle e con l’ex sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi.
COSÌ IL CENTRODESTRA, nel clima da campagna elettorale permanente che porterà fino alle elezioni europee, tenta la carta della sfiducia. In caso di voto favorevole ci sarebbe lo scioglimento immediato del Consiglio e la proclamazione di nuove elezioni entro tre mesi. Oggi la conferenza dei capigruppo deciderà quando verrà calendarizzata la mozione, proposta da 13 consiglieri di Lega, Fratelli d’Italia, Energie per l’Italia di Stefano Parisi e i fittiani di Noi con l’Italia. Lo Statuto prevede che venga votata non oltre due settimane dopo, quindi entro la prima metà di dicembre.
Fossero solo i 13 consiglieri del centrodestra a sostenerla, la mozione finirebbe nel dimenticatoio. Ma le dinamiche politiche spesso sfuggono all'aritmetica.
Tra le opposizioni il gruppo più numeroso è quello M5S, conta 10 consiglieri, finora ha dialogato in Consiglio con la maggioranza su diversi temi. E i pentastellati, a partire dal capogruppo Roberta Lombardi, non vogliono correre il rischio passare per la “stampella” della mag- gioranza, per questo hanno annunciato un voto positivo alla mozione nonostante non la abbiano sottoscritta.
Con il sì del Movimento si arriverebbe a 23 voti, qui inizia il calcolo che in questi giorni agita i corridoi del parlamentino laziale. Basterebbe che i due “transfughi” dal- le opposizioni rompessero il patto d'aula per non avere più la maggioranza. A quel punto, se si aggiungesse anche il voto di Pirozzi, la legislatura sarebbe finita.
Scenari che finora non sembrano agitare Zingaretti, il gruppo Pd cerca di trovare una via di uscita, magari con qualche assenza dell’ultima ora durante la sfiducia tra i banchi delle opposizioni. Un calcolo elettorale che circola nella maggioranza stima che su 50 consiglieri solo una manciata, nel centrodestra, avrebbero qualcosa da guadagnare da nuove elezioni appena un anno dopo le ultime.
Anatra zoppa
Da 8 mesi si gioca sul filo dei numeri: ora c’è di mezzo anche il congresso del Pd
SONDAGGI alla mano, se per la Lega sarebbe conveniente un ritorno alle urne con il traino di Matteo Salvini al governo, lo stesso non potrebbe dirsi per Forza Italia. Né per i gruppi più piccoli ora all’opposizione che non avrebbero alcuna certezza di riprendere il loro scranno. C’è chi poi, come Pirozzi, che dal dialogo con la maggioranza conta di drenare risorse per i territori colpiti dal terremoto del centro Italia. Negli ultimi giorni ha ripetuto: “Tanti chiacchierano, noi facciamo i fatti”. Il governatore però dovrà guardarsi anche da una possibile fronda interna ai Dem, con due consiglieri renziani che potrebbero essere tentati da uno “sgambetto” in aula, che di fatto lo eliminerebbe dalla corsa alla segreteria. Fino a Natale si prevedono giornate di mediazioni e conteggi.
Tanti chiacchierano, noi invece facciamo i fatti SERGIO PIROZZI