RIFORMA DEL CSM, CORRENTI E ANM NE STIANO FUORI
Il Fatto Quotidiano, in un articolo del 1° settembre, dava notizia che il 26 luglio il Consiglio Superiore della Magistratura aveva rinominato, per la terza volta, Lucia Musti procuratore di Modena. La terza decisione era arrivata dopo che il Consiglio di Stato, con sentenza del 2.7.2018, aveva, per la seconda volta, annullata la nuova delibera di nomina della Musti. Il caso costituiva l’ultimo esempio di quella pervicace tendenza del Csm che ripropone, anche più volte, il precedente nominato. Sono poi intervenute altre decisioni di annullamento di nomine: a) quella di Procuratore della Repubblica di Trani (ove il Consiglio di Stato ha rilevato che la delibera di nomina “manifestava una irragionevole incoerenza nell’attività amministrativa”); b) quella di nomina a procuratore della Repubblica di Venezia; c) quella di quattro presidenti di sezione della Corte di Cassazione. A tale ultimo proposito, il Csm aveva nominato commissario ad actaper l’attuazione della decisione, il vicepresidente Legnini ma quest’ultimo non aveva dato seguito a quella pronuncia perché, nel frattempo, il Plenum aveva riconfermato la decisione con una nuova delibera. Il 24 ottobre il Consiglio di Stato scrive: “In uno Stato di diritto il primato del diritto accertato mediante sentenze passate in giudicato, vincola ogni amministrazione pubblica, quali che ne siano le caratteristiche e le prerogative”. Si tratta di accuse gravi rivolte a un Organo di rilevanza costituzionale, che forniscono una ulteriore prova del gra- do di degenerazione correntizia raggiunto dal precedente Csm, fenomeno che il nuovo governo intende eliminare. Nell’accordo di programma si è dato atto della esistenza delle “attuali logiche spartitorie e correntizie in seno all’organo di autogoverno della magistratura che si intendono rimuovere attraverso la revisione del sistema di elezione sia per quanto attiene i componenti laici che quelli togati”. In attuazione di ciò, il Guardasigilli ha preannunciato una riforma per la nomina dei togati del Csm mediante un sistema di “sorteggio integrato” che ha suscitato la reazione della magistratura associata. Tutti i vertici delle correnti hanno chiesto al ministro un tavolo tecn icoritenendo fondamentale il confronto ministro- magistrato. Ed è questo che si deve evitare perché le correnti e l’Anm – responsabili della degenerazione – non hanno alcuna competenza a interloquire in merito. Il ministro può ricevere chiunque creda, tuttavia non è giustificato un incontro né con i capi delle correnti (le quali “dovrebbero” esaurire la loro funzione nella dialetti- ca interna dell’associazione) né con i rappresentanti di quest’ultima non comprendendosi perché un’associazione privata dovrebbe essere consultata su una proposta di legge che riguarda la formazione e la composizione di un organo pubblico, peraltro, di rilevanza costituzionale. L’Anm, in quanto associazione di categoria (il cosiddetto “sindacato delle toghe”), avrà legittimazione per incontri con il ministro competente al fine di interloquire su aspetti economici e su questioni attinenti le strutture e l’organico dei magistrati e del personale ausiliario e, cioè, su tutto quello che concerne il “servizio” (lavorativo) da discutere con il ministro cui, ex art. 110 Cost., “spettano l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia”; fermo restando, per l’associazione, il diritto ex art. 21 Cost., di “manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione” su qualsiasi questione riguardante i propri associati.
EVITI, COMUNQUE, il ministro l’errore del suo predecessore che istituì (inutilmente) una commissione composta per la quasi totalità di ex componenti del Csm. Una commissione del genere non proporrà mai un sistema di nomina che tagli fuori le correnti e di essa non vi è alcun bisogno avendo il Guardasigilli validi collaboratori nel suo dicastero.