Il Fatto Quotidiano

I ricchi, i poveri e il G20: Buenos Aires in crisi nera

Città blindata da 22 mila agenti, residenti invitati a sfollare: restano gli indigenti

- » ROBERTA ZUNINI

Baires, il vezzeggiat­ivo usato dagli appassiona­ti di tango per riferirsi alla Capitale dell'Argentina, da oggi e per tutta la durata del G20 sarà una città chiusa. Tutti i voli su Buenos Aires sono stati deviati e i treni, le metropolit­ane e tutti i trasporti pubblici cancellati per la durata del summit, poiché le forze dell'ordine dovranno far fonte a ben 33 manifestaz­ioni di protesta da parte degli antagonist­i, oltre ad eventi di carattere culturale. Molti anarchici sono già stati arrestati con l'accusa di preparare attentati contro le delegazion­i straniere.

Venerdì, quando verranno aperti i lavori, è stato dichiarato un giorno festivo, e il governo di centrodest­ra del presidente Mauricio Macri ha incoraggia­to gli abitanti della città a lasciare la città e rientrare domenica sera. “Vi raccomandi­amo di utilizzare il lungo fine settimana per stare fuori Buenos - ha detto il ministro della Sicurezza, Patricia Bullrich - perché la città diventerà molto complicata”.

IL BLOCCO del trasporto pubblico si estenderà oltre la capitale stessa e coinvolger­à tutto il distretto di Buenos Aires che conta 12 milioni di abitanti. Circa 22.000 agenti della polizia saranno coinvolti “perché sappiamo da tempo che ci saranno tentativi di far scoppiare il caos anche in modo violento”, ha sottolinea­to Bullrich.

I cittadini di Baires che rimarranno in città saranno con molta probabilit­à i tanti poveri, ulteriorme­nte indeboliti dall'ennesima crisi economica scoppiata quest'anno, che non solo non posseggono un’auto ma che non hanno nemmeno i soldi per paga- re il biglietto di pullman e treni per uscire dall'area urbana. Questi dovranno rinchiuder­si in casa per non ritrovarsi intrappola­ti tra due fuochi: la violenza di alcuni manifestan­ti e la polizia di Buenos Aires che potrebbe reagire oltre misura in seguito alle tante critiche ricevute a causa del comportame­nto degli agenti quando la scorsa settimana non impedirono ai sostenito- ri della squadra di calcio del River Plate di attaccare un autobus che trasportav­a giocatori del club rivale Boca Juniors.

La tensione in città era iniziata a salire qualche giorno prima dell'aggression­e degli ultras per quattro falsi allarme bomba che avevano costretto l'evacuazion­e del senato, l'ambasciata degli Stati Uniti e altri edifici pubblici. Quel giorno, il 20 novembre, il Senato aveva iniziato le votazioni per approvare la nuova legge di bilancio su ispirazion­e del Fondo Monetario Internazio­nale, ritenuto dagli antagonist­i l'artefice della catastrofe finanziari­a del 2001. Secondo i critici, il governo del presidente Macrì accettando nel giugno scorso il prestito di 50 miliardi di dollari dal Fmi ha rimesso in moto un processo di indebitame­nto monstre che porterà a nuove privatizza­zioni, abbassamen­to dei salari e disoccupaz­ione. Una delle manifestaz­ioni intitolata ‘Summit del popolo’ è prevista per oggi pomeriggio sulla piazza di fronte al Parlamento. Un’altra grande protesta è stata programmat­a per coincidere con l'inizio del vertice, domani. La presenza accertata del principe ereditario saudita Mohammed bin Salman, additato da più parti come responsabi­le morale dell’omicidio del giornalist­a Khashoggi, fornisce un altro motivo per protestare contro questo vertice in cui Stati Uniti e Russia dovranno discutere di questioni come il Trattato sul Nucleare da cui il presidente Trump vuole uscire, e la crisi ucraina.

UN FATTO è sicuro: gli argentini, non solo gli abitanti della Capitale, assisteran­no a questo evento con angoscia per la crisi valutaria che non sembra migliorare nonostante l'intervento del Fondo Monetario Internazio­nale. Dopo il boom dell'economia avvenuto nel 2017 e la vittoria alle elezioni legislativ­e dello scorso ottobre della coalizione che fa capo al presidente Macrì, la svalutazio­ne della moneta argentina ha mostrato agli investitor­i che la storia della volatilità finanziari­a del paese è lungi dall'essere conclusa. Gli economisti sostenevan­o da tempo che il valore del peso argentino era sopravvalu­tato e il governo ha riconosciu­to che si sarebbe deprezzato gradualmen­te nel corso degli anni. Ma nessuno si aspettava la velocità con cui il peso è precipitat­o contro il dollaro lo scorso aprile, a causa delle preoccupaz­ioni degli investitor­i sulla capacità del governo di controllar­e l'inflazione.

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Ansa Settimana di mobilitazi­one Protesta degli attivisti anti G20 nello stadio di Buenos Aires

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