Il Fatto Quotidiano

Regeni: le chiamate agli 007 che incastrano gli egiziani

I tabulati Dopo l’incontro con il ricercator­e, si registrano contatti tra il capo del sindacato dei venditori e tre della National Security. Così è nato il sospetto

- » VALERIA PACELLI

Gli agenti della National Security egiziana, secondo gli investigat­ori italiani, entrano a gamba tesa nel sequestro di Giulio Regeni il 6 gennaio 2016. Quel giorno di quasi tre anni fa, il ricercator­e friulano ha un appuntamen­to con il capo del sindacato autonomo degli ambulanti del Cairo, Mohammed Abdallah. L’incontro viene filmato dall’ambulante stesso. La registrazi­one però finisce agli atti del fascicolo della Procura di Roma che l’analizza nel dettaglio. Ed è il pm Sergio Colaiocco a scoprire che quel giorno – dopo il caffè preso con Regeni e una richiesta di denaro che il ricercator­e nega – sul cellulare dell’ambulante vengono registrate tre telefonate di tre utenze diverse, tutte della National Security.

È questo l’elemento che fa accendere i fari sugli apparati di Stato egiziani. E il conseguent­e sospetto che siano coinvolti nel sequestro di Giulio Regeni. Cosa sia avvenuto dopo – le torture e la morte – è ancora un buco nero. Non si conoscono i responsabi­li. Ma i pm romani – che indagano con i colleghi egiziani fissando diversi summit in questi anni, di fatto infruttuos­i – sono convinti che, a differenza di quanto detto, almeno cinque uomini della National Security a bb i an o sorvegliat­o il ricercator­e per qualche mese, fino al 25 gennaio 2016, giorno della scomparsa. Per questo la settimana prossima si procederà all’iscrizione nel registro degli indagati di sette tra 007 e poliziotti locali. E tra questi anche alcuni che partecipar­ono al blitz contro la presunta banda di rapitori, quelli indicati all’inizio dalla polizia egiziana come responsabi­li dell’omicidio. Era uno dei primi depistaggi consegnati all’I ta l ia , insieme ai documenti di Giulio – come il passaporto o la tessera dell’Università di Cambridge – serviti su un piatto d’argento. Un falso, si è poi scoperto, costato anche la vita a cinque rapitori, uccisi durante quella farsa.

Le iscrizioni sono comunque un atto necessario per ulteriori approfondi­menti.

Le telefonate tra Abdallah e gli apparati

Per ricostruir­e la fase del sequestro, come detto, per i pm romani è stata fondamenta­le l’analisi del video integrale registrato dal capo del sindacato autonomo degli ambulanti, lo stesso che poi ha denunciato Regeni. “L’ho consegnato agli Interni – dichiarò all’edizione araba dall’Huffington Post–(...) Fa- ceva domande strane, stava con gli ambulanti per le strade, interrogan­doli su questioni che riguardano la sicurezza nazionale”.

Per l’appuntamen­to del 6 gennaio 2016, Abdallah si presenta con una microcamer­a nascosta in un bottone. Strumento che, secondo gli investigat­ori, sarebbe stato fornito dalla stessa polizia locale. L’incontro dura un’ora e 55 minuti. Un’ora e 45 di colloquio effettivo. Durante il colloquio, l’ambulante chiede denaro a Giulio. Parla della sua situazione familiare, della moglie con il cancro e della figlia operata. Il ricercator­e spiega che non può fare nulla, sono soldi dell’università britannica e lui non ha intenzione di chiederli per fini diversi dalla ricerca. Così se ne va.

Ma il video continua. Infatti analizzand­olo fino alla fine – come ricostruit­o in un’informativ­a di Ros e Sco del 21 gennaio 2017 – gli investigat­ori notano che l’ambulante parla al telefono. L’identifica­zione dei suoi interlocut­ori rappresent­a la chiave di svolta dell’indagine romana. Analizzand­o i tabulati telefonici del 6 gennaio 2016, infatti, gli investigat­ori scoprono che Abdallah chiama un colonnello della National Security , tale Ater Kamal, il quale a sua volta sente il maggiore Sharif. Sono due dei cinque dell’Apparato di sicurezza finiti nell’informativ­a degli investigat­ori.

A questo punto sul telefono del capo del sindacato viene registrata un’altra telefonata, in entrata, da parte del centro della National Security. Purtroppo non è stato possibile capire a quale 007 appartenes­se precisamen­te quel contatto.

Ma il filmato di Abdallah mostra una nuova sorpresa. Nel video integrale si vede anche un secondo soggetto, un uomo che spegne la registrazi­one. Gli investigat­ori romani hanno chiesto alla Procura generale del Cairo di capire se si trattasse, pure in questo caso, di un agente della National Security, ottenendo una risposta negativa. A ogni modo, quel filmato è stato l’asso nella manica degli investigat­ori italiani per capire il ruolo della National Security.

Le indagini

Sette agenti e poliziotti locali saranno indagati Resta il buco su chi lo abbia ucciso

Ignoti ancora i torturati, l’Egitto non aiuta

Purtroppo si tratta solo di una parte della vicenda. Resta infatti il buio totale sulla fase successiva alla scomparsa di Regeni, su cosa sia accaduto dalla sera del 25 gennaio 2016, quinto anniversar­io della rivoluzion­e di piazza Tahrir, quando tra le 19.40 e le 20.18 dell’accademico si perdono le tracce. Nove giorni dopo, il suo corpo verrà trovato senza vita lungo la superstrad­a Cairo-Alessandri­a. Torturato e ucciso da qualcuno ancora ignoto. E nella ricostruzi­one della verità l’Egitto non è stato di particolar­e aiuto.

Twitter @PacelliVal­eria

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LaPresse Il ricordo La fiaccolata a un anno dalla scomparsa
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LaPresse La fiaccolata in ricordo di Giulio Regeni
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