Reddito, gaffe sulle tessere con Poste per ora solo riunioni
ANNUNCI EREALTÀ DI Maio e le “6 milioni di card”
“Visto che sul reddito c’è questo giallo delle tessere di cui si parla in Italia, ci tengo a dire che io già da due settimane ho dato ordine al mio staff di lavorare con Poste per avviare tutto il progetto del reddito di cittadinanza, che include anche la stampa delle tessere, quindi, non c’è nessun giallo sulle cosiddette carte di credito per la spesa del reddito”. Il ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, da Bruxelles, taglia corto sulle polemiche innescate dalle dichiarazioni televisive della sottosegretaria all’Economia Laura Castelli, che intervenendo nella trasmissione di La7 Otto e mezzo la sera prima, aveva lasciato intendere che sarebbero già in stampa in una fantomatica tipografia milioni di esemplari della nuova “social card”.
SE FOSSE vero saremmo di fronte a un abuso, visto che non esistono ancora né leggi né decreti e neppure una circolare che regoli il futuro reddito di cittadinanza e ne definisca la portata dell’intervento, nonostante nel disegno di legge di Bilancio 2019, che attende però l’approvazione del Parlamento, siano già postati 10 miliardi per finanziare il provvedimento. Le nuove affermazioni di Di Maio smentiscono anche precedenti dichiarazioni dello stesso vicepresidente del Consiglio, rilasciate il 22 novembre nella trasmissione di La7 Piazza Pulita:“Ogni beneficiario riceverà una tessera a casa e una serie di impegni da prendere, ho già dato mandato di stampare le prime cinque o sei milioni di tessere elettroniche”. Il Pd annuncia di voler denunciare Di Maio e Castelli e parla di “danno erariale”, vista l’assenza di una legge. Come stanno davvero le cose?
Dai riscontri effettuati dal Fatto presso le amministrazioni coinvolte nella querelle risulta che finora non è stata stampata nessuna tessera. Da alcune settimane si sono invece susseguite alcune riunioni tra la segreteria tecnica del ministro dello Sviluppo economico e i responsabili tecnici delle Poste italiane per individuare le procedure con cui istruire al meglio il dispositivo di legge e studiarne la prefattibilità. Postepay, il sistema di carte di pagamento delle Poste, conta attualmente 13,8 milioni di clienti e gestisce 26 milioni di card, 19 milioni sono prepagate. Un portavoce del dicastero di Di Maio ha smentito al Fatto che la consulenza richiesta a Poste italiane sia a pagamento.
Intanto, l’Anac (l’autorità nazionale anticorruzione) ha fatto tempestivamente sapere che per un appalto superiore ai 200 mila euro occorre seguire una procedura comunitaria che prevede un bando pubblico europeo. Mentre il presidente dell’Inps si è chiamato fuori dalla questione: “Noi non siamo minimamente coinvolti. Non ho nessuna notizia a riguardo e non abbiamo nessuna comunicazione su questo, non spetta a noi per altro, mi meraviglierei se chiedessero a noi di farle”.
Il sistema dell’erogazione di sussidi attraverso carte di credito prepagate non è, infatti, nuovo per l’ordinamento italiano ed è già passato dagli sportelli postali. Vi ha già fatto ricorso nel 2008 il ministro dell’Econo- mia pro-tempore del governo Berlusconi, Giulio Tremonti e nel 2017 il ministro del Lavoro del dicastero Gentiloni, Giuliano Poletti. I beneficiari della social card di Tremonti furono un milione e 300 mila. Nella legge di conversione del decreto di attuazione si affidava al ministero dell’Economia il nuovo strumento avvalendosi “di altre amministrazioni, di enti pubblici, di Poste Italiane S.p.a., di Sogei S.p.a. o di Consip S.p.a.”. In particolare si prevedeva che il ministero “ovvero uno dei soggetti di cui questo si avvale” individuasse un gestore del servizio integrato di gestione delle carte acquisti e dei relativi rapporti amministrativi, “tenendo conto della disponibilità di una rete distributiva diffusa in maniera capillare sul territorio italiano” e tenendo conto altresì “di precedenti esperienze in iniziative di erogazione di contributi pubblici”.
ANALOGO dispositivo è stato immaginato dal legislatore per l’erogazione del Rei, il reddito d’inclusione erede della social card, che ha comportato nell’ultima versione la stampa di oltre 2 milioni e 500 mila tessere. Una volta consegnata la domanda al Comune ed effettuate le dovute verifiche dall’Inps, spiegano ai Caf, l’ufficio postale invia una comunicazione al richiedente con l’invito a ritirare presso gli uffici postali la carta sulla quale verrà accreditato il bonus. Secondo il decreto Gentiloni del 2017, è questa volta il ministero del Lavoro e delle politiche sociali “responsabile dell’attuazione, del monitoraggio e della valutazione del Rei”.
Cosa c’è di vero Incontri con l’azienda che ha gestito social card e Rei per valutare la fattibilità del piano