Fca, in Italia l’ibrido (con poco mercato) e all’estero il futuro
II pianoMarcia indietro sull’addio al diesel. Con un investimento da 5 miliardi promette la piena occupazione, stavolta entro il 2021
Èdurato giusto sei mesi l’intento di Fca di abbandonare il diesel entro il 2022: il compianto Sergio Marchionne lo aveva promesso durante la presentazione del piano industriale, lo scorso giugno. Mike Manley, il nuovo ad della multinazionale italo-americana, ha fatto invece marcia indietro: l’addio al motore a gasolio è rimandato a data da destinarsi.
Un passo del gambero ufficializzato ieri, quando Fca ha svelato la strategia operativa del prossimo triennio 2019-2021: investirà in Italia oltre 5 miliardi con l’obiettivo di consolidare in chiave innovativa la fabbrica italiana dell’automobile, dove saranno realizzati 13 nuovi modelli, grazie anche al restyling degli impianti. Entro il 2021, poi, sarà raggiunto l’obiettivo della piena occupazione.
RISORSE che si trasformeranno in 13 nuovi modelli (o restyling di prodotti esistenti) di cui 12 con motorizzazioni ibride di vario livello – dal mild hybrid al plug-in, che si ricarica pure alla presa di corrente domestica – fino ad arrivare alla propulsione a zero emissioni. “L’Italia resta al centro del piano di Fca”, sostiene Gorlier. “Il primo step, assolutamente funzionale alla nostra strategia, è dotare tutti gli stabilimenti italiani di piattaforme comuni, flessibili ed e- lettrificate. L’abbiamo già fatto con la Renegade ibrida a Melfi, ora tocca alla prima piattaforma 100% elettrica a Mirafiori”.
Ancora una volta, specie per tenere a bada i sindacati, si parla di piena occupazione. Che tuttavia per ora resta una chimera. Il mega impianto torinese di Mirafiori “rappre- senterà la prima installazione della piattaforma 100% elettrica che sarà applicata sulla nuova Fiat 500 e che potrà essere utilizzata per altri modelli a livello globale”. E Manley promette “ulteriori investimenti sui brand Jeep, Alfa Romeo e Fiat porteranno benefici derivanti dall’utilizzo della capacità produttiva esisten- te, dalle economie di scala e dalle efficienze sugli acquisti conseguenti all’utilizzo di un’architettura comune e dello stesso sistema P l ug - i n
hybrid electric (Phev). Il tutto preservando i tratti caratteristici dei diversi brand”.
Tradotto, significa ottimizzare l’efficienza delle linee produttive e le economie di scala. Argomenti già sentiti.
Allora, cosa c’è di nuovo rispetto al passato, quando i pia- ni industriali di Fca sono tutti miseramente falliti? Stavolta sembrano esserci le coperture a conferire inedita e inaspettata credibilità ai buoni propositi: la maggior parte derivano dalla cessione della Magneti Marelli ai giapponesi della Calsonic Kansei, un affare che ha portato nelle casse di Fca un bottino da 6,2 miliardi di euro (in piccola parte finiti nelle tasche degli stakeholder). E presto potrebbero arrivare i denari dalla vendita di Comau, azienda attiva nel campo dell’automazione e della robotica industriale con sede a Grugliasco: i b o o k m a ke r lo danno per chiuso a inizio 2019 per una cifra compresa fra 1,5 e 2 miliardi di euro, ma da Torino continuano a smentire.
VENIAMO al prodotto. La 500 elettrica – in arrivo nel primo trimestre del 2020 – sarà prodotta a Mirafiori: un po’ poco, viste le scarse perfo rmance commerciali delle auto a batteria, per pensare di salvaguardare i livelli occupazionali. Nello stabilimento lucano di Melfi vedranno la luce anche la Jeep Compass (che attualmente è fatta in Messico, Brasile, Cina e India) e la variante plug-in della Renegade. Sulla stessa piattaforma nascerà anche il suv compatto a marchio Alfa Romeo, al debutto nel 2020 e destinato a Pomigliano, dove verrà assemblata pure la prossima generazione di Panda. Nella fabbrica laziale di Cassino prenderà vita la sport utility media di Maserati, che sfrutterà la piattaforma di Alfa Giulia e Stelvio, che a loro volta riceveranno la tecnologia plug-in (pronta per Levante, Ghibli e Quattroporte coi futuri aggiornamenti) in occasione del restylingdi metà carriera. A Modena, invece, finirà la futura sportiva del marchio Maserati Levante.
Le coperture La maggior parte dei soldi arriva dalla cessione della Magneti Marelli