I tweet di Trump scuotono il G20, in attesa della Cina
Commercio Il presidente Usa annulla l’incontro con Putin per l’Ucraina Ma al centro dei bilaterali il contenzioso con Pechino sulle nuove tecnologie
Come da copione, il G20 di Buenos Aires inizia sotto i colpi di tweet di Donald Trump. Quello che ha le conseguenze politiche più immediate è l’annuncio che il previsto incontro bilaterale con Vladimir Putin salta nonostante lo avesse confermato poco prima. “Sulla base del fatto che la nave e i marinai non sono stati riconsegnati all’Ucraina dalla Russia, ho deciso che sarà meglio cancellare il mio incontro precedentemente programmato con il presidente Vladimir Putin”, è il messaggio consegnato ai social da parte del presidente Usa. A cui, a stretto giro, risponde lo stesso Putin annunciando che così avrà “due ore di tempo in più da destinare a incontri utili”. Colpi di scena che riguardano anche gli incontri con il presidente turco Erdogan e quello sudocoreano. Sull’Ucraina è chiaro l’obiettivo di alzare la tensione anche se il dossier sarà al centro del vertice Nato di Bruxelles, martedì e mercoledì prossimi.
L’ALTRO TWEET, completato da una dichiarazione rilasciata qualche ora prima di partire per Buenos Aires riguarda l’incontro con il presidente cinese Xi Jinping, dato per probabile: “Forse ci sarà anche un accordo”, spiega Trump, anche se la situazione attuale “è preferibile, visti i mili ardiche gli Usa incassano” dai dazi applicati alle merci cinese. Questo dossier sarà quello che potrebbe segnare maggiormente i lavori del G 20 e offrire un quadro dei rapporti di forza internazionali.
La contraddizione resta la solita: l’economia è sempre più globalizzata, ma le politiche dei governi spingono sull’ acceleratore del protezionismo. E nei rapporti tra Washington e Pechino questo è quanto mai evidente. Si prenda il caso più delicato e meno visibile: il confronto sulle nuove tecnologie e soprattutto sull’ intelligenza artificiale. Esiste un rapporto della Casa Bianca denominato “Come l’aggressione economica della Cina minaccia le tecnologie e la proprietà intellettuale degli Stati Uniti e del mondo”. Nel testo, pubblicato lo scorso giugno, si parla apertamente delle “4 categorie di aggressione” da parte della Cina: protezionismo, aumento delle quote nel mercato mondiale, “trappola del debito” e primato manifatturiero della cosiddetta “fabbrica del mondo”. Si parla di “furto” dei brevetti, di cyberspionaggio e pirateria informatica. E si stimano tra i 180 e i 540 miliardi di dollari i costi annui di tale aggressione.
LA QUESTIONE dello scontro su tecnologie e intelligenze artificiali è diventata delicatissima. Il settimanale The Economist gli dedica la copertina, The chip wars, proprio alla vigilia del G20 sottolineando che su semiconduttori e industria dei chip si gioca la partita dell’economia digitale e della sicurezza nazionale. Gli Usa erano già intervenuti con Barack Obama sulla questione bloccando gli scambi di Intel con la Cina. Trump è intervenuto per frenare gli scambi di Qualcomm a Singapore e per inibire quelli della cinese Zte. La Cina ha annunciato con Jinping l’ obiettivo dell’ autosufficienza– come dimostralo sviluppo dei giganti Alibaba, Baidu e Huawei –, contro la quale il governo degli Stati Uniti ha lanciato una campagna di boicottaggio presso i governi alleati.
Scendendo poi nel mercato di largo consumo c’è lo scontro dei telefonini di nuova generazione 5G. Nel 2019 Huawei e Zte pianificano il lancio del primo smartphone compatibile con tale tecnologia. Gli operatori cinesi della rete pianificano investimenti per circa 400 miliardi di dollari nei cinque anni sino al 2020 e secondo le previsioni della società di consulenza Deloitte, nel 2025 la Cina sarà il primo mercato del 5G, con 430 milioni di utenze, una cifra più che doppia rispetto a quella stimata per il mercato Usa. Come evidenzia l’Economist, però, il terreno della tecnologia digitale è “un inno alla globalizzazione” perché per ogni industria americana ci sono almeno 16 mila fornitori di cui la metà all’estero degli Stati Uniti e buona parte in Cina. Le ragioni della globalizzazione economica e quelle del protezionismo americano si sposano dunque con fatica.
L’ incontro al G 20 argentino sarà utile, dice Trump, se otterrà vantaggi evidenti per gli Stati Uniti. Quindi non dovrebbe toccare la situazione dei dazi attuali che riguardano circa 200 miliardi di beni importati dalla Cina più 50 miliardi dell’acciaio. L’ Amministrazione Usa pensa ad ampliare la lista ad altri 267 miliardi di beni ed è probabile che su questo verteranno i colloqui bilaterali. Oppure sulla riduzione del deficit commerciale. Ma la contraddizione resta e continuerà a segnare gli scenari internazionali.
Intelligenza globale Sfida totale su tariffe e telefonia 5G. Donald vedrà Xi Jinping, ma per ora conferma i dazi I danni dell’aggressione tecnologica cinese valgono tra 180 e 540 miliardi di dollari all’anno
LA CASA BIANCA Forse farò l’accordo con Xi Jinping, ma per ora mi tengo i miliardi incassati dai dazi DONALD TRUMP