Guai, scuse e verità: due padri a confronto
L’atteggiamento verso la stampa e la magistratura di Tiziano e Antonio
Antonio
Di Maio e Tiziano Renzi. Due padri che hanno messo nei guai (mediatici) i figli. Due atteggiamenti diversi verso la stampa almeno finora. Antonio Di Maio ha consegnato una confessione senza se e senza ma al Corriere della Sera. Il padre del leader M5S ha ammesso di avere impiegato operai in nero nell’impresa edile intestata alla moglie e ha pure ammesso che quell’intestazione a un’insegnante era irregolare.
ESATTAMENTE l’inverso è accaduto con i Renzi. Tiziano, secondo i pm di Roma, non ha detto la verità sui suoi rapporti con l’amico Carlo Russo e con l’amministratore di Consip Luigi Marroni e nemmeno sull’incontro con l’imprenditore Alfredo Romeo. Per i pm non è vero che incontrava Marroni per parlare della sta- tua della Madonna da mettere nel cortile dell’ospedale Meyer e “probabilmente” è vero che ha incontrato Romeo il 16 luglio del 2015 dopo le 15 a Firenze dalle parti di via Pier Capponi. Risulterebbe dalle celle telefoniche agganciate dai telefonini di Tiziano, Carlo Russo e Alfredo Romeo. Anche le telefonate intercettate tra Romeo e i suoi collaboratori nelle ore successive fanno pensare che sia proprio Tiziano l’interlocutore misterioso di Romeo in quell’incontro.
Tiziano ha negato l’in c o nt r o con Romeo e i pm di Roma hanno chiesto la sua archiviazione nonostante pensino che sia poco credibile e che sia “probabilmente” ac- caduto. Matteo Renzi dispone di tutte le informazioni per capire eppure continua a difendere il babbo senza porgli le domande sulle accuse a lui rivolte, al contrario di Di Maio.
Tiziano ha fornito il 3 marzo 2017 ai pm una versione a cui Matteo stesso non credeva alla vigilia dell’interrogatorio. Poi si è rifiutato di farsi interrogare per la seconda volta nel 2018. Forse perché sapeva che nel frattempo i Carabinieri avevano raccolto elementi sull’incontro di luglio 2015 con Romeo, da lui negato.
A questo punto il figlio Matteo cosa ha fatto? Non lo ha scaricato. Anzi. Prima ha scritto un post per difendere la scelta del silenzio e poi, quando i pm lo hanno sentito come testimone ha tenuto a sottolineare che la sua scelta di rispondere non era affatto una sconfessione della linea del padre.
Il punto è che Matteo può permettersi di difendere il padre perché i pm scrivono che “probabilmente” ha incontrato Romeo. Nessuna certezza, dunque. Quell’avverbio è la linea Maginot sulla quale si attesta la difesa mediatica della famiglia. A marzo 2016 Matteo interrogava al telefono il padre mentre era intercettato e gli diceva chiaramente che non credeva alla versione di Tiziano su Marroni, Romeo e Russo. Poi, dopo la pubblicazione della telefonata, Renzi ha cambiato linea. Erano i giornali a mentire, non il padre.
Certo, in questo caso non c’è lavoro nero, non ci sono illeciti, secondo i pm di Roma almeno. Però sono fatti gravi e politicamente sensibili. In- contrare Romeo e poi negare al figlio, ai pm e a tutti è un comportamento che renderebbe Tiziano potenzialmente ricattabile. Sempre che l’incontro “probabile” sia accaduto. Se Matteo volesse seguire le orme dei Di Maio dovrebbe eliminare quel “probabilmente” dalla scena e chiedere al padre se il 16 luglio del 2015 abbia incontrato Romeo e se abbia parlato con lui delle gare di Consip e Grandi Stazioni.
Cose di famiglia La “confessione” di Di Maio senior ai giornali e i dubbi dei pm sul babbo di Renzi
NOI ABBIAMO chiesto a Matteo Renzi - via whatsapp - di chiedere al padre (che non ci aveva risposto) questa cosa semplice: “Papà, hai incontrato Romeo con Russo dopo le 15 a Firenze il 16 luglio 2015?”. Non lo ha mai fatto. Il problema è che questa domanda non è stata mai posta da nessuna tv e da nessun giornale. E finché sarà solo Il Fatto a porla resterà senza risposta.