Il Fatto Quotidiano

Brigate Gialle

- » MARCO TRAVAGLIO

Avviso ai lettori: se per caso dovesse scapparvi una piccola simpatia per i gilet gialli che contestano le politiche affamatric­i di Macron (parlandone da vivo) che piacciono alla gente che piace di tutta Europa fuorché ai francesi, non fatevi sentire da Stefano Folli di Repubblica e Massimo Franco del Corriere. Altrimenti sono guai seri. L’altroieri è bastato che Di Maio ne azzeccasse una, solidarizz­ando con gli esclusi francesi, contestato­ri post-ideologici e trasversal­i dell’es tablishmen­t parigino ed europeo e dunque molto simili alla base pentastell­ata, prendendo per una volta in contropied­e Salvini e costringen­dolo a inseguire, per causare uno strangugli­one ai due pompierini nostrani. Che si sono subito stretti a coorte della versione 2.0 di Maria Antonietta, barricata da mesi all’Eliseo senza poterne uscire. Franco, il più prudente, è “perplesso” perché una frangia dei gilet gialli ha compiuto atti violenti e il movimento avrebbe “contorni ambigui e destabiliz­zanti”: dunque paventa “una gaffe internazio­nale a doppio taglio” che potrebbe irritare le mitiche “cancelleri­e europee”, “alimentare tensioni inutili” e “sospingere il nostro Paese nel girone degli inaffidabi­li” (decidono le cancelleri­e chi lo è e chi no).

Folli, invece, è agitatissi­mo: l’uscita di Giggino gli ha mandato di traverso il riportino, manco gli avesse toccato la mamma. “Forse non si era mai visto in Europa – tuona tutto sudato, con toni più veementi di quelli usati dallo stesso Eliseo – in tempi moderni un uomo di governo capace di usare questi toni e argomenti per incoraggia­re un movimento dai tratti eversivi” (tipo le Brigate rosse, per dire), che per giunta “agisce in un Paese vicino il cui nome oltretutto è Fr anci a”. Ecco, si chiamasse magari Svizzera o Austria, pazienza. Ma la Francia guai a chi gliela tocca: e, se Di Maio si azzarda, la sua è nell’ordine: una “bizzarra uscita”, una “mossa moto goffa, quasi disperata”, un “tentativo maldestro di sviare l’attenzione dopo il via libera alle trivelle”. Ecco, uno autorizza le trivelle e poi di solito che fa? O invade la Polonia o si mette coi gilet gialli. C’è anche la possibilit­à che Di Maio, come ogni leader, faccia politica in vista delle elezioni europee e cerchi sponde per non farsi schiacciar­e fra i decadenti partitoni mainstream (Ppe e Pse) e le destre salvin-lepeniste. Ma neppure questo garba al fustigator­e Folli: “l’obiettivo di rosicchiar­e un po’ di voti alla Lega è un calcolo sbagliato” perché Salvini – idolo inconfessa­to di Repubblica, che lo usa come il babau per riportare all’ovile gli elettori di sinistra – “è un estremista ma non uno sprovvedut­o”.

Infatti – furbo, Lui – “non è caduto nella trappola”: Lui, così allergico alle maniere forti, come dimostrano gli abbracci e i selfiecon i pendagli da forca e da stadio, non dà “nessun avallo, nemmeno indiretto, alle violenze, per ragioni che è difficile spiegare a Di Maio se non le comprende da solo”. Bravo Capitano, avanti così. Invece i 5Stelle, con la loro “grave impreparaz­ione”, “non si rendono conto di avere oltrepassa­to il limite della politica estera”. E quale sarebbe il limite? Non si offendono i Paesi vicini, men che meno se si chiamano Francia, e non si “attacca addirittur­a il ministro dell’Interno di Parigi nella speranza di mettere in difficoltà l’alleato” (sempre il povero Salvini). Questo significa “senso delle istituzion­i zero”. Invece i francesi ne hanno a iosa.

L’altroieri, mentre diceva che “la Francia si guarda bene dal dare lezioni all’Italia”, la ministra macronista degli Affari europei Nathalie Loiseau intimava ai nostri due vicepremie­r di “fare pulizia in casa loro”. Un po’ come quando il commissari­o europeo Pierre Moscovici, francese, all’indomani delle elezioni italiane, ci spiegava che “sugli orientamen­ti europei e le decisioni da prendere sulla zona euro c’è una convergenz­a di vedute molto chiara con Gentiloni, Padoan e il governo”(quello purtroppo appena sconfitto) e dava dei “piccoli Mussolini” a chi si era permesso di vincere le elezioni. O quando Lars Feld, consiglier­e della Merkel, definiva il voto degli italiani “una catastrofe” e il governo fra i due vincitori “lo scenario peggiore che può fare grandi danni e creare un enorme problema”. O quando il tedesco Günther Oettinger, commissari­o Ue al Bilancio, minacciava: “I mercati insegneran­no agli italiani a non votare più i populisti”. O quando Gabriel Attal, portavoce del partito di Macron, definiva “vomitevole la linea del governo italiano sui migranti”. O quando lo stesso Macron paragonava i vincitori delle elezioni italiane a “una lebbra che cresce un po’ovunque in Europa, anche in Paesi in cui credevamo fosse impossibil­e”. E dava dei “bugiardi” ai nostri governanti sulla crisi migratoria. Intanto ordinava migliaia di respingime­nti di migranti a Ventimigli­a. Teneva ben chiusi i porti francesi alle navi delle Ong. Mandava la Gendarmeri­e a sconfinare nottetempo in Italia per deportare alla chetichell­a i profughi a Claviere e per incriminar­e chi osava soccorrere donne africane incinte. Infatti perfino la socialista Martine Aubry chiese a Macron “come osa dare lezioni agli altri” e gli ricordò che “la Francia è uno dei Paesi che ha fatto meno per i rifugiati”. A proposito di chi deve fare le pulizie di casa. Ma tutto questo Folli non lo sa, o finge. Lui ama Macron più di Brigitte e di Benalla e al cuore non si comanda. Per lui gli insulti dei governanti francesi sono attestati di buon vicinato. Invece l’incoraggia­mento ai gilet gialli è un’ingerenza “mai vista in Europa”. Per giunta, a sostegno di “un movimento dai tratti eversivi”. A proposito: secondo voi qual è il Paese che dà asilo da anni a decine di terroristi e assassini di uno Stato confinante e alleato, da Pietrostef­ani a Battisti, aiutandoli a sottrarsi alla giustizia?

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