Dl Carige uguale a Mps ma diverso dalle leggi salva-credito di Renzi
Ruoli invertiti M5S accusò l’esecutivo Pd per i soldi stanziati e l’intervento tardivo Ma la linea dell’aiuto pubblico è la stessa del decreto 2016 sul Montepaschi
Il Consiglio dei ministri convocato d’urgenza nel pomeriggio di lunedì, ha impiegato otto minuti otto per approvare il decreto che salva la banca Carige. Il tempo di licenziare un testo identico per forma e, soprattutto, sostanza a quello varato dal governo Gentiloni nel dicembre 2016: 23 articoli anziché 28, stesso linguaggio, stessa procedura, stesse intenzioni. Un copia- incolla dal ministro Pier Carlo Padoan al ministro Giovanni Tria e dal premier Paolo Gentiloni al premier Giuseppe Conte: “Al fine di evitare o porre rimedio a una grave perturbazione dell’economia e preservare la stabilità finanziaria, ai sensi dell’articolo 18 del decreto legislativo 16 novembre 2015...”. E il cambiamento consiste nel ricalibrare le date per l’entrata in vigore dell’ombrello pubblico, aperto stavolta su Carige.
ALLORA IL DECRETO era costruito per Monte dei Paschi, Popolare di Vicenza e Veneto Banca e impegnava 20 miliardi pubblici e adesso riflette le dimensioni più piccine di Carige e assicura un massimo di 3 miliardi di euro per garantire le obbligazioni emesse dalla banca ligure e non esclude un intervento nel capitale dell’istituto che può valere fino a un miliardo. Per la precisione, va sottolineata una differenza col recente passato, specie con i casi di Etruria & C.: per Carige i piccoli risparmiatori non rischiano di finire “azzerati” perché la banca è ormai priva delle famigerate obbligazioni subordinate (eccetto quelle sottoscritte dal fondo interbancario). Il Partito democratico, affossato dalle vicende delle popolari (leggi, Etruria e le polemiche sul ruolo di papà Boschi), imputa a Conte un conflitto di interessi: il mentore Guido Alpa, collega avvocato, è stato nel Cda di Carige dal 2009 al 2013 e poi –per un paio di mesi – nel Cda della Fondazione Carige. Conte ha fornito, invece, una consulenza a una società presieduta da Raffaele Mincione, socio di minoranza di Carige. “Conflitto di interessi inesistente, assurdo contestarlo”, replica il premier.
Così nel dibattito politico si invertono le parti in commedia: il centrosinistra protesta per il decreto prodotto in fretta e i gialloverdi di M5S e Lega rivendicano il sostegno agli italiani col conto in Carige e agli oltre 4.500 dipendenti.
Il vicepremier Luigi Di Maio, per esempio, è intervenuto più volte contro il decreto di Gentiloni: “Il Parlamento, a maggioranza assoluta, ha dato il via libera alla possibilità di indebitarci di altri 20 miliardi. Tutti uniti, in un grande patto del Nazareno, per ‘salvare’ la banca del Pd (Mps) e altre banche come la popolare di Vicenza e Veneto Banca”. In aula a Montecitorio, rivolgendosi a Gentiloni, Di Maio è stato ancora più severo: “Poi è arrivato lei, presidente. Il suo primo atto politico? Un decreto per trasferire 20 miliardi di euro alle banche italiane. Dopo 4 anni passati a dirci che non c’era- no soldi per il reddito di cittadinanza, per le forze dell’ordine, per le imprese italiane, per il fondo per le disabilità, ha cacciato fuori dal cilindro 20 miliardi. Complimenti!”. Di Maio era in sintonia con Alessandro Di Battista che, alla Camera nel luglio 2017, ha definito il decreto di Gentiloni “un regalo sta- tale alle banche private”.
In realtà, la posizione del Movimento era più sfumata e coerente con la scelta di lunedì, come dimostra un comunicato del gruppo dei senatori pentastellati all’indomani del decreto per Mps & C: “Il piano di salvataggio privato non funzionerà perché i risparmiatori non hanno più fiducia in un go- verno disastroso che ha dimostrato di non avere alcun piano di medio termine sul sistema bancario nazionale. Il governo Renzi-Padoan ha rinviato a più riprese l’unica soluzione sostenibile per le banche e per i risparmiatori: l’investimento pubblico e la nazionalizzazione dell’istituto senese”. Nel M5s c’è però molto malumore. I senatori Elio Lannutti e Gianlugi Paragone, per dire, chiedono di “non dare aiuti pubblici senza indagare le colpe di Bankitalia nel disastro”.
LE STRATEGIE per curare una banca restano sempre due: o lo Stato le soccorre con denaro pubblico nei limiti dei vincoli europei o le lascia fallire con le relative conseguenze. Oltre la propaganda politica, i Cinque Stelle hanno sempre optato per la prima ipotesi. Come del resto la Lega, tant’è che Matteo Salvini ha usato il decreto Mps soltanto per litigare con Forza Italia accusandola di “inciucio” con i dem.
Il governo ha iniziato l’anno con il commissariamento di Carige, ma già durante le vacanze, in diverse riunioni politiche a Chigi, s’era discusso dell’esigenza di stanziare dei soldi per la banca. Il consenso nel governo era trasversale e lunedì, dunque, otto minuti sono sembrati pure troppi.
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