Il Fatto Quotidiano

Parlamenta­ri La proposta di ridurli va avanti, ma i tempi sono lunghi

- FRANCO PELELLA GABRIELE NAPOLETANO FRANCESCO DEGNI TOMMASO RODANO PIERLUIGI SABATTI FQ

Sta infuriando la polemica sulla richiesta di autonomia differenzi­ata da parte della Lombardia, del Veneto e dell’Emilia Romagna. Il governator­e lombardo Attilio Fontana ha addirittur­a minacciato la caduta del governo se nelle prossime settimane non verrà approvata la richiesta delle regioni del Nord. Ma i leghisti non si rendono conto che con la loro richiesta di autonomia differenzi­ata, accompagna­ta dalla esplicita volontà di mettere le mani sul residuo fiscale (cioè sulla differenza tra le entrate fiscali che sono riscosse dallo Stato in una Regione e le spese che lo Stato destina a quella Regione) si sono messi dalla parte del torto.

La loro richiesta di maggiore autonomia era partita da una giusta critica degli sperperi che spesso nelle regioni del Mezzogiorn­o si fanno col denaro pubblico, ma invece di concentrar­e le loro critiche sul modo in cui vengono spesi i fondi pubblici nel Sud loro sono passati alla richiesta di gestire una maggiore parte dei fondi dello Stato, richiesta poco rispettosa delle differenze economiche e sociali esistenti tra le varie aree della nazione. Sarebbero stati inattaccab­ili nelle loro critiche se avessero chiesto un utilizzo più diffuso di criteri meritocrat­ici nella gestione delle risorse, cioè la premiazion­e degli enti, delle aziende e dei cittadini che dimostrino di ben gestire le risorse ottenute dallo Stato e la penalizzaz­ione degli enti, delle aziende e dei cittadini che non gestiscono bene tali risorse. In tal modo essi avrebbero costretto i meridional­i a riflettere sulle loro negligenze e a sforzarsi maggiormen­te di superare il gap con il Nord ma non avrebbero messo in discussion­e l’unità nazionale.

Alcuni giornali mettono in moto la “macchina del fango”

Il piano di Renzi premier era architetta­to per lasciare campo libero al presidente del Consiglio (cioè lui) di autorizzar­e le trivellazi­oni che NON SENTO PIÙ PARLARE della riduzione del numero dei parlamenta­ri più volte annunciata da Di Maio (da 945 a 600), comunque sempre troppi a mio avviso. Si parla solo di riduzione degli stipendi, cosa certamente utile ma non essenziale. Secondo me il numero totale non dovrebbe superare le 400 unità tra Senato e Camera dei deputati. CARO GABRIELE, il progetto dei gialloverd­i di ridurre il numero dei parlamenta­ri va avanti: lo scorso 19 dicembre la commission­e Affari costituzio­nali del Senato ha licenziato il testo base della riforma che prevede il taglio di oltre un terzo (36,5%) degli eletti a Montecitor­io e Palazzo Madama. L’approdo in aula però non è ancora stato fissato. Come lei scrive, i deputati dovrebbero scendere da 630 a 400 unità, i senatori da 315 a 200, in totale si passerebbe da 945 a 600 parlamenta­ri. Si tratta ovviamente di una riforma costituzio­nale (con modifica degli articoli 56, 57 e 59 della Carta): dovrà essere approvata due volte in entrambe le Camere, tra la prima e la seconda lettura non potranno passaremen­odi tre mesi. Insomma: i tempi sono necessaria­mente lunghi. Inoltre, a meno che non si trovi una maggioranz­a qualificat­a – i due terzi di deputati e senatori – l’ultima parola spetterà a un referendum (basta che lo chiedano un quinto dei parlamenta­ri, 500 mila elettori o cinque consigli regionali).

Cinque Stelle e Lega non sono certo i primi a tentare di far dimagrire Camera e Senato, ma rispetto al passato – si pensi al disastroso epilogo della riforma costituzio­nale Boschi – i gialloverd­i sembrano voler procedere con un approccio diverso: il taglio dei parlamenta­ri sarà separato dagli altri interventi sulla Carta. Se ci sarà un referendum, insomma, sarà su un solo argomento: niente maxi riforme, quesiti multipli ed “effetto Renzi” (legare il de- voleva per la felicità delle compagnie petrolifer­e. Ancora oggi subiamo lo strascico delle autorizzaz­ioni a pioggia per trivellare il Meridione, ma improvvisa­mente la colpa è dei grillini secondo certa stampa che ne parla come doppiogioc­histi.

I quotidiani accusano il Movimento 5 Stelle delle storture che stanno venendo a galla non perché le hanno scoperte i pentestell­ati ma perché i “giornaloni” addossando­le ai stino del governo a quello del voto). Nel merito della legge, la maggioranz­a ritiene che abbia solo effetti virtuosi: Camere più snelle, gruppi più compatti, una selezione più semplice e accurata dei candidati (e quindi degli eletti), meno compravend­ite e parlamenta­ri voltagabba­na. Il relatore del testo, il leghista Roberto Calderoli, ha stimato un risparmio di 100 mila euro l’anno. Le statistich­e dell’Inter-Parliament­ary Union (Ipu) confermano che il Parlamento italiano è uno dei più pesanti e costosi del mondo, anche se non è né il più numeroso (Regno Unito) né il più caro (Stati Uniti). Ma resta da verificare la relazione tra la qualità di una democrazia e il numero degli eletti. Più che diminuire i parlamenta­ri – ma questa è solo la mia opinione – ci sarebbe bisogno di partiti migliori. grillini le hanno messe in evidenza. Troppe cose verranno a galla ecco la corsa a far cascare il governo per il timore che il popolo scopra come i vecchi partiti (Pd, FI, centristi e gruppuscol­i vari) si sono svenduti il paese.

Il governo giallo verde ha sconvolto i loro piani ed ecco le menzogne e la violenza nei loro confronti. Nei prossimi mesi sarà sempre peggio. Il fatto che siano indicati 4 miliardi di tagli alla scuola pubblica in tre anni (ma non i bonus alla scuola privata) la dice lunga sulla serietà delle promesse elettorali delle forze al governo. Per usare il politicame­nte corretto, sono inaffidabi­li. A essere sinceri, sono ipocriti. Tav, il via libera dopo le Europee. Si sono dimenticat­i del referendum sull’euro e della Nato che andrebbe Sul decreto Sicurezza, più che la risposta minacciosa di Salvini mi ha sconfortat­o l’intervento arrogante di Di Maio, che ha liquidato le proteste dei sindaci come “un fatto elettorale” e ha qualificat­o gli interventi dei primi cittadini col massimo disprezzo racchiuso nell’espression­e “quella robba llà”. Che tristezza, il rappresent­ante dei Cinquestel­le ha mostrato il suo vero volto. Speriamo in Conte... I NOSTRI ERRORI

Ieri nel dossier sulle prossime elezioni europee, abbiamo attribuito 51 seggi attuali al gruppo Gue invece che 52, come pure indicato invece nella tabella. Idem per Enl, che ha 34 seggi e non 35. Ce ne scusiamo.

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LaPresse La politica come profession­e Montecitor­io

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