Parlamentari La proposta di ridurli va avanti, ma i tempi sono lunghi
Sta infuriando la polemica sulla richiesta di autonomia differenziata da parte della Lombardia, del Veneto e dell’Emilia Romagna. Il governatore lombardo Attilio Fontana ha addirittura minacciato la caduta del governo se nelle prossime settimane non verrà approvata la richiesta delle regioni del Nord. Ma i leghisti non si rendono conto che con la loro richiesta di autonomia differenziata, accompagnata dalla esplicita volontà di mettere le mani sul residuo fiscale (cioè sulla differenza tra le entrate fiscali che sono riscosse dallo Stato in una Regione e le spese che lo Stato destina a quella Regione) si sono messi dalla parte del torto.
La loro richiesta di maggiore autonomia era partita da una giusta critica degli sperperi che spesso nelle regioni del Mezzogiorno si fanno col denaro pubblico, ma invece di concentrare le loro critiche sul modo in cui vengono spesi i fondi pubblici nel Sud loro sono passati alla richiesta di gestire una maggiore parte dei fondi dello Stato, richiesta poco rispettosa delle differenze economiche e sociali esistenti tra le varie aree della nazione. Sarebbero stati inattaccabili nelle loro critiche se avessero chiesto un utilizzo più diffuso di criteri meritocratici nella gestione delle risorse, cioè la premiazione degli enti, delle aziende e dei cittadini che dimostrino di ben gestire le risorse ottenute dallo Stato e la penalizzazione degli enti, delle aziende e dei cittadini che non gestiscono bene tali risorse. In tal modo essi avrebbero costretto i meridionali a riflettere sulle loro negligenze e a sforzarsi maggiormente di superare il gap con il Nord ma non avrebbero messo in discussione l’unità nazionale.
Alcuni giornali mettono in moto la “macchina del fango”
Il piano di Renzi premier era architettato per lasciare campo libero al presidente del Consiglio (cioè lui) di autorizzare le trivellazioni che NON SENTO PIÙ PARLARE della riduzione del numero dei parlamentari più volte annunciata da Di Maio (da 945 a 600), comunque sempre troppi a mio avviso. Si parla solo di riduzione degli stipendi, cosa certamente utile ma non essenziale. Secondo me il numero totale non dovrebbe superare le 400 unità tra Senato e Camera dei deputati. CARO GABRIELE, il progetto dei gialloverdi di ridurre il numero dei parlamentari va avanti: lo scorso 19 dicembre la commissione Affari costituzionali del Senato ha licenziato il testo base della riforma che prevede il taglio di oltre un terzo (36,5%) degli eletti a Montecitorio e Palazzo Madama. L’approdo in aula però non è ancora stato fissato. Come lei scrive, i deputati dovrebbero scendere da 630 a 400 unità, i senatori da 315 a 200, in totale si passerebbe da 945 a 600 parlamentari. Si tratta ovviamente di una riforma costituzionale (con modifica degli articoli 56, 57 e 59 della Carta): dovrà essere approvata due volte in entrambe le Camere, tra la prima e la seconda lettura non potranno passaremenodi tre mesi. Insomma: i tempi sono necessariamente lunghi. Inoltre, a meno che non si trovi una maggioranza qualificata – i due terzi di deputati e senatori – l’ultima parola spetterà a un referendum (basta che lo chiedano un quinto dei parlamentari, 500 mila elettori o cinque consigli regionali).
Cinque Stelle e Lega non sono certo i primi a tentare di far dimagrire Camera e Senato, ma rispetto al passato – si pensi al disastroso epilogo della riforma costituzionale Boschi – i gialloverdi sembrano voler procedere con un approccio diverso: il taglio dei parlamentari sarà separato dagli altri interventi sulla Carta. Se ci sarà un referendum, insomma, sarà su un solo argomento: niente maxi riforme, quesiti multipli ed “effetto Renzi” (legare il de- voleva per la felicità delle compagnie petrolifere. Ancora oggi subiamo lo strascico delle autorizzazioni a pioggia per trivellare il Meridione, ma improvvisamente la colpa è dei grillini secondo certa stampa che ne parla come doppiogiochisti.
I quotidiani accusano il Movimento 5 Stelle delle storture che stanno venendo a galla non perché le hanno scoperte i pentestellati ma perché i “giornaloni” addossandole ai stino del governo a quello del voto). Nel merito della legge, la maggioranza ritiene che abbia solo effetti virtuosi: Camere più snelle, gruppi più compatti, una selezione più semplice e accurata dei candidati (e quindi degli eletti), meno compravendite e parlamentari voltagabbana. Il relatore del testo, il leghista Roberto Calderoli, ha stimato un risparmio di 100 mila euro l’anno. Le statistiche dell’Inter-Parliamentary Union (Ipu) confermano che il Parlamento italiano è uno dei più pesanti e costosi del mondo, anche se non è né il più numeroso (Regno Unito) né il più caro (Stati Uniti). Ma resta da verificare la relazione tra la qualità di una democrazia e il numero degli eletti. Più che diminuire i parlamentari – ma questa è solo la mia opinione – ci sarebbe bisogno di partiti migliori. grillini le hanno messe in evidenza. Troppe cose verranno a galla ecco la corsa a far cascare il governo per il timore che il popolo scopra come i vecchi partiti (Pd, FI, centristi e gruppuscoli vari) si sono svenduti il paese.
Il governo giallo verde ha sconvolto i loro piani ed ecco le menzogne e la violenza nei loro confronti. Nei prossimi mesi sarà sempre peggio. Il fatto che siano indicati 4 miliardi di tagli alla scuola pubblica in tre anni (ma non i bonus alla scuola privata) la dice lunga sulla serietà delle promesse elettorali delle forze al governo. Per usare il politicamente corretto, sono inaffidabili. A essere sinceri, sono ipocriti. Tav, il via libera dopo le Europee. Si sono dimenticati del referendum sull’euro e della Nato che andrebbe Sul decreto Sicurezza, più che la risposta minacciosa di Salvini mi ha sconfortato l’intervento arrogante di Di Maio, che ha liquidato le proteste dei sindaci come “un fatto elettorale” e ha qualificato gli interventi dei primi cittadini col massimo disprezzo racchiuso nell’espressione “quella robba llà”. Che tristezza, il rappresentante dei Cinquestelle ha mostrato il suo vero volto. Speriamo in Conte... I NOSTRI ERRORI
Ieri nel dossier sulle prossime elezioni europee, abbiamo attribuito 51 seggi attuali al gruppo Gue invece che 52, come pure indicato invece nella tabella. Idem per Enl, che ha 34 seggi e non 35. Ce ne scusiamo.