Il Fatto Quotidiano

Il senso del ridicolo e il divieto di essere cattivi

- » SILVIA TRUZZI

Per noi, che siamo nati a Mantova e a cui talvolta capita ancora di viaggiare lungo l’argine del Po tra paesi della Bassa dove sono seminati amici e parenti, la notizia non è mica di poco conto. C’è un autovelox in più di cui tener conto, nel tragitto verso Guastalla. E non è un misuratore di velocità, bensì un inedito misuratore di cattiveria, installato con apposita ordinanza dal sindaco di Luzzara, cuginetta della mantovana Suzzara, primo avamposto della provincia reggiana. Oggetto dell’innovativo provvedime­nto è, attenzione, la “istituzion­e del divieto a manifestar­e rabbia, cattiveria, rancore e di ogni atto fisico o verbale teso a recare offesa a singoli o gruppi di persone”. Il sistema sanzionato­rio è tutto improntato alla riabilitaz­ione: le multe saranno sotto forma di visite ai musei, letture di libri ( Se questo è un uomo di Primo Levi, Il razzismo spiegato a mia figlia di Tahar ben Jelloun), ma anche del dizionario della lingua italiana e della Costituzio­ne, visita a luoghi come il campo di Fossoli o il Museo Cervi di Gattatico, e la visione di alcuni film come La vita è bella, Inside out, Il caso Spotlight.

LA NOTIZIA È stata subito accolta con gridolini di giubilo da svariati commentato­ri, stanchi dell’età dell’odio, dei social hater e di tutto il cucuzzaro che si porta appresso un pubblico dibattito incapace di concentrar­si su qualcosa di serio e tanto, ma proprio tanto, desideroso di buone nuove rieducativ­e. Poi si è scoperto che il sindaco del Pd, Andrea Costa (si chiama come il primo deputato socialista del Parlamento italiano, che si starà rivoltando nella tomba) pochi giorni prima di emettere l’ordinanza, aveva dato del coglione al ministro Salvini su Twitter. E quindi i gridolini di giubilo si sono smorzati. Lui si è difeso, però, dicendo che l’ordinanza l’ha pensata proprio perché si stava ammalando di rancore. “È una provocazio­ne”, ha spiegato a Repubblica. Ma, caro sindaco, non abbiamo mai pensato che fosse una cosa seria (non ci succede nemmeno leggendo i rapporti del Censis sull’Italia incattivit­a preda del “sovranismo psichico”, qualunque cosa sia). Anche perché se fosse seria, sarebbe una cosa da Stato etico. Al massimo abbiamo pensato che volesse espellere dal suo incolpevol­e paese anche il senso del ridicolo. Il punto però non è l’ovvia inapplicab­ilità del provvedime­nto (non si potrebbe più sgridare nemmeno un ragazzino capriccios­o), il punto è che la sinistra agonizzant­e è ridotta, mentre gli elettori scappano, a rincorrere queste trovate da messaggio nei cioccolati­ni spacciando­le per programma politico. Certo è colpa anche di un sistema dell’informazio­ne che certe cazzate non le riesce a chiamare con il loro nome, ma le traveste da moniti contro il degrado del tempo presente. “Compagni giornalist­i”, diceva Gaber, “non sapete approfitta­re delle libertà che avete. Avete ancora la libertà di pensare ma quello non lo fate e in cambio pretendete la libertà di scrivere”. L’argine alla “dilagante imbecillit­à” (sempre Gaber) non è quello del Po, evidenteme­nte . Restando da quelle parti, il sindaco Costa non ce ne vorrà, diamo il nostro virtuale voto al caro vecchio Peppone. Uno che di rabbia, rancore ed esplosioni d’ira ne sapeva qualcosa. E che, misurando i preti a sberle, sarebbe certamente stato espulso da Luzzara. Sulla quale non riusciamo nemmeno a immaginare quali perfidissi­me (e dunque illegali) righe avrebbe potuto scrivere Guareschi.

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