Autostrade, i super rincari potevano essere evitati
Ugo Arrigo insegna Economia politica e Finanza Pubblica presso la Scuola di Economia e Statistica dell’Università di Milano Bicocca. È anche consulente del ministero dei Trasporti
inizio d’anno ritornano d’attualità le tariffe autostradali, tuttavia con la differenza non trascurabile che quest’anno la notizia non è data dagli aumenti automatici prodotti dall’ultima scala mobile rimasta in Italia, in favore dei concessionari autostradali, bensì dal loro blocco sulla quasi totalità della rete nazionale. Questa decisione deve essere occasione per valutare quali siano i criteri corretti di revisione delle tariffe nel tempo, un quesito che fu posto per la prima volta allo scrivente, all’epoca esperto economico presso la Presidenza del Consiglio, nell’aut un no 1994.
ALL’EPOCA la risposta alla domanda divenne la regola tariffaria introdotta con la delibera Cipe del 7 dicembre 1994 la quale, ipotizzando che i costi gestionali crescano nel tempo approssimativamente come i prezzi al consumo, autorizzava una variazione annua delle tariffe autostradali pari all’incremento percentuale dei prezzi al consumo nell'anno precedente, diminuito di una quota consistente della variazione percentuale del traffico autostradale nello stesso periodo. La regola permetteva una crescita dei ricavi da pedaggio in linea coi costi, tenendo conto che i ricavi si accrescono sia per l’a umento del traffico che per quello delle tariffe mentre i costi sono quasi del tutto indipendenti dai livelli di traffico. Nelle reti ferroviarie un raddoppio del traffico farebbe aumentare i costi di gestione, per maggior usura e maggiori costi di circolazione, di un 10% e non vi è ragione che nelle reti autostradali, in cui si limita alla più rapida usura del manto stradale, possa essere più alto. Invece il raddoppio del traffico produce, a parità di prezzi, il raddoppio dei ricavi.
La regola Cipe del 1994 non fu in realtà mai applicata in quanto non si procedette alla stima puntuale dell’elasticità dei costi al traffico, un valore che avrebbe dovuto attenuare nella formula il trasferimento del maggior traffico in minor dinamica tariffaria. Possiamo tuttavia stimare ora come sarebbero cresciute in tutto questo tempo le tariffe e la spesa totale per pedaggi se fosse stata costantemente applicata la regola del 1994, ipotizzando nel valore ragionevole del 90% la quota dell'incremento di traffico che avrebbe dovuto essere restituita ai con- sumatori sotto forma di minore crescita tariffaria. I risultati della simulazione sono stupefacenti: dal 1996 a oggi i prezzi al consumo, che usiamo anche come approssimazione dei costi gestionali, sono cresciuti del 48% ma il traffico in tutto il sistema autostradale a pedaggio è aumentato quasi del 40%. Pertanto i maggiori costi nel rati a parte mentre la formula tariffaria regolava il recupero dei maggiori costi della rete esistente. Tuttavia in relazione agli investimenti è necessario formulare diverse considerazioni. In primo luogo è ragionevole ipotizzare, in assenza di statistiche pubbliche ufficiali, che nel periodo considerato i gestori abbiano effettuato investimenti complessivamente inferiori alla maggior spesa dei consumatori rispetto alla regola; inoltre gli investimenti debbono essere recuperati nell'arco di un periodo molto lungo, quello minore tra la durata utile dell’opera e la durata residua delle concessioni. Pertanto la loro quota annua di ammortamento è un valore ridotto rispetto alle dimensioni complessive dell’investimento. Inoltre bisogna distinguere tra investimenti che riducono i costi, investimenti che aumentano la capacità e investimenti che migliorano la fruizione della capacità esistente. Se è ragionevole che gli ultimi siano compensati da maggiori tariffe lo è molto meno per i secondi, che dovrebbero invece essere recuperati accontentando domanda aggiuntiva e non lo è proprio per i primi, ad esempio la sostituzione dei casellanti con casse automatiche, dato che essi si remunerano da soli.
IL SETTOREautostradale è un caso da manuale di pessima regolazione pubblica che dura da un quarto di secolo nella condiscendenza o incapacità dei governi, nessuno dei quali prima dell’attuale ha ritenuto di mettervi mano. Essa è stata resa possibile da regole insoddisfacenti e dall’assenza di un valido regolatore di settore. L’Autorità dei trasporti, inizialmente progettata in parallelo a quella dell’energia già nel 1995 e definita dalla legge indispensabile per poter effettuare privatizzazioni nel settore, è rimasta nel limbo per un ventennio e una volta sorta le è stato vietato di occuparsi delle concessioni in essere. Ora si è posto rimedio ma è possibile che non basti per rimettere ordine nel settore e che le sue regole debbano essere riscritte da capo, o forse scritte per la prima volta.
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