Erdogan snobba gli Usa: “I curdi sono terroristi”
L’inviato Bolton non ottiene garanzie sull’Ypg ora stretto fra Isis e offensiva turca
La sberla, diplomatica, che il presidente turco Erdogan ha tirato a quello che fino al 14 dicembre scorso è stato il più stretto e importante consigliere di Trump, il super falco John Bolton, molto probabilmente risuonerà a lungo a Washington. Arrivato ad Ankara dopo aver fatto scalo in Israele, Bolton non è stato ricevuto né da Recep Tayyip Erdogan, né dal ministro degli Esteri, come si aspettava, credendo di essere ancora considerato dal Sultano un fedele di Trump.
Ma dopo la reazione contraria di Bolton alla decisione di Trump di ritirare le ultime truppe dalla Siria presa durante la telefonata del 14 dicembre scorso con Erdogan all'insaputa del Pentagono e persino del suo cerchio magico (di cui Bolton era al vertice), il consigliere viene ora visto da Ankara come l'ultimo nemico da far rimuovere, o, almeno umiliare.
BOLTON È RIUSCITO a convincere il suo “capo” a rallentare il ritiro dei 2.000 soldati americani rimasti nel nord est della Siria e a intimare alla Turchia di non attaccare i guerriglieri curdi siriani delle Unità popolari di protezione (Ypg) alleati degli Stati Uniti sul terreno contro l'Isis. I jihadisti dal canto loro si fanno pericolosi con nuovi attacchi proprio ai curdi. La richiesta ha fatto infuriare Erdogan perché il suo intento è proprio quello di sgominare quelli che considera terroristi legati a doppio filo al Pkk, l'organizzazione armata curda fondata da Ocalan. Per questo Bolton è stato accolto “solo” dal portavoce di Erdogan, Ibrahim Kalil che, anziché tentare una mediazione, gli ha chiesto di procedere al ritiro velocemente e di con- segnare le 20 basi militari americane nel Rojava (parola curda per definire i quattro cantoni a maggioranza curda nel nord est della Siria) ai militari turchi oppure di distruggerle.
Poco dopo l'affronto all'inviato americano, Erdogan ha rincarato la dose in un discorso ai deputati del suo partito della Giustizia e Sviluppo in cui ha promesso che ordinerà comunque l'offensiva a breve essendo determinato a eliminare il “corridoio del terrore” nel nord della Siria sottolineando di “non fare distin- zione tra gruppi terroristici”, cioè tra le milizie curde siriane che combattono dal 2014 l'Isis. “Se sono terroristi, faremo ciò che è necessario indipendentemente da dove vengano”, ha tuonato Erdogan, per poi accusare senza mezze parole Bolton: “Ha fatto un grave errore nel porre le condizioni per il ruolo militare della Turchia dopo il ritiro degli Stati Uniti. Non è possibile per noi scendere a compromessi su questo punto”. Il Sultano ha detto in seguito alla stampa di essere invece aperto a un incontro in qualsiasi momento con The Donald. Alla domanda sulla data dell'operazione, ha ricordato l'intervento turco a Cipro nel 1974 e la frase in codice usata per dare inizio all'occupazione dell'isola, ovvero "Ayse dovrebbe andare in vacanza", per poi riaggiornarla con queste parole: "Sai, una volta, Ayse era andata in vacanza. Anche noi possiamo andarci inaspettatamente. Può essere in qualsiasi momento”.
LA TENSIONE tra Turchia e Stati Uniti, pilastri della Nato, è tornata a salire anche per un'altra ragione e non di secondo piano. Si tratta della decisione presa da Erdogan di acquistare il sistema russo di difesa aerea S-400 e, forse, declinare la commessa dei Patriot americani. Nelle prossime settimane gli Stati Uniti invieranno un team tecnico in Turchia per esprimere preoccupazioni in particolare per quanto riguarda la sicurezza del volo degli aerei statunitensi F-35. Secondo la Difesa americana il sistema russo potrebbe danneggiarli qualora volassero accanto alle installazioni russe. Il Pentagono e il Partito repubblicano non possono accettare che un altro membro Nato agevoli la Russia.
Dispetto fra alleati
Il Sultano pensa di rinunciare ai Patriot americani a favore dei missili russi S-400