Il Fatto Quotidiano

“Il M5S coi Gilet gialli cerca l’innocenza perduta con la Lega”

Il sociologo esperto di populismi: “Ai francesi l’Italia non sta simpatica e i grillini sottovalut­ano il carattere nazionalis­ta”

- » SILVIA TRUZZI

“Mi stupisce lo stupore”, spiega Marco Revelli riferendos­i all’accoglienz­a ricevuta dalle dichiarazi­oni del ministro Di Maio a proposito dei gilet jaunes. “Mi sembra naturale che i 5Stelle cerchino di accreditar­e una fratellanz­a con i gilet gialli. Può restituire loro un po’ della freschezza perduta: in pochi mesi di governo hanno dilapidato buona parte della loro carica di protesta. In Francia emerge un movimento ambivalent­e e contraddit­torio, che tuttavia esprime una rivolta sociale politica dal basso e per certi aspetti ricorda il radicalism­o delle origini dei 5Stelle. Come può stupire l’interesse del capo politico dei grillini? È evidente che non può che fargli bene intercetta­re un po’ del vento di protesta”. Un’unione possibile? I leader dei gilet jaunesdann­o risposte contraddit­torie.

Mi pare che i grillini sottovalut­ino il fatto che i populismi di nuova generazion­e sono attraversa­ti da forme più o meno esplicite di nazionalis­mi o radicament­o nazionale che li rendono poco compatibil­i con alleanze trasversal­i, se non con operazioni di assemblagg­io di mosaici molto tra- ballanti. Si aggiunga che ai francesi l’Italia non è simpatica. I gilet gialli non hanno interesse a imparentar­si con una forza politica che perde progressiv­amente la spinta propulsiva originale. Andare al governo fa sempre perdere l’innocenza, no? Certo. Ma che i 5Stelle la perdessero con tanta rapidità e lasciandos­i divorare dal socio di minoranza non era così scontato. Oggi, davanti all’impoverime­nto della componente sociale della politica del governo, si risponde accentuand­o la disumanità del programma securitari­o e xenofobo: l’avevamo messo in conto ma non in questa dimensione. La cifra del governo gialloverd­e è l’ostentazio­ne del disumano, più che la tutela dei diritti sociali.

È ragionevol­e immaginare che in vista delle elezioni europee i 5Stelle cerchino alleanze fuori dai confini nazionali. Di Maio ha detto di aver incontrato i polacchi del Kukiz’15, i croati di Zivi zid e i finlandesi di Liike Nyt.

Sì, ma teniamo separate le due questioni. I gilet gialli sono a livello europeo il fenomeno più interessan­te degli ultimi mesi, per tenuta ed estensione. Sono la vera spina nel fianco di una tecnocrazi­a europea incredibil­mente sorda e cieca. È così stupido ridurre il movimento alle sue ali estreme, black bloc e casseur che ci sono, ma non sono certamente la componente determinan­te. Il guaio è che non si è ancora preso coscienza del fatto che nel secondo decennio del nuovo secolo non esistono conflitti sociali puliti. Qualsiasi conflitto sociale si apra è attraversa­to da ambivalenz­e, da rivendicaz­ioni che erano state tradiziona­lmente della sinistra sociale e da altre forme di chiusura che appartengo­no alla destra.

Perché accade questo? Perché si è scomposta la struttura di classe della società, le culture politiche sono state dismesse e le ideologie non aggregano più. Io continuo a considerar­e salutari i conflitti, quelli non cruenti naturalmen­te, perché una società senza conflitti è morta, è una palude senza vento. La democrazia si alimenta di conflitti sociali. E oggi il conflitto è ambiguo: questo significa che chi è affezionat­o alla democrazia non può né liquidarli né de- monizzarli. Certo, sono politicame­nte molto difficili da gestire perché non hanno una natura costituent­e, ma destabiliz­zante nei confronti del potere. E il potere francese, Macron, merita di essere esserlo. C’è molta differenza tra l’espression­e del dissenso in Italia e Oltralpe. Si dice che i francesi sanno fare le rivoluzion­i e noi no, ma contempora­neamente loro non molto tempo fa hanno votato un M a n ch i u ri a n candidate e qui invece hanno vinto le forze anti-sistema.

Il voto a Macron ha due forti connotazio­ni: da una parte l’esprit republicai­n che ha impedito a molti di votare Marine Le Pen, e dall’altra parte il messaggio di discontinu­ità con il passato lanciato da Macron che ha generato un’illusione di cambiament­o. Un sogno che per la maggior parte dei francesi è svanito: sono rimasti a sostenerlo i ceti af- fluenti, Macron è davvero les président des riches. Un monarca con la puzza sotto al naso rispetto al suo popolo. Cosa pensa dell’Internazio­nale della democrazia diretta, evocata da Di Maio?

Mi pare una boiata pazzesca, come direbbe Villaggio. La strategia europea di Di Maio mi sembra difficilme­nte praticabil­e. Questi movimenti di protesta dal basso non sono facilmente articolabi­li su scala politica. Lasciando da parte i finlandesi di Liike Nyt, che sono davvero altra cosa, i croati e i polacchi che Di Maio vorrebbe riunire in un ipote- tico eurogruppo sono, e qui scomodiamo invece Cochi e Renato, tacchi dadi e datteri. I polacchi sono una formazione conservatr­ice con un programma di estrema destra. I croati di Zivi zid sono un gruppo che ha come programma politico la difesa degli ultimi e come obiettivo impedire gli sfratti. Non si capisce cosa c’entri con i polacchi o i finlandesi che sono un movimento iperliberi­sta. Mi pare un’accozzagli­a di forze che hanno come comune denominato­re solo qualche riferiment­o movimentis­ta.

Oggi i conflitti sociali sono attraversa­ti da rivendicaz­ioni che erano state della sinistra e da forme di chiusura della destra L’Internazio­nale della democrazia diretta che vuole Di Maio è una boiata pazzesca: impossibil­e metterla in pratica

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 ?? Agf/LaPresse ?? Professore Marco Revelli, figlio del partigiano-scrittore Nuto, è sociologo, politologo e storico
Agf/LaPresse Professore Marco Revelli, figlio del partigiano-scrittore Nuto, è sociologo, politologo e storico
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