Il Fatto Quotidiano

Mai nato, il Codice dello Spettacolo è già morto

La legge è naufragata per mancanza di decreti attuativi. Ora si riparte daccapo

- » CAMILLA TAGLIABUE

Ci

sono voluti 50 anni per partorire una legge sullo spettacolo dal vivo in Italia e uno per abortirla: l’operazione è riuscita, ma il paziente è morto. Dal 27 dicembre scorso, infatti, sono scaduti i termini per presentare i decreti attuativi – o una loro eventuale proroga – del Codice dello Spettacolo, defunto così in appena tredici mesi.

APPROVATO nel novembre del 2017, il Codice regolament­ava, per la prima volta, l’intero sistema di musica, teatro, danza e circo con alcune sostanzios­e novità: l’aumento progressiv­o del Fondo unico per lo spettacolo; l’estensione dell’Art Bonus a tutti; 4 milioni di euro per spettacoli nelle zone del sisma; l’annessione nel comparto di carnevali e rievocazio­ni storiche... Tutti propositi – buoni o no – rimasti sulla carta. Ora tocca ripartire da zero, mentre c’è chi si interroga: “Chi l’ha visto? Ovvero che fine ha fatto il Codice dello Spettacolo”, titolo di un convegno convocato dall’associazio­ne Ateatro lunedì a Milano con Alessandra Carbonaro (M5S) e Roberto Rampi (Pd).

“Sicurament­e il Codice aveva una serie di difetti, ma anche il pregio di mettere il teatro in relazione con altri settori: la scuola, il turismo...”, spiega Oliviero Ponte di Pino, cofondator­e di Ateatro, che non esita a definire la legge “un orgasmo prematuro”. Eppure il ministro dei Beni culturali Alberto Bonisoli aveva più volte promesso i famigerati decreti at- tuativi, o quantomeno una proroga: come mai non si è fatto nulla? “Dovrebbe chiederlo a chi ci ha preceduto”, dicono dal Mibac. “Non siamo riusciti a fare i decreti per problemi legati al vecchio governo. Una legge simile al Codice, comunque, è al vaglio del Consiglio dei ministri: entro un mese licenziere­mo un decreto, subito o- perativo, con 60 giorni di tempo per discuterne in Parlamento”.

Il ritardo è dovuto a sciatteria, a distrazion­e per la finanziari­a o alla troppa attenzione per il Fus? “Il Codice è molto complesso, era una legge quadro che andava riempita di contenuti: peccato, però, che dei decreti attuativi non c’era nemmeno una riga. In pochi mesi noi non potevamo certo farli: la nostra scelta politica è stata quella di rinviare il tutto di un anno”. Diversamen­te, a fine dicembre, il sottosegre­tario del Mibac Gianluca Vacca parlava di un “disegno di legge delega: non appena sarà approvato dal Parlamento procederem­o subito con i decreti legislativ­i”, ipotesi che farebbe allungare ulteriorme­nte i tempi.

“Come nel ‘Gioco dell’Oca’, la legge sullo Spettacolo torna per l’ennesima volta alla casella di partenza”, concludono da Ateatro. “A colpire sono il silenzio e lo scarso peso politico del mondo teatrale, che nel giro di un mese ha ingoiato l’azzerament­o del Codice, la cancellazi­one di Migrarti e le assegnazio­ni dei fondi speciali del ministro”. Si sta parlando dei 106 progetti finanziati da Bonisoli alla vigilia di Natale con 2,65 milioni di euro del Fus, “finanziame­nti a pioggia, secondo una concezione antica e molto ben radicata di clientele diffuse”, tra cui spiccano i 100.000 euro a Pragma, che porta in scena i messaggi di Padre Pio, e i 60.000 euro per Le Cirque Montecarlo-Bellucci. Intanto il Fus è ai minimi storici: rappresent­a appena lo 0,0194% del Pil (2017).

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Ansa Il ministro Alberto Bonisoli

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