Trivelle, l’emendamento che spaventa Salvini
Si bloccano pure i permessi già rilasciati. I canoni salgono del 3.000 %. Il Carroccio contrario
L’immagine
simbolo di ieri è la t-shirt “Stop trivelle, vota sì” indossata da Matteo Salvini nel 2016 contro le trivelle in mare. Sulla pagina Facebook della Lega c’è ancora (mentre scriviamo) un post che spiega perché fosse importante votare Sì. Eppure, i viceministri della Lega (Mise e Ambiente) e Salvini stesso hanno ribadito che bloccare permessi e ricerche di idrocarburi sarebbe solo un danno economico per il Paese.
IL TESTO. L’emendamento al decreto Semplificazioni annunciato e presentato dal sottosegretario pentastellato del Mise, Davide Crippa, che nei prossimi giorni sarà in discussione nelle commissioni Affari costituzionali e Lavori pubblici al Senato è molto duro. Di fatto sospende tutti i permessi di ricerca già rilasciati (quindi anche quelli nel mar Ionio contestati in questi giorni) e gli iter autorizzativi avviati (incluse le Valutazioni di Impatto Ambientale) fino all’approvazione del cosiddetto “Piano per la Transazione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee”. In soldoni, entro due anni dall’entrata in vigore del decreto dovranno essere identificate in Conferenza Unificata le aree in cui è possibile trivellare. Poi, i permessi sospesi che risulteranno essere all’interno di queste aree torneranno ad essere validi (non si conteggerà il periodo di sospensione nella validità delle autorizzazioni accordate), mentre “nelle aree non compatibili - si legge nel testo - il Mise avvia il procedimento di rigetto delle istanze di permesso di prospezione o di ricerca o di coltivazione e alla revoca, anche parziale, dei permessi di prospezione o di ricerca già in essere”. E il titolare sarà obbligato al completo ripristino dei siti.
Insomma, fino a che non si saprà dove si può perforare e dove no, chi trivella e coltiva perché ha già avuto il via libera potrà continuare a farlo (salvo che poi non si scopra ricada in aree non idonee), chi invece sta solo ricercando gas e petrolio dovrà fermarsi. Non ci saranno nuove concessioni o proroghe e saranno sospese, intanto, anche le procedure amministrative e le istanze, compresi gli iter di Via. Chiunque vorrà però rinunciare ai progetti sarà libero di farlo.
I CANONI. Molto pesanti, seppur non quanto nell’emendamento alla manovra proposto a dicembre dalla deputata M5S Mirella Liuzzi, i rincari previsti per i canoni che le aziende dovranno allo Stato per le concessioni di coltivazione. Per i permessi di prospezione si passa dai 3,7 euro al chilometro quadrato a 129 euro. Un permesso di ricerca passa da 7 a 258 euro. Per la concessione di coltivazione si va da 59 a 2.041 euro, per la sua proroga da 88 a 3.067. Questo significa che le stime degli introiti sono enormi: si passerebbe (per le concessioni, unica voce al momento non legata all’esito del Piano) da 500mila euro in media di introiti all’anno a 20 milioni. “Quanto ai costi per la predisposizione del piano - si legge - ammontanti a 2 milioni complessivi, si farà fronte mediante canoni già riscossi nonché eventualemente, con i maggiori introiti derivanti dall’aumento dei canoni previsto a seguito dell’adozione del Piano”. Si calcola che, a parità di concessioni, le entrate passeranno da circa 1,3 milioni a 39 milioni di euro.
SBLOCCA ITALIA. La norma prevede anche l’a bo liz io ne voluta dal ministero dell’Ambiente del comma 1 dell’articolo 38 dello Sblocca Italia che viene così modificato: le attività sugli idrocarburi “non rivestono carattere d’interesse strategico nazionale e non sono di pubblica utilità, urgenti e indifferibili”. Con un’aggiunta: “Resta fermo il carattere di pubblica utilità delle attività di stoccaggio di gas naturale sotterraneo”.