Il Fatto Quotidiano

Inter-Napoli: “Azione decisa al ‘Baretto’ e in chat”

Gli scontri Il racconto di un ultrà interista: “Attacco alle auto dei napoletani studiato il 20 dicembre davanti a San Siro”

- » DAVIDE MILOSA

Quella di Santo Stefano è stata “un’azione in stile militare”. Così la definisce il giudice milanese Guido Salvini. Messaggi in chat, armi pronte sul posto, autisti per trasportar­e i 120 ultrà interisti sul luogo dell'agguato, staffette per agganciare i napoletani già in autostrada. Per comprender­e quando e perché il piano è stato messo a punto da alcuni capi della curva interista bisogna partire da due date precise. Elementi inediti che ci vengono spiegati da una fonte interna al mondo ultrà milanese che la sera del 26 dicembre era fuori dallo stadio e poi in curva Nord.

LA PRIMA DATAè quella del 20 dicembre scorso, ovvero una settimana prima degli scontri. Siamo nella zona dello stadio Meazza davanti al Baretto, storico ritrovo degli ultrà nerazzurri. È un giovedì. All’interno del locale ci sono circa dodici persone, tra capi e sottocapi dei vari gruppi. Sono chiusi dentro. Discutono, preparano la trasferta di Chievo del 23 dicembre, dopodiché s’inizia a parlare di Inter-Napoli. “In quell’occasione – spiega la fonte – si è parlato dei van che gli ultrà della curva A del Napoli avrebbero usato per arrivare a Milano. Hanno spiegato che sarebbero arrivati in ordine sparso”. Si fa un accenno chiaro agli scontri e alla modalità con cui dovranno svolgersi. A quel punto, i capi escono all’esterno. “Le informazio­ni sul 26 vengono date a un gruppo di circa una ventina di persone”. Sono le modalità a compartime­nti stagni già spiegate alla Procura da Luca Da Ros, membro dei Boys oggi ai domiciliar­i. Il racconto mette un tassello fondamenta­le in questa storia: l’agguato ai 150 ultrà napoletani fu programmat­o, almeno nella suo fase finale, una settimana prima davanti al Baretto, la cui proprietà non è minimament­e coinvolta. Il giorno di Natale, poi, il questore invia un ordine di servizio interno per la disposizio­ne della sicurezza. Il mat- ch è a rischio. La partita è tale in virtù dei precedenti tra le due tifoserie. Nel documento se ne citano due del 2015 e del 2016. Episodi non aggiornati. Ciò che infatti ha scatenato la voglia di vendetta da parte degli interisti è un’altra data. Per capire bisogna tornare al 21 ot- tobre 2017. Girone di andata dello scorso campionato. Si gioca Napoli-Inter. “Quella sera – ci viene spiegato – i napoletani sono entrati nel nostro settore armati di spranghe e bastoni, un’infamata” e per questo “toccava a loro”. Quella fu la scintilla. Nelle settimane che precedono il 26 alcuni referenti dei vari gruppi della Nord si sono scambiati messaggi “anche in codice” su una chat di WahtsApp. Quella chat, bollente prima di Santo Stefano, la mattina del 27 è diventata stranament­e muta. Il dato rappresent­a un elemento nuovo. Non solo, il 26 pomeriggio un’auto con a bordo ultrà interisti intercetta i van dei napoletani già al casello di Melegnano. Da qui scatta la prima telefonata. Una seconda arriverà pochi minuti prima degli scontri quando uno scooter di grossa cilindrata con a bordo due persone vede i napoletani in via Novara. Spostiamoc­i ora in curva. Chi ci sta si accorge che molti volti noti non ci sono. Nessuna certezza che siano agli scontri, ma che manchi qualcuno degli Irriducibi­li o coloro che vendono la fanzine, è strano. Molti dei diffidati che ogni domenica sono comunque in curva, non si vedono. Qualcuno era al Cartoons Pub, base del blitz. Spiega Luca Da Ros nel suo secondo verbale: “I capi stavano nello stanzino, solo loro potevano entrare”. Qui si mettono a punto gli ultimi dettagli. Poi si scende e si urla: andiamo!

La ritorsione “Nell’ottobre 2017 erano entrati nel nostro settore con spranghe e bastoni, un’infamia”

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Ansa La guerriglia di Santo StefanoGli scontri tra tifosi di Inter e Napoli a Milano

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