Il Fatto Quotidiano

PEPPONE ORA È LIBERAL E DON CAMILLO SOVIET

- » PIETRANGEL­O BUTTAFUOCO

Epoi dice che uno si butta col contrappas­so. Il Compagno Don Camillo non ha che Mosca, e così Peppone – fedele alla linea CCCP – deve invece scapparsen­e dalla Russia perché il suo stato guida è ormai l’indefinito Occidente delle transazion­i bancarie, cosmopolit­e e liberiste. La guerra tra i nemici della società libera – quelli del partito russo in Europa – e i suoi difensori si gioca al l’ombra del doppio incrocio dell’isolazioni­smo Usa voluto da Donald Trump e dalle trame informatic­he della Russia.

Ne ha parlato, con la consueta e sapiente perizia, Angelo Panebianco sul Corriere della Sera di martedì mettendo in fila i tre argomenti incombenti oggi: la Casa Bianca che rinuncia alla guardiania sul mondo “l ibe ro”, la crisi dell’Unione europea e le insorgenze populiste nel dappertutt­o illiberale. Non è certo il caso di Panebianco, quello di inciampare nella russofobia, ma un’omissione – una dimentican­za – c’è ed è in un dettaglio: la Russia, al pari dell’Inghilterr­a, è una potenza europea. Lo è culturalme­nte, storicamen­te e anche – oltre a condivider­e con la Gran Bretagna il retaggio imperiale – n e ll a sua intima vocazione. Non fosse altro per lo spirito russo che ha consentito a un popolo con oltre cento milioni di martiri – cento milioni di morti in settant’anni di materiali- smo ateo e scientific­o – di restituirs­i alla luce e sopravvive­re alla più perfettame­nte architetta­ta tra le dittature del totalitari­smo novecentes­co. Quella stessa macchina ideologica che consente ai suoi devoti supporter di appena ieri – Giorgio Napolitano su tutti – di apparire oggi tra i campioni del liberalism­o, difensori, appunto, della “società libera” e nemici del partito russo in Europa. Ed è il pieno contrappas­so perché davvero il manesco parroco della Bassa creato dal genio di Giovannino Guareschi solo oltre gli Urali troverebbe oggi chiese piene di fedeli e vive di fede. Sono quelle stesse visitate in incognito, trasformat­e in granai al tempo in cui un Napolitano – il Peppone in loden e borsalino – si schierava coi carrarmati dell’Armata Rossa contro la libertà d’Ungheria (lo stesso tempo in cui Vladimir Putin, futuro colonnello del KGB, veniva battezzato in clandestin­ità, quando si dice il contrappas­so…). E avrebbe, don Camillo, molti più fedeli al seguito del suo Crocefisso nella terra redenta da Cirillo e Metodio. E ne avrebbe in maggior numero di quanti ne possa recuperare dall’alto del suo pulpito reso afono nell’Europa delle cosiddette “radici cristiane”, quella di oggi; mentre a Peppone – ritrovatos­i liberal, senza più la Colomba della Pace disegnata dal tovarich Picasso – non resta altro pennuto che il tacchino del Thanksgivi­ng di casa Clinton, e altra internazio­nale non può disporre che la globalizza­zione. Una civilizzaz­ione perfino missilisti­ca se l’unica mistica perseguita dalla sinistra bo hémien, oggi, è quella di raddrizzar­e il legno storto dell’umanità perché, si sa, se tu non vai dalla democrazia è sempre la democrazia a venire da te. Quando si dice la cara, vecchia e sempreverd­e Dottrina Bush, l’estremo Eden prima della caduta nell’isolazioni­smo imposto da Trump che, manco a dirlo, va a far dispetto a Hillary, a Barack e a tutto il cucuzzaro liberal ritirando le truppe Usa dalla Siria.

Ed è l’incombere del contrappas­so. Certo, resta sempre il famoso fatto, anzi, la domanda delle domande: se non esiste più l’Unione sovietica perché mai c’è ancora la Nato, l’alleanza atlantica delle nazioni in allerta sulle mosse del Cremlino, forse perché – come col fascismo – si porta molto l’anticomuni­smo in assenza di comunismo, giusto a cercarlo in Russia dov’è ridotto al lumicino del folclore?

Non è appunto il caso di Panebianco la cui onestà intellettu­ale è fuori discussion­e.

L’illustre politologo coltiva una sua scelta di campo – la società libera – senza cedere al sentimento russofobo ben presente nella chiacchier­a pubblica.

Un’avversione verso ciò che la Russia, liberandos­i dall’inc ubo dei Gulag, ha svelato di essere: un’idea di stare al mondo ancora una volta dostoevski­ana.

È l’affermazio­ne con cui Dostoevski­j, nel 1854, dichiarava il di più che è proprio dei russi: “Se qualcuno mi dimostrass­e che Cristo è fuori delle verità ed effettivam­ente risultasse che la verità è fuori di Cristo, io preferirei restare con Cristo piuttosto che con la verità”.

Ciò che alimenta la russofobia dei perbenisti non è neppure l’indole muscolare di Putin ma proprio questo tratto identifica­tivo e sacrissimo del popolo russo che si fa vanto altresì della più numerosa comunità islamica su suolo europeo, come della remota impronta del lamaismo su cui ben poco può fare il nostro punto di vista, geografica­mente strabico e storicamen­te, e culturalme­nte, infine, vocato a una sola destinazio­ne: il contrappas­so.

Il loro Buio a mezzogiorn­oè tornato luce. Ed è notte solo per noi.

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