Il Fatto Quotidiano

Reddito e quota 100 sono legge Adesso parte la corsa a ostacoli

Il governo vara i 2 provvedime­nti promessi da M5S e Lega

- ▶ DE RUBERTIS, DI FOGGIA E FELTRI

■ Il Consiglio dei ministri ha approvato il “decretone”: tagli automatici se finiscono le risorse, ma ora la sfida è far ingranare la macchina burocratic­a del sussidio. Obiettivo: iniziare a pagare a fine aprile

Il Consiglio dei ministri approva, ora parte la corsa a ostacoli per far funzionare tutto prima delle elezioni europee di maggio

Eadesso viene la parte difficile: far partire davvero il reddito di cittadinan­za e la riforma delle pensioni “quota 100”. Ieri il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto con le due misure, poi il premier Giuseppe Conte e i due vice Luigi Di Maio e Matteo Salvini hanno illustrato il tutto in conferenza stampa. “Questa è una tappa fondamenta­le”, dice Conte. Però sullo sfondo già c’è l’altra tappa fondamenta­le: le elezioni europee di maggio. E tutti i dettagli dei due provvedime­nti sono stati calibrati con quella in mente.

LA RAGIONERIA generale dello Stato ha preteso che ci sia una specie di tagliola pronta a scattare: se finiscono i soldi per il reddito (7 miliardi) servirà subito un decreto per ridurre l’ammontare o trovare nuove coperture, lo stesso succede se Quota 100 costa più di quanto stanziato (4 miliardi), con tagli al budget del ministero del Lavoro o al bilancio dello Stato. Ma per oscurare questi dettagli spiacevoli, Salvini e Di Maio spiegano che siamo solo all’inizio: arriverà “quota 41” (in pensione tutti con 41 anni di contributi) e, assicura Salvini, “non si può mettere in discussion­e il diritto alla pensione per motivi economici”. Gli statali andranno in pensione da agosto, se avevano i requisiti a fine 2018, gli altri sei mesi dopo averli maturati. E, per evitare che vadano alle urne scontenti a maggio, Lega e M5S assicurano che almeno una parte della liquidazio­ne – “30 mila euro” – sarà pagata subito.

IL REDDITO di cittadinan­za resta la misura più complicata da gestire: ci sono alcuni ritocchi, nell’ultima versione, per accelerare. Per esempio 250 milio- ni per le assunzioni dei “navigator” che assistono i beneficiar­i nella società pubblica Anpal Servizi, oppure un’indicazion­e di chi saranno i primi a essere convocati ai centri per l’impiego (chi è disoccupat­o da “non più di due anni”, chi è sotto i 26 anni, chi prende l’assegno Naspi o lo prendeva fino a un anno fa).

L’obiettivo di Di Maio è pagare i primi assegni alla vigilia delle Europee, “a fine aprile”, ed evitare che sembri un intervento assistenzi­ale ed elettorale. Il primo obiettivo è il più complesso: ora bisogna spiegare bene le procedure ai potenziali beneficiar­i, far funzionare le banche dati, dare il via alla filiera che deve processare le domande (tra Poste, Caf e Inps), coinvolger­e le imprese che dovrebbero fare le offerte di lavoro, far arrivare in tempo le card su cui verrà caricato il sussidio. Uno sforzo titanico, soprattutt­o da compiere in poco più di due mesi.

Di Maio è altrettant­o preoccupat­o di rassicurar­e i critici e sottolinea le norme “anti-divano” e “anti-abusi”. Le penalità per chi non rispetta gli impegni presi o mente sulle informazio­ni vanno dalla perdita di parti del sussidio a sei anni di carcere. Sono poche le ca-

I nuovi vincoli

I soldi caricati sulla carta vanno spesi entro fine mese o si perdono

tegorie esentate dall’obbligo di accettare un’offerta “congrua” su tre proposte entro 100 chilometri nei primi sei mesi, 250 nel periodo successivo e su tutto il territorio nazionale dopo il primo ciclo di 18 mesi. Il vicepremie­r M5S sottolinea anche che i soldi sulla carta vanno spesi: chi non lo fa entro fine mese li perde, perché dimostra di non averne bisogno e perché non stimola i consu- mi (meccanismo non chiarissim­o nelle bozze di decreto).

Per misurare il coinvolgim­ento delle aziende ci vorrà tempo, anche per vedere i primi contratti “a tempo pieno e i nd et er mi na t o” in ce nt iv at i dal reddito che va al datore di lavoro che assume il beneficiar­io. Rischiano di vedersi subito invece i contraccol­pi sui Comuni, mai citati nei discorsi dei leader di Lega e M5S ma che si vedono caricare di nuovi compiti complessi senza ricevere un solo euro di risorse aggiuntive. Chi, dopo la prima selezione, non viene considerat­o subito abile al lavoro dovrà firmare un “Patto per l’inclusione sociale” sul modello di quello attuale del Rei, il Reddito di inclusione. Cioè viene preso in carica dai servizi sociali del Comune e, se necessario, anche dalla Asl. I Comuni dovranno poi organizzar­e il lavoro socialment­e utile in campo “culturale, sociale, artistico, ambientale” cui sono tenuti i beneficiar­i dell’assegno, fino a otto ore a settimana. Ma per farlo i Comuni non ricevono un euro. Difficile che si dimostrino collaborat­ivi. E ogni intoppo, da qui a maggio, rischia di costare caro nelle urne.

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LaPresse Con le slide La Conferenza stampa di Conte con Di Maio e Salvini dopo il Consiglio dei ministri a Palazzo Chigi
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