Van Dyck, Veronese e Hayez: i tesori “dimenticati” di Carige
La collezione d’arte della banca vale 30 milioni di euro
Due dipinti di Van Dyck a bilancio. Tutti in questi giorni spulciano i conti Carige e qualcuno si è ricordato di quella voce: patrimonio artistico, valore iscritto per 30 milioni, ma sul mercato potrebbe arrivare a 100. E adesso chissà che fine farà: c’è già chi immagina di alienarlo.
‘ PATRIMONIO ARTISTICO’: sta lì, quella voce, sepolta tra depositi, crediti fiscali e crediti deteriorati. Chissà che cosa avrebbe detto il fiammingo Antoon van Dyck. Non è il solo, perché la collezione Carige è un tesoro che comprende quadri di Veronese, Grechetto, per non dire di una tela che secondo alcuni sarebbe opera di Rubens. E poi ancora Boldini e Hayez. Senza contare una collezione forse unica dei grandi della pittura genovese del ‘600, quando la Genova dei mercanti dominava il Mediterraneo e forse cercava di nobilitare il denaro con l’arte: ecco Castello, Cambiaso, Piola, Procaccini e Strozzi. Sono ospitati ai piani alti della sede, il ponte di comando del palazzone moderno e sgraziato che domina sui tetti del centro storico. Entri nella sala riunioni e trovi un enorme dipinto con i colori purissimi del Veronese. Ha dominato le riunioni dei potenti della Carige negli anni d’oro e poi quelle sempre più affannate dei manager che non riuscivano più a raccapezzarsi con i conti. ‘Susanna e i vecchioni’ è il titolo, una giovane donna puntata dagli sguardi pieni di cupidigia degli anziani che ricorda il destino della banca. E forse di Genova.
Trovi arte dappertutto spaziando dal tredicesimo al quindicesimo piano della banca. Ti imbatti nella ‘Sacra Famiglia con san Giovannino’ e nel ‘Ritratto d’uomo’ di Van Dyck. Poi in quel gioiello che è il ‘Cristo Deposto con la Maddalena’di Procaccini. Ma trovi arte perfino all’i ng r es so , nell’atrio, un ‘Notturno con la Sacra Famiglia’ della scuola di Luca Cambiaso. Nella sede di Milano della controllata Banca Cesare Ponti c’è un Hayez che ha viaggiato nelle mostre di mezzo mondo.
La storia della banca si intreccia con quella di Genova: un istituto nato nel 1483. Allora si chiamava Monte di Pietà. “Ma la collezione – raccontano in Banca Carige – è nata dopo, nel 1966, in un altro pe- riodo di grande ricchezza della città”. Genova delle industrie, dei cantieri, che sfiorava un milione di abitanti e aveva il record italiano di depositi. Nei corridoi della banca si raccontava di un imprenditore con un deposito di 300 miliardi di lire liquidi. Carige in quegli anni era tra i primi dieci istituti d’Italia. “Ma l’acquisizione maggiore è la collezione di Angelo Costa, il capostipite della famiglia di armatori, l’uomo che guidò Confindustria”. Erano anche gli anni che nei vicoli intorno a Carige incontravi Fabrizio De André e Paolo Villaggio. Renzo Piano lavorava nel suo studio di piazza San Matteo, a poche decine di metri da qui.
“NOI NON TENIAMO i dipinti chiusi gelosamente”, raccontano alla Carige, “Li ospitiamo nelle sale di rappresentanza, a rotazione. Molti, però, li prestiamo gratuitamente, come accadrà nel 2020 per la mostra sulla pittura genovese alle Scuderie del Quirinale”. No, non è come per i tesori d’arte che accompagnarono i fasti e il tracollo di Veneto Banca nella sede principesca di Montebelluna: nella stanza del grande capo campeggiava il “Rio dei mendicanti” di Francesco Guardi, un’opera stimata 600 mila euro.
“La collezione Carige ha una storia. Comprende sia i maestri fiamminghi conosciuti in tutto il mondo, sia i pittori genovesi che proprio da loro presero le mosse”, racconta il critico d’arte Giovanni Meriana. Ma oggi rischia di diventare una voce di bilancio. E qualcuno teme che, se la banca sarà ceduta a un euro, se ne andranno anche i Van Dyck.
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