I 567 contatti telefonici (in 48 ore) “dimenticati” dell’allora governatore
Nessun giudice ha mai analizzato i tabulati delle conversazioni del politico
Il 17 gennaio 2017 il telefono dell’ex governatore abruzzese Luciano d’A lfonso squilla già freneticamente. Un contatto telefonico - tra sms e telefonate - ogni 14 minuti. Il 18 gennaio - il giorno della tragedia - salgono a 397: uno ogni sei minuti. Parliamo di 567 contatti telefonici nei soli 17 e 18 gennaio: sono le 48 ore determinanti nella gestione dei soccorsi dell’Abruzzo bloccato dalla neve. Cifre che Il Fatto è in grado di rivelare in esclusiva. E che nessuna procura finora ha mai analizzato. Sebbene fosse indagato - per lui c’è ora una richiesta di archiviazione - la procura di Pescara non ha mai richiesto i tabulati di D’Alfonso, né quelli del suo braccio destro Claudio Ruffini, nonostante la “coppia” abbia gestito in solitaria - fino all’istituzione del tavolo regionale, attivato solo il 18 gennaio alle 15.30 - la distribuzione delle turbine in Abruzzo.
Il Fatto ha iniziato ad approfondire quel che la procura di Pescara finora - legittimamente - ha ritenuto di tralasciare: i tabulati sono entrati nel fascicolo d’indagine soltanto quando, un mese fa, a inchiesta chiusa, li ha richiesti la difesa del sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta, oggi accusato di omicidio colpo- so. E per il Fatto risultano molto interessanti, soprattutto se partiamo dalle parole che il braccio destro di D’Alfonso, Claudio Ruffini, dice agli investigatori l’ 11 luglio 2018, quando viene sentito come persona informata sui fatti: “Nei giorni dell’emergenza neve il mio ruolo non era gestionale o operativo. Acquisivo e trasmettevo esclusivamente informazioni al Presidente. Mi fu chiesto dal presidente di trovare delle turbine”. Sentito anche nelle indagini difensive, dagli avvocati di Lacchetta, Ruffini dice: “Ricevevo da D’Alfonso ordini che non potevano essere discussi”.
IN ALTRE PAROLE, nella distribuzione delle turbine, in quelle ore è il governatore a decidere. In prima persona. Senza dubbio il senatore D’Alfonso, all’epoca presidente di Regione, è uomo capace e volitivo. Ma un dato emerge chiaramente dall’analisi dei suoi tabulati: in 48 ore - tra il 17 e il 18 gennaio - deve gestire ben 567 contatti telefonici. A tutte le ore del giorno e della notte. Quale persona - seppure si faccia aiutare - può gestire con lucidità una tale mole di contatti telefonici? Per di più durante un’emergenza? Non è un atto di accusa verso D’Alfonso. Anzi. È la prova che s’è senza dubbio prodigato fino all’inverosimile per risolvere i problemi della sua regione. Ma è anche il sintomo di un contesto piutto- sto complesso. I Carabinieri del Noe, in un’informativa del febbraio 2017, segnalano alla procura di L’Aquila - che correttamente invia gli atti a Pescara - di aver intercettato Ruffini proprio nelle ore della ricerca delle turbine. E con queste parole: “D’Alfonso (...) ha delegato Ruffini alla gestione dei mezzi spazzaneve e delle cosiddette ‘turbine’”. I cara- binieri riscontrano “numerose e gravissime interferenze e incomprensioni causate proprio da Ruffini e dalle spesso confliggenti disposizioni date in ordine alla gestione dei mezzi”. Gli investigatori aggiungono: i “criteri non parevano correlati all’effettive emergenze”. Questi atti sono entrati nel fascicolo d’indagine soltanto 8 mesi dopo il loro deposito alla procura di Pescara che, in un primo momento, li aveva confinati un altro procedimento, senza ipotesi di reato né indagati.
LA DIFESA di Lacchetta ha chiesto alla procura di Pescara di acquisire tutte le intercettazioni acquisite dal Noe. Richiesta respinta perché coperte dal segreto istruttorio: provenivano da altre indagini in corso. Inchieste che però adesso non sono più coperte dal segreto. Intercettazioni e tabulati, peraltro, potrebbero dimostrare ulteriormente la correttezza di D’Alfonso e Ruffini. Quel che è certo, però, è che costituiscono altri frammenti di verità sulla tragedia di Rigopiano. Non soltanto quella storica. Ma anche quella processuale.