Caporalato, i 400 braccianti traditi dal sindacato
Latina Un’associazione tutta italiana sfruttava migranti in attesa di protezione internazionale nei centri di accoglienza straordinaria
Gli italiani non andavano a raccogliere i kiwi, “perchè lavorare per ‘37 euro per otto ore è da morti di fame’”. Ma gli africani – reclutati nei centri di accoglienza straordinaria (in attesa di protezione internazionale) – e molti rumeni sì, loro a lavorare per 4 euro e 50 centesimi all’ora ci andavano dalle cinque del mattino. Succede non nelle campagne di Rosarno, ma alle porte della Capitale. A 80 km da Roma, a Latina, dove un’organizzazione in circa tre anni ha reclutato come manodopera nei campi almeno 400 lavoratori. Sfruttandoli. C’era quindi – secondo i magistrati di Latina, Carlo La Speranza e Luigia Spinelli – un’associazione a delinquere tutta italiana, con a capo Luigi Battisti e Daniela Cerroni, entrambi ritenuti amministratori di fatto della Agri Amici, una cooperativa nata nel 2014 e poi finita al centro di una segnalazione al ministero che ne evidenziava le anomalie, ma poi rimasta lettera morta.
IERI I DUE sono stati arrestati insieme al sindacalista Marco Vaccaro, che garantiva a Battisti “una copertura nelle sedi istituzionali nei rapporti con i lavoratori”. Era lo stesso sindacalista che quando nel 2016 viene eletto segretario generale della Fai Cisl Latina, dichiara: “Metterò al servizio dei lavoratori tutta la mia passione ed esperienza”. Adesso secondo i pm che lo accusano di estorsione, era passato dall’altra parte della barricata, dalla parte di chi costringeva alcuni braccianti a iscriversi a quel sindacato, ottenendo come “ingiusto profitto” gli “introiti connessi alle nuove iscrizioni e alle domande di indennità di disoccupazione inoltrate all’inps”. “Io c’ho l’appoggio sindacale ai mas- simi livelli”, diceva intercettato il 27 novembre 2017 Luigi Battisti. Che poteva contare, secondo le accuse, anche sull’ispettore del lavoro di Latina, Nicola Spognardi (finito ieri ai domiciliari per corruzione), il quale per gli investigatori tutelava la cooperativa “facendo in modo di limitare le visite ispettive” e ottenendo in cambio “l’affidamento della gestione