“Riaprite le indagini. Ecco le nuove prove”
La denuncia della sorella del giornalista ucciso nel 1979: “Usata la pistola di un terrorista”
“La
verità è ciò che voglio di più al mondo prima di chiudere gli occhi per sempre”. Sono trascorsi quasi 40 anni dalla morte del giornalista Mino Pecorelli, ma la sorella Rosita ancora non si arrende. Processi, verbali e sequestri per decenni non hanno ancora portato alla luce la verità sull’omicidio compiuto il 20 marzo 1979. Ieri però la signora Rosita, 84 anni, assistita dall’avvocato Valter Biscotti, ha presentato un’istanza al procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone: vuole far riaprire le indagini sulla base di alcune nuove inchieste giornalistiche che collegano una testimonianza al sequestro di un borsone pieno di armi.
Il 27 marzo 1992, infatti, l’estremista di destra Vincenzo Vinciguerra aveva rivelato al magistrato Guido Salvini di aver saputo che “Magnetta (un altro estremista, ndr) si stava comportando male in quanto gli aveva fatto sapere che o veniva aiutato a uscire dal carcere o lui avrebbe consegnato le armi in suo possesso fra cui la pistola che era stata utilizzata per uccidere il giornalista Mino Pecorelli…”.
Le successive indagini non portarono a nulla. Ma nel 1995, a Monza, vennero sequestrate alcune armi ritenute essere di Magnetta. Nessuno aveva mai messo in relazione i due fatti. Fino al 5 dicembre scorso, quando la giornalista Raffaela Fanelli aveva scritto che alcune di quelle armi sarebbero compatibili con i proiettili che hanno ucciso Pecorelli. Signora Pecorelli, quando ha pensato che l’inchiesta potesse essere riaperta? Dopo aver appreso l’esistenza di nuovi elementi dalla giornalista Raffaella Fanelli. Ho ritenuto che non si potesse lasciare nulla di intentato. Io non ho mai smesso di spe- rare e lottare. Quando ho saputo che c’erano collegamenti nuovi si è riaccesa la speranza.
Cosa ha pensato quando ha letto gli articoli della Fanelli?
Mi sono rivolta subito all’avvocato Biscotti, di cui ho massima stima. Insieme abbiamo ritenuto che fosse il caso di presentare un’istanza. Occorre fare dei controlli che potrebbero far riaprire il caso. Non ci possiamo permettere di lasciare nulla di intentato, è l’ultima cosa che voglio prima di chiudere gli occhi.
Come è andato l’incontro ieri mattina con il procuratore Pignatone?
Mi è sembrata una cosa mol- to positiva. Al momento sono molto speranzosa. Penso ci possano essere spiragli importanti. Ho molta fiducia nella Procura e devo ringraziare il mio avvocato e la giornalista che ha scritto la notizia.
Dopo numerose indagini e diversi processi lei trova ancora la forza di lottare. La verità è la cosa che voglio di più al mondo per mio fratello. Cerco la verità e non mi arrenderò finché non l'avrò scoperta. Ho combattuto 40 anni per sapere la verità sull'omicidio di Mino, adesso sembra esserci un appiglio e non mi arrenderò mai. Mi aspetto di avere giustizia. Mio fratello era tutto per me.
Non ci possiamo permettere di lasciare nulla di intentato, è l’ultima cosa che voglio prima di chiudere gli occhi