Salone del Libro, chiusa l’indagine. Rischia il processo anche l’ex sindaco Piero Fassino
Al predecessore di Chiara Appendino sono contestate tre turbative d’asta
SONO TRE le turbative d’asta contestate all’ex sindaco di Torino e ora deputato Pd, Piero Fassino, indagato insieme ad altre 28 persone nell’inchiesta sulle passate gestioni del Salone del libro. Ieri la Procura ha notificato loro l’avviso di conclusione dell’indagine cominciata nel 2015 a partire dal presunto peculato commesso da Rolando Picchioni, ex deputato Dc, per circa venti anni presidente della Fondazione per il libro che organizza la rassegna dell’editoria. Tra il 2010 e il 2015 avrebbe speso 850 mila euro “per finalità personali”, commesso vari episodi di falso ideologico in atto pubblico (i bilanci), truccato tre appalti e altro ancora. L’inchiesta fa luce sui suoi ultimi anni da presidente e sulla gestione “pasticciata”. Lo dimostrerebbero, ad esempio, le gare d’appalto bandite per l’organizzazione delle edizioni 2015 e 2016, ma anche i bilanci. La prima edizione fu affidata direttamente alla filiale italiana del colosso GL Events, che gestisce il Lingotto Fiere, “con la fittizia motivazione dell’urgenza, così evitando di effettuare le procedure di evidenza pubblica”.
LA SECONDA EDIZIONE, invece, aveva un bando cucito su misura per quella società. Per questo devono rispondere di turbativa d’asta non solo Picchioni, ma anche Fassino, l’assessore regionale alla Cultura Antonella Parigi e altri. L’ex sindaco è indagato di turbativa d’asta anche per la selezione di uno sponsor che doveva assumere la carica di “socio fondatore” per salvare le finanze dell’ente: solo dopo una trattativa privata con Intesa San Paolo lui, la presidente Milella e Michele Coppola (ex assessore regionale alla cultura per la giunta di Roberto Cota e ora direttore dei beni culturali della banca) affidavano a due avvocati l’incarico di predisporre dei bandi “che, di fatto, recepivano gli accordi già avvenuti ed escludevano altri soggetti potenzialmente interessati”. “Ho sempre esercitato ogni incarico istituzionale affidatomi con rigoroso rispetto delle leggi e scrupolosa tutela dell’interesse pubblico. E senza alcun interesse personale - ha detto Fassino -. L’amministrazione comunale ha operato insieme alle altre istituzioni con l’unico obiettivo di salvaguardare la più prestigiosa iniziativa italiana del libro e di perseguire il bene di Torino”.
Un grosso capitolo dell’indagine è dedicato a sei bilanci taroccati (dal 2010 al 2015) con l’iscrizione, tra gli attivi, del valore del marchio del Salone del libro che la procura ritiene sovrastimato per “nascondere” i debiti. “Contesterò ogni accusa con argomenti vincenti e convincenti”, ha dichiarato ieri Picchioni all’Ansa. Tra i reati a lui contestati c’è la distruzione dei dati informatici sul computer della Fondazione per il libro: il 7 aprile 2014, perquisito per un’altra indagine, chiese alla sua segretaria chiedendole di formattare il pc. La segretaria e due dipendenti lo fecero. Gli investigatori, scoperta la faccenda, gli chiesero il motivo e lui disse di voler nascondere l’estorsione fatta da un giovane imprenditore. Tuttavia era una calunnia, vicenda per la quale il 31 ottobre scorso Picchioni è stato condannato a due anni dalla Corte d’appello. Nel frattempo, però, l’imprenditore calunniato aveva rivelato alla Procura alcuni trucchi di Picchioni, dando il via all’indagine.