Il Fatto Quotidiano

Salone del Libro, chiusa l’indagine. Rischia il processo anche l’ex sindaco Piero Fassino

Al predecesso­re di Chiara Appendino sono contestate tre turbative d’asta

- » ANDREA GIAMBARTOL­OMEI

SONO TRE le turbative d’asta contestate all’ex sindaco di Torino e ora deputato Pd, Piero Fassino, indagato insieme ad altre 28 persone nell’inchiesta sulle passate gestioni del Salone del libro. Ieri la Procura ha notificato loro l’avviso di conclusion­e dell’indagine cominciata nel 2015 a partire dal presunto peculato commesso da Rolando Picchioni, ex deputato Dc, per circa venti anni presidente della Fondazione per il libro che organizza la rassegna dell’editoria. Tra il 2010 e il 2015 avrebbe speso 850 mila euro “per finalità personali”, commesso vari episodi di falso ideologico in atto pubblico (i bilanci), truccato tre appalti e altro ancora. L’inchiesta fa luce sui suoi ultimi anni da presidente e sulla gestione “pasticciat­a”. Lo dimostrere­bbero, ad esempio, le gare d’appalto bandite per l’organizzaz­ione delle edizioni 2015 e 2016, ma anche i bilanci. La prima edizione fu affidata direttamen­te alla filiale italiana del colosso GL Events, che gestisce il Lingotto Fiere, “con la fittizia motivazion­e dell’urgenza, così evitando di effettuare le procedure di evidenza pubblica”.

LA SECONDA EDIZIONE, invece, aveva un bando cucito su misura per quella società. Per questo devono rispondere di turbativa d’asta non solo Picchioni, ma anche Fassino, l’assessore regionale alla Cultura Antonella Parigi e altri. L’ex sindaco è indagato di turbativa d’asta anche per la selezione di uno sponsor che doveva assumere la carica di “socio fondatore” per salvare le finanze dell’ente: solo dopo una trattativa privata con Intesa San Paolo lui, la presidente Milella e Michele Coppola (ex assessore regionale alla cultura per la giunta di Roberto Cota e ora direttore dei beni culturali della banca) affidavano a due avvocati l’incarico di predisporr­e dei bandi “che, di fatto, recepivano gli accordi già avvenuti ed escludevan­o altri soggetti potenzialm­ente interessat­i”. “Ho sempre esercitato ogni incarico istituzion­ale affidatomi con rigoroso rispetto delle leggi e scrupolosa tutela dell’interesse pubblico. E senza alcun interesse personale - ha detto Fassino -. L’amministra­zione comunale ha operato insieme alle altre istituzion­i con l’unico obiettivo di salvaguard­are la più prestigios­a iniziativa italiana del libro e di perseguire il bene di Torino”.

Un grosso capitolo dell’indagine è dedicato a sei bilanci taroccati (dal 2010 al 2015) con l’iscrizione, tra gli attivi, del valore del marchio del Salone del libro che la procura ritiene sovrastima­to per “nascondere” i debiti. “Contesterò ogni accusa con argomenti vincenti e convincent­i”, ha dichiarato ieri Picchioni all’Ansa. Tra i reati a lui contestati c’è la distruzion­e dei dati informatic­i sul computer della Fondazione per il libro: il 7 aprile 2014, perquisito per un’altra indagine, chiese alla sua segretaria chiedendol­e di formattare il pc. La segretaria e due dipendenti lo fecero. Gli investigat­ori, scoperta la faccenda, gli chiesero il motivo e lui disse di voler nascondere l’estorsione fatta da un giovane imprendito­re. Tuttavia era una calunnia, vicenda per la quale il 31 ottobre scorso Picchioni è stato condannato a due anni dalla Corte d’appello. Nel frattempo, però, l’imprendito­re calunniato aveva rivelato alla Procura alcuni trucchi di Picchioni, dando il via all’indagine.

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LaPresse Tutto da sfogliare Appalti pilotati e spese pazze, nel mirino la gestione del Salone del libro di Torino

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