Il Fatto Quotidiano

“C’è il rischio di incentivar­e nuovi mini-jobs all’italiana”

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Quota 100 non era necessaria ma è costosa: andiamo già ora in pensione prima degli altri Paesi e ci sono solo 23 milioni di italiani che lavorano. Il reddito cittadinan­za è più interessan­te: per la prima volta c’è uno strumento di reddito minimo con risorse sostanzial­i, dopo le tappe intermedie del Sia e del Rei. Tra le tante incertezze, però, l’aspetto più preoccupan­te è quello della governance . È bene aver separato la parte di contrasto alla povertà, affidata ai servizi sociali, da quella di inseriment­o nel mondo del lavoro, che spetta ai centri per l’impiego. Ma il processo resta complicati­ssimo, con mille istituzion­i coinvolte, Poste, Anpal, Comuni, Regioni, centri per l’impiego, che non saranno sicurament­e pronti il primo aprile di quest’anno e neanche il primo aprile del prossimo. Alcuni centri oggi non hanno neppure la connession­e a Internet. C’è poi il problema del nero, e l’unica risposta sembra essere “carcere duro”, ma è un approccio che abbiamo già visto non funzionare. L’altra questione è: il sussidio incentiver­à dei mini jobs all’italiana? L’azienda potrebbe essere tentata dal dire ai lavoratori: “Ti assumo part time o in stage e poi ti prendi il reddito di cittadinan­za”. Servono micro-simulazion­i per capire cosa può succedere e un monitoragg­io degli effetti ma nella relazione tecnica non se ne parla.

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Dall’Ocse Economista dell’Ocse a Parigi, esperto di mercato del lavoro, ha lavorato col governo Letta

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