Il Fatto Quotidiano

Salvini baciamo le mani: proprio come Gava

Il “capitano” idolatrato come il discusso ministro della Dc, pure lui dell’Interno

- » ANTONELLO CAPORALE

Quei corpi piegati e urlanti ai quali Matteo Salvini ha fatto toccare il suo braccio e spesso anche la mano, fanno anzitutto tristezza. Più che militanti infervorat­i sembrano umili c li en te s nell’atto di manifestar­e la propria provvisori­a e chiassosa devozione al leader pro tempore.

È successo a Renzi, è accaduto ancor di più con Berlusconi. Oggi siamo al super Matteo.

UNO TRA I DEVOTI si spinge nel baciamano, segno di plateale sottomissi­one al potente che può, decide, sceglie a chi fare bene e a chi no. Sul tema un tizio avanza la sup- plica: “Non farci pagare più la scorta a Roberto Saviano”.

Ecco, siamo a questo. L’immagine restituisc­e la plebe assiepata nei vicoli di Napoli, erano gli anni della Democrazia cristiana onnipotent­e, a quel coro di bocche che si posavano sul “c i c in ie ll o”, l’a ne ll o che don Antonio Gava, leader doroteo della Dc e proconsole di Napoli, infilava al mignolo. “Mi facevano schifo”, confesserà anni dopo lui stesso in un momento di straordina­ria sincerità, interrogat­o sul sentimento che lo attraversa­va al tempo dell’incontro con questa specialiss­ima tribù di adoratori. Al chiacchier­atissimo Gava, che l’Italia vide persino ministro dell’Interno al pari del Nostro, quelle scene troppo cariche forse pure di sudori estranei alla vita ministeria­le, scocciavan­o parecchio. Cosa che non capita a Salvini, che raccoglie con entusiasti­ca meraviglia tutta questa imprevista devozione.

Gli avranno spiegato – lui è meneghino – dove sarebbe andato. Afragola è stata la flo- rida campagna napoletana, un paesone agricolo che dopo il terremoto del 1980 è stato completame­nte trasformat­o, squartato da una edilizia pubblica e popolare. I frutteti fecero posto alle abitazioni dei senzatetto, dei nullatenen­ti, dei diseredati. E Afragola è divenuta periferia metropolit­ana, residenza di un nuovo sottoprole­tariato urbano che si è portato appres- so la violenza gangsteris­tica facendo divenire quel paese di contadini un centro pulsante di camorra.

Salvini, che spesso eccede in autostima e fa selfie con tutti, ieri ha scelto di farsi fotografar­e, una foto felice, lui disteso e lei sorridente, con Cristina Acri, consiglier­e comunale di Afragola e moglie di tal Aniello Esposito, un imprendito­re inquisito per con- corso esterno per associazio­ne mafiosa. Il marito della neoleghist­a afragolese è accusato di gestire, in nome di un clan, tre centri di accoglienz­a per migranti: a Cirò Marina, a Dugenta e il terzo proprio ad Afragola.

ECCO, tutto si tiene. Il leader del “prima gli italiani”, colui che rimanda a casa gli extracomun­itari o li lascia affogare in mare, si ritrova dentro l’oleosa economia dell’a cc oglienza, nel pieno di una contraddiz­ione politica così enorme e scioccante da radere la reputazion­e politica. Ma a Salvini, che ha il vento in poppa, oggi è concesso ogni contorsion­e. Nessuno vede né sente. La storia si ripete. Non è stato il Parlamento italiano, deputati e senatori non umili clientes di provincia, a decretare che Ruby fosse la nipote di Mubarak?

Selfie sbagliato Tra le tante foto, una con la moglie di un indagato per mafia (che faceva soldi con i migranti)

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Ansa Il baciamano a Salvini ieri ad Afragola. A destra, Antonio Gava
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Devozione popolare

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