Salvini baciamo le mani: proprio come Gava
Il “capitano” idolatrato come il discusso ministro della Dc, pure lui dell’Interno
Quei corpi piegati e urlanti ai quali Matteo Salvini ha fatto toccare il suo braccio e spesso anche la mano, fanno anzitutto tristezza. Più che militanti infervorati sembrano umili c li en te s nell’atto di manifestare la propria provvisoria e chiassosa devozione al leader pro tempore.
È successo a Renzi, è accaduto ancor di più con Berlusconi. Oggi siamo al super Matteo.
UNO TRA I DEVOTI si spinge nel baciamano, segno di plateale sottomissione al potente che può, decide, sceglie a chi fare bene e a chi no. Sul tema un tizio avanza la sup- plica: “Non farci pagare più la scorta a Roberto Saviano”.
Ecco, siamo a questo. L’immagine restituisce la plebe assiepata nei vicoli di Napoli, erano gli anni della Democrazia cristiana onnipotente, a quel coro di bocche che si posavano sul “c i c in ie ll o”, l’a ne ll o che don Antonio Gava, leader doroteo della Dc e proconsole di Napoli, infilava al mignolo. “Mi facevano schifo”, confesserà anni dopo lui stesso in un momento di straordinaria sincerità, interrogato sul sentimento che lo attraversava al tempo dell’incontro con questa specialissima tribù di adoratori. Al chiacchieratissimo Gava, che l’Italia vide persino ministro dell’Interno al pari del Nostro, quelle scene troppo cariche forse pure di sudori estranei alla vita ministeriale, scocciavano parecchio. Cosa che non capita a Salvini, che raccoglie con entusiastica meraviglia tutta questa imprevista devozione.
Gli avranno spiegato – lui è meneghino – dove sarebbe andato. Afragola è stata la flo- rida campagna napoletana, un paesone agricolo che dopo il terremoto del 1980 è stato completamente trasformato, squartato da una edilizia pubblica e popolare. I frutteti fecero posto alle abitazioni dei senzatetto, dei nullatenenti, dei diseredati. E Afragola è divenuta periferia metropolitana, residenza di un nuovo sottoproletariato urbano che si è portato appres- so la violenza gangsteristica facendo divenire quel paese di contadini un centro pulsante di camorra.
Salvini, che spesso eccede in autostima e fa selfie con tutti, ieri ha scelto di farsi fotografare, una foto felice, lui disteso e lei sorridente, con Cristina Acri, consigliere comunale di Afragola e moglie di tal Aniello Esposito, un imprenditore inquisito per con- corso esterno per associazione mafiosa. Il marito della neoleghista afragolese è accusato di gestire, in nome di un clan, tre centri di accoglienza per migranti: a Cirò Marina, a Dugenta e il terzo proprio ad Afragola.
ECCO, tutto si tiene. Il leader del “prima gli italiani”, colui che rimanda a casa gli extracomunitari o li lascia affogare in mare, si ritrova dentro l’oleosa economia dell’a cc oglienza, nel pieno di una contraddizione politica così enorme e scioccante da radere la reputazione politica. Ma a Salvini, che ha il vento in poppa, oggi è concesso ogni contorsione. Nessuno vede né sente. La storia si ripete. Non è stato il Parlamento italiano, deputati e senatori non umili clientes di provincia, a decretare che Ruby fosse la nipote di Mubarak?
Selfie sbagliato Tra le tante foto, una con la moglie di un indagato per mafia (che faceva soldi con i migranti)