IL POVERO DON STURZO E LA CALCA DEGLI EREDI
Tutti al centro, scrutando l’orizzonte oltre il vituperato governo gialloverde dei sovranisti di destra e dei populisti post- ideologici. I c en t’an ni esatti del l’Appello ai liberi e forti di don Luigi Sturzo, fondatore del Partito popolare italiano degenerato poi in Democrazia cristiana, ha fatto esplodere il dibattito sull’urgenza di fare un nuovo partito dei cattolici. Al centro, al centro, al centro: è la speranza che regge le migliaia di righe sparse su vari quotidiani di ieri, giorno dell’annive rsario sturziano. E la prima osservazione è decisamente stupita. Per la serie: quanti sono gli eredi che si accalcano attorno al simulacro del glorioso popolarismo italiano?
Tanti, fin troppi. C’è persino il redivivo Silvio Berlusconi, l’uomo del bunga bunga e di molte altre cose, che in una lunga lettera al Corsera rivendica don Sturzo. Poi ci sono Zingaretti, i cattolici del Pd, i prodiani, Castagnetti (che fa storia a sé), infine gli irriducibili modello Rotondi che ieri ha festeggiato con Rocco Buttiglione e Calogero, vecchie volpi dello Scudocrociato. Epperò proprio questa confusione conferma quanto sia lontana al momento la prospettiva di un partito unico dei cattolici, possibile exit strategy da questo tempo populista. Anche perché oggi la Chiesa italiana riflette le divisioni che agitano il Vaticano. A partire dalla fronda clericale e tradizionalista, vicina a Salvini e schierata contro Bergoglio, che sogna un altro papa, come ha detto ieri il cardinale Kasper. Il dibattito ovviamente proseguirà sulla scia di quanto annunciato dal presidente della Cei settimane fa: formare nuovi cattolici in politica. Toccherà a loro, però, decidere cosa fare, autonomamente. E l’avversario, a leggere bene Avvenire, l’Osservatore romano e soprattutto La Civiltà cattolica è il sovranismo di Salvini. Questo il nodo vero. Quanto ai Cinquestelle sono ancora tantissimi i fedeli che li votano, e che amano Francesco.