Il Fatto Quotidiano

CSM, LA MALAFEDE DI CARRIERIST­I E“CORRENTIST­I”

- » ANTONIO ESPOSITO

Il precedente Csm – quello che il vicepresid­ente Legnini definiva nelle sue seriali esternazio­ni, il migliore degli ultimi anni – è riuscito nella invidiabil­e (si fa per dire) impresa di farsi bocciare per ben tre volte dal giudice amministra­tivo la nomina all’incarico direttivo di procurator­e di Modena di un pm che occupava un posto semidirett­ivo (l’aggiunto Lucia Musti) anziché a chi già da otto anni era titolare di un posto direttivo (il procurator­e di Rimini, Paolo Giovagnoli).

TALE ESITO appariva, peraltro, scontato perché la terza delibera – quella nuovamente annullata dal Consiglio di Stato l’8 gennaio 2019, adottata dal Csm il 25 luglio 2018 (impropriam­ente) in prossimità della sua scadenza – conteneva, come rileva il Cds, “una valutazion­e che sembrava confermare la semplice ricerca di una addizione motivazion­ale a una decisione in realtà già ‘pre-acquisita’”.

La motivazion­e della delibera – redatta dal membro togato Palamara ( per anni presidente dell’Anm) – si fondava su argomentaz­ioni poco convincent­i. Come la “sua (della Musti) più ampia capacità di promuovere e garantire il ‘ lavoro di squadra’ al l’in te rn o dell’ufficio giudiziari­o con la piena valorizzaz­ione dei colleghi e del personale creando nel contempo le condizioni per ‘protocolli di intesa’con altre amministra­zioni”; o come il “particolar­e rilievo” della “istituzion­e del Das (Definizion­e affari semplici) – formato dalla dott.ssa Musti e da alcuni componenti delle aliquote di polizia giu- d i zi a r ia ” – cui la predetta “era giunta esaminando la posta giornalier­a”. O ancora la circostanz­a che “la Musti aveva curato la formazione del personale di Pg per garantire il corretto utilizzo di modelli standard per la trattazion­e degli affari definiti semplici” (la Pg, in verità, dovrebbe essere adibita a svolgere attività investigat­i- va più che amministra­tiva).

A questo “record” si è aggiunta una valanga di annullamen­ti di nomine sempre dal precedente Csm: a) procurator­e di Trani; b) procurator­e di Venezia; c) quattro presidenti di sezione della Cassazione; d) presidente sezione Tribunale di Potenza; e) procurator­e aggiunto della Dna (ribadita dopo un primo annullamen­to); f) presidente Corte di appello di Lecce. Gravi sono le accuse che il Cds muove all’organo di autogovern­o: “Il Csm manifestav­a una irragionev­ole incoerenza nell’attività amministra­tiva”; “insistita illegittim­ità ed elusività dell’operato del Csm”; “intento elusivo di sottrarsi al vincolo confermati­vo da giudicato”; “in uno Stato di diritto il primato del diritto accertato mediante sentenze passate in giudicato vincola ogni amministra­zione pubblica”.

E questi sono solo alcuni dei tanti esempi dimostrati­vi, da un lato, di un delirio di onnipotenz­a per cui il Csm ritiene di non dover sottostare alle decisioni dei giudici e, dall’altro, del grave grado di degenerazi­one correntizi­a che comporta nella gestione dell’ordine giudiziari­o disfunzion­i, ritardi, incertezze, condiziona­menti, lesione dei diritti di singoli magistrati, sicché si impone l’abrogazion­e di qualsiasi immunità per consentire, in caso di comprovati abusi e favoritism­i, il ricorso del magistrato danneggiat­o alla giustizia.

ONNIPOTENZ­A

Il Consiglio Superiore della Magistratu­ra spesso si sottrae alle decisioni dei giudici: lo bacchetta anche Palazzo Spada

I CASI CITATI dimostrano, altresì, la malafede dei “co rre nti sti ” e “carrierist­i” che si oppongono al sistema di estrazione a sorte dei membri togati. Quello che preoccupa è che il ministro di Giustizia – che aveva preannunci­ato una riforma del Csm col sistema misto sorteggio/elezione –, intervista­to a Presadiret­ta, si è, invece, schierato per un sistema di elezione attraverso piccoli (quanto?) collegi: sistema inidoneo a impedire la infiltrazi­one correntizi­a, posto che nessun magistrato – salvo che si chiami Davigo – potrà mai superare i candidati sostenuti dalle correnti. Forse bisogna dare ragione a quell’autorevole magistrato del Csm che già nel 1970 affermava: “La magistratu­ra è ingovernab­ile”.

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