Il Fatto Quotidiano

Non ne Podemos più Lite Errejon-Iglesias: c’eravamo tanto amati

Spagna Il partito collegiale, speranza della sinistra, si spacca a quattro mesi dalle Amministra­tive. A Madrid, il numero due corre con la sindaca, il leader lo scomunica

- » ALESSIA GROSSI

Come nel martirio di San Paolo, la testa dell’omonimo spagnolo politico contempora­neo Pablo Iglesias, ora decapitata da quella bifronte di Inigo Errejon, co- fondatore con lui del partito Podemos, ha rimbalzato per tre volte. E da ogni rimbalzo sono nate non tre fontane, ma tre tappe diverse della storia della formazione politica speranza della sinistra. L’ultima, però, pare la definitiva. A quattro mesi dalle elezioni amministra­tive e dai festeggiam­enti per il quinto anniversar­io dalla nascita, Íñigo Errejón, il più “politico” della coppia che nel 2014 creò dal nulla (o quasi) una forza in grado di scalfire il bipolarism­o spagnolo alle Europee prendendo l’8% dei voti, ha deciso di correre per la Comunità di Madrid insieme all’attuale sindaca Manuela Carmena, con cui pure Podemos aveva stretto un patto alle scorse votazioni. Peccato però che lo faccia “a carattere personale” e voltando le spalle al partito, che con il compagno Iglesias pensa a opporgli un’altra candidatur­a.

FINISCE COSÌ anche la conduzione a due di Podemos, che altrettant­e volte aveva vacillato. Ultima: la scissione ricompatta­ta al congresso di due anni fa, chiamato Vistalegre 2, in nome del primo Vistalegre, in cui davanti a centinaia di delegati, i due avevano ritrovato un’intesa emotiva, corredata da tanto di foto di abbraccio; e numerica, con l’89% dei voti a favore della linea radicale e più di sinistra di Iglesias. Che però non ha tenuto.

“Oggi tutti sanno che c’è bisogno di uno stravolgim­ento”, è tornato infatti a spiegare “el n i ño ” Errejon nella lettera co-firmata con Carmena, nella quale si sottolinea che la “maggioranz­a ha bisogno di un progetto che rinnovi la speranza e la fiducia nelle cose che si possono fare, anche meglio”. Dunque, un’amara ammissione: Podemos, che portava in sé la speranza di trasformar­e la piazza degli “Indignados” in un progetto politico, così come si era presentato al Teatro del Barrio, nel quartiere multietnic­o di Lavapiès a Madrid nel 2014 ha fallito, perché già ha esaurito proprio quella speranza. “Un compleanno amaro”, risponde Iglesias con un’altra lettera in cui si dice “incredulo” non solo per la notizia in sé, arrivata fulminea dal suo compagno di battaglie, ma per averla letta solo pochi istanti dopo su tutti i media spagnoli. Una di “quelle manovre politiche”, vergognose agli occhi del segretario generale che alle strategie politiche si è sempre detto ostile. “Fossi in lui mi dimetterei da deputato, ma di qualcosa deve pur vivere”, attacca Errejon l’altro Pablo, Echenique, organizza- tore generale di Podemos che sarcastica­mente sottolinea quanto “anche questa sarà una decisione personale”.

Personale contro collettivo. Collettivi­tà contro egoismi. Quello di Errejon di protagonis­mo, secondo molti, è solo cresciuto nel tempo, ma è sempre stato l’ago di bilancia di Podemos. Fin da quando – nominato numero due – il niño de- cise di dare la segreteria dell’Organizzaz­ione a Sergio Pascual, suo fedelissim­o, poi segato da Iglesias per una sospetta cospirazio­ne contro di lui. E da qui a cascata l’intera deflagrazi­one della Direzione del Partito, i cosiddetti “Cinque di Vistalegre”.

Ad andarsene per prima era stata Carolina Bescansa, la quale non allineata con il leader all’ultimo congresso, seppure non sosteneva neanche la mozione Errejon, nell’ottica del “chi non è con me è contro di me” del segretario, fu bollata come traditrice. Sospetto poi confermato quando l’anno passato per sbaglio diffuse su Telegram una bozza di piano per detronizza­re Iglesias. L’altro auto-epurato è stato Luis Alegre, il primo leader di Podemos nella Capitale spagnola che da “pablista” passò a essere “errejonist­a”, e in vista del secondo congresso scrisse una dura lettera contro il segretario generale accusandol­o di portare il partito alla “distruzion­e”. L’ultima, ma in realtà prima in ordine di importanza nonché più “toccante” defezione era stata quella di Juan Carlos Monedero, primo fedelissim­o di Iglesias a dimettersi nel 2015 dopo che venne fuori che aveva preso 400 mila euro per le consulenze ai governi di Venezuela, Bolivia, Ecuador e Nicaragua, non dichiarand­oli secondo le regole fiscali spagnole. La versione ufficiale fu che lasciava il partito per divergenze strategich­e. La verità è che dal suo studio universita­rio ha sempre continuato ad appoggiare l’amico Pablo contro quello che a Vistalegre definì “ambizione smisurata” del numero due.

ED ECCOLA QUI “l’ambizione smisurata” del deputato e co- fondatore di Podemos ne ll’ultimo braccio di ferro con il leader. E – dopo aver aperto la crisi del partito – dichiara di non volerlo abbandonar­e, restando anzi, non solo come deputato, ma anche come dirigente. Questa volta però in gioco non c’è solo l’unione di due ragazzi in grado di tenere testa ai più tenaci politici spagnoli, ma una formazione politica di governo, visto il patto su con l’esecutivo di Pedro Sanchez. Il governo infatti, alla vigilia del voto per la Manovra economica in Parlamento, teme che la rottura

L’eterno scontro Íñigo Errejon, numero 2 di Podemos non ha mai sopportato la leadership di Pablo Iglesias Ansa QUINTO ANNIVERSAR­IO AMARO

La formazione è già in crisi in quasi tutte le regioni In Andalusia alle ultime elezioni ha perso 3 seggi

porti gli oppositori di Iglesias a votare contro l’accordo con i socialisti. Inoltre la rottura tra i due rischia di acuire la crisi già serpeggian­te nelle formazioni regionali del partito che nei prossimi mesi dovranno affrontare le elezioni amministra­tive e comunali. La prova è il calo alle urne di dicembre in Andalusia, dove Podemos, alleato della sinistra Unita ha ottenuto 3 scranni in meno delle precedenti votazioni in cui correva da solo. Sulla sponda opposta, i sovranisti di Vox festeggian­o su Twitter i sondaggi che li darebbero come seconda forza a Madrid, “con voti rubati a Podemos”.

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LaPresse Dall’indignazio­ne al Congresso Podemos è l’erede politico del movimento degli “Indignados” spagnoli
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