Macron e la “svendita” di Alstom agli americani
Era il fiore all’occhiello dell’industria, deputato ipotizza vantaggi personali
Il 9 febbraio 2014, P atrick Kron e Jeff Immelt, i due patron della francese Alstom e dell’americana General Electric, si incontravano per cena a Parigi, aprendo mesi di trattative che portarono a una delle cessioni più traumatiche per la Francia: la vendita del comparto Energia di Alstom al gigante Usa. L’azienda di Belfort, creata nel 1879, è uno dei fiori all’occhiello dell’industria francese. Suoi sono TGV e metro che circolano in tutto il mondo. Cinque anni dopo, i giudici si interrogano sul ruolo che Emmanuel Macrongiocò all’epoca sulla trattativa, mentre era ministro dell’Economia di François Hollande.
A ricorrere alla procura di Parigi è stato un deputato dei Républicains, Olivier Marleix. In una lettera, di cui Le Mondeha rivelato i contenuti, Marleix ipotizza che, favorendo la vendita Alstom, l’attuale presidente abbia tratto dei vantaggi personali per la sua folgorante ascesa all’Eliseo e si appella all’articolo 40 del codice di procedura penale per cui “ogni funzionario al corrente di un crimine o di un delitto è tenuto a informarne il procuratore della Repubblica”.
ACCUSE per il presidente che arrivano nel pieno della crisi dei gilet gialli e con un nuovo capitolo appena aperto dello scandalo Benalla, sull’uso illecito dei passaporti diplomatici da parte dell’ex consigliere dell’Eliseo. Olivier Marleix non parla a vanvera: tra il 2017 e il 2018 è stato presidente della Commissione d’inchiesta parlamentare sulle decisioni di politica industriale e si è interessato all’affaire, che conosce a menadito. La cessione di Alstom Energia (che rappre- sentava il 70% del fatturato dell’azienda al colosso americano per 12,3 miliardi di dollari, è stata conclusa il 5 novembre 2014. A “autorizzarla formalmente”, scrive il deputato alla Procura, era stato il nuovo e giovane ministro dell’Economia, nominato da poco più di due mesi dopo essere stato vice segretario generale dell’Eliseo, e prima ancora passato per la banca d’affari Rothschild. Era stato del resto sempre Macron a “autorizzare”, fa notare sempre Marleix, anche le cessioni di attivi di altre “aziende francesi strategiche”, come Alcatel-Lucent alla finlandese Nokia. Il giornale M e d i a pa r t ricordava ieri che, nel 2015, Macron era stato sentito da una prima commissione parlamentare, già incaricata di indagare sulla vendita di Alstom Energia, e aveva dichiarato: “Il governo si è trovato di fronte al fatto compiuto”. Marleix non è dello stesso avviso e sospetta anzi che si sia piuttosto installato un “sistema” che “se fosse verificato – scrive – potrebbe essere interpretato con un patto di corruzione”. Marleix si interroga infatti sui “doni re- cord”, circa 15 milioni di euro, che il giovane candidato alla testa di un movimento appena nato, En marche!, aveva ricevuto per finanziare la sua campagna verso l’Eliseo e scrive: “Il fatto che nella lista dei donatori o degli organizzatori delle cene per la raccolta dei fondi figurino persone che potevano essere interessate a quelle vendite precipitose non può che sollevare interrogazioni”.
SI CHIEDE ANCHE come mai non sia “mai stata aperta u n’in ch ie st a” gi ud iz ia ri a sulla vendita e come mai la giustizia francese sia stata particolarmente clemente con Alstom che aveva riconosciuto il suo coinvolgimento in fatti di corruzione in diversi paesi esteri tra il 2000 e il 2011. Nel 2014 era stata la giustizia americana a condannare il gruppo francese a una multa record di 772 milioni di dollari.
Un dirigente dell’a zi enda, Frédéric Pierucci, ha a sua volta scontato tre anni di reclusione negli Usa accusato di corruzione in Indonesia. Il dietro le quinte delle trattive Alstom-GE Pierucci le ha raccontate in un libro, Le piège américain, uscito in Francia appena alcuni giorni fa.
L’affare del 2014 Marleix scrive alla Procura e si interroga sui “doni record” ricevuti da Manu