Il Fatto Quotidiano

Maria Antonietta Boschi

- » MARCO TRAVAGLIO

Casomai qualcuno credesse ancora alla favoletta del Pd “di sinistra”, ha provveduto Maria Elena Boschi a sfatarla con la memorabile battutona sullo Stato sociale (che per lei non è il Welfare, ma la band arrivata seconda all’ultimo Sanremo) e sulla “vita in vacanza” (intesa come la pacchia sardanapal­esca del reddito di cittadinan­za per i 5 milioni di poveri creati anche dal suo partito). Per una volta la freddura, peraltro copiata ad Aldo Cazzullo, è riuscita a fare più danni al Pd del suo rottamator­e ufficiale, che tuona contro il reddito da un tipico mezzo di locomozion­e proletario: un motoscafo di Venezia. Nel silenzio assoluto dei vari Zingaretti e Martina. Se non sapessimo che Maria Etruria e Matteo stanno scientific­amente picconando quel che resta del loro partito per farne un altro ancora peggiore, ci domanderem­mo quanto li pagano i 5Stelle e la Lega per mettere in fuga gli elettori superstiti. Mai, a memoria d’uomo, il Pd si era accanito contro una legge come ora contro il sussidio per i meno abbienti, fino al punto di annunciare un referendum abrogativo in combutta con FI (che nel programma elettorale prometteva non solo il reddito di cittadinan­za, ma financo l’“azzerament­o della povertà assoluta”, manco l’avesse scritto Di Maio) e con Fd’I (già “destra sociale”).

Se il centrosini­stra avesse speso un decimo delle energie e dello sdegno che ora impiega contro il reddito per combattere una a caso delle 41 leggi vergogna di B., il berlusconi­smo sarebbe durato molto meno. Dal 2011 al 2018 i nostri “progressis­ti” hanno regalato senza fare un plissé 60 miliardi alle banche rovinate dai loro amici magnager; hanno votato sette manovre con 40-50 miliardi a botta di sgravi fiscali alle imprese; hanno buttato ogni anno 4 miliardi abolendo l’Imu sulle prime case (anche dei ricchi), 12 miliardi per gli incentivi del Jobs Act alle imprese e altri 10 miliardi per gli 80 euro a chi uno stipendio ce l’ha. Poi, in vista delle elezioni, si sono ricordati dei poveri: solo che l’Istat ne conta 5 milioni, mentre lorsignori li hanno ridotti a uno solo col Reddito di inclusione (in media 297 euro mensili a testa). Un primo passo contro la miseria, peraltro dimenticat­o in campagna elettorale per non darla vinta al M5S: così nessuno se n’è accorto. Ora che la platea si allarga a 4,9 milioni di poveri, con un assegno medio di 500 euro a famiglia (fino a 780 euro al mese a persona), il Pd si batte come un leone perché l’Italia torni a essere l’unico paese Ue senza un reddito minimo, mentre globalizza­zione, delocalizz­azione, automazion­e e nuova recessione sterminano centinaia di milioni di posti di lavoro.

Nemmeno

la lezione di Macron, partito col taglio delle tasse ai ricchi, cioè molto più a destra di Salvini (che la Flat tax l’ha lasciata perdere), e convertito di corsa al “reddito universale” per rompere l’assedio dei Gilet gialli, fa riflettere il partito più cieco, sordo e ottuso dell’Occidente. Il reddito di cittadinan­za, se le stime saranno confermate, costerà nel primo anno 6 miliardi (più 1 per i centri per l’impiego e i n av ig at or ). Sommandolo alla quota 100 per le pensioni, non si arriva neppure a 10. Meno della metà delle due bandiere del renzismo: il Jobs Act e gli 80 euro. Eppure chi non fece una piega quando Renzi buttò dalla finestra 22 miliardi l’anno a pioggia per due misure che non smossero i consumi né crearono posti di lavoro in più rispetto ai già pochi che nascevano prima, ora si scandalizz­a per 10 miliardi destinati alle fasce più deboli della popolazion­e: pensionati minimi, costretti a campare con 100 o 200 euro al mese, giovani senza lavoro e anziani lavoratori costretti dalla Fornero a rinviare la meritata pensione. Quasi che Conte, Di Maio e Salvini scialasser­o i nostri soldi in champagne, casinò e donnine allegre. Che Confindust­ria, abituata a mettersi in tasca la magna pars delle manovre, sia sul piede di guerra non stupisce. Che B., dimentico di aver copiato al M5S il reddito di cittadinan­za in campagna elettorale, scateni i rottweiler, è normale: già è un miracolo se, ridotto com’è, si ricorda come si chiama. Che la stampa di destra titoli ogni giorno sul “regalo a fannulloni e a fancazzist­i”, offendendo milioni di poveri che attendono da 25 anni i milioni di posti di lavoro promessi da tutti i governi della Seconda Repubblica, è ovvio: fanno il loro sporco mestiere.

Ma è incredibil­e che, salvo rare eccezioni, da sinistra e dal mondo cattolico non si levi una voce a sostegno di una misura che per la prima volta affronta concretame­nte l’urgenza della povertà. Si era detto che il reddito costava 50 o 60 miliardi l’anno, dunque non sarebbe mai stato approvato: ora è legge dello Stato, anche se non si sa se si farà in tempo a erogarlo alla prevista scadenza di aprile. Si era detto che avrebbe favorito chi vuole poltrire sul divano o arrotondar­e lo stipendio al nero. Allora il governo ha inserito paletti, controlli e sanzioni per scoraggiar­e i furbi (che comunque, nel Paese dell’evasione e del lavoro nero, ci saranno sempre, ma non possono penalizzar­e gli onesti: altrimenti, per evitare che ne approfitti chi non ne ha diritto, bisognereb­be abolire anche la cassa integrazio­ne, il sussidio di disoccupaz­ione, le agevolazio­ni sanitarie, scolastich­e e universita­rie ai meno abbienti, gli 80 euro, il Rei e gli altri strumenti del Welfare). E ora tutti a criticare i paletti, i controlli e le sanzioni. E a ripetere a macchinett­a che ci vuol altro per creare lavoro, come se il lavoro si creasse per decreto e come se il reddito non fosse pensato proprio per chi non ce l’ha, lo cerca ma non è detto che lo trovi. Non va mai bene nulla, e neppure il suo contrario. Presto Maria Antonietta Boschi si affaccerà al balcone di Banca Etruria e annuncerà il nuovo slogan vincente del Pd: “Non hanno pane? Mangino brioche”.

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