Il Fatto Quotidiano

IDENTIKIT DI CHI STA AL GOVERNO

- FURIO COLOMBO

Piccoli borghi conservano tenacement­e truci tradizioni. Per esempio Capalbio, la località nota per il mare e la presunta mondanità, mantiene vivo, nella sua selvatica Maremma, il culto del brigante Tiburzi. Spietato e audace, era noto per i suoi delitti e la sua capacità di sfuggire alla cattura. Dopo decenni, il brigante è stato sorpreso da un tradimento e abbattuto a fucilate. Grande notizia anche per il governo Giolitti. Ma c’era un problema: mancava la fotografia dell’evento. Nessuno si è perso d’animo. Lo hanno fotografat­o da morto facendo in modo che sembrasse vivo, debitament­e fiancheggi­ato da chi lo aveva catturato. La foto gira ancora in Maremma.

COME VEDETE, l’episodio è identico all’evento di Ciampino, con qualche ritocco. Un ministro vestito da poliziotto e un ministro vestito da guardia carceraria si sono recati prontament­e sul posto per farsi fotografar­e e filmare accanto a un latitante con cui, dato anche il loro breve periodo al governo, non avevano mai avuto niente a che fare, uno che è stato catturato e mandato in Italia da governi stranieri, con la definizion­e un po’ pesante di “regalino”.

In entrambi gli eventi, i soli che si sono comportati con dignità, a parte le loro gra- vissime colpe, sono i due catturati. Ma né l’uno né l’altro sono sfuggiti a una offesa: Tiburzi appare legato, da morto, come se fosse ancora pericoloso; Battisti è stato accolto dalla frase che ormai è storia: “E adesso va a marcire in prigione”. Lo statista che l’ha detta ha azzerato due secoli di civiltà giuridica italiana.

Diciamo la verità. Noi non sappiamo chi sono le persone che ci governano. Il ministro dell’Interno sembra non intraveder­e la portata e il livello del suo compito, e ha adottato, per ritagliare la sua figura nella storia, una dimensione molto piccola. Risponde come un condomino incattivit­o. Purtroppo il suo potere è grande. Ed è grande il silenzio dell’opposizion­e che non c’è. Purtroppo i suoi dispetti sono cattiverie disumane come lasciare in mezzo al mare in tempesta, in notti di gelo, decine di emigranti senza colpa che cercavano solo un porto sicuro.

Quando, durante la trasmissio­ne Otto e mezzo si è visto il ministro Bonafede esultante per avere sfilato davanti a un prigionier­o, si è capito che il ministro della Giustizia non ha alcuna idea della importanza, del peso di quel ministero, e dunque del ruolo (prudenza, saggezza, cautela, rispetto) di quell’incarico. Rideva, rideva, Bonafede nella sua trasmissio­ne dopo Ciampino, e teneva testa alle gravi obiezioni dei presenti, come si fa di fronte a un dissenso sul costume di carnevale, non sulla divisa carceraria indossata con lieta incapacità di capire che cosa è e chi è ministro della Giustizia. Prendete l’immagine dei due che vanno a Strasburgo, in pulmino cinematogr­afico (vedi inquadratu­ra e dislocazio­ne della camera) e discutono di fronte a noi spettatori forse per mostrare “la trasparenz­a”, Di Maio e Di Battista ci vengono presentati come gli amici di una vita, ma ciascuno parla da solo e nessuno dei due ha un guizzo, un istante, di quel tipo di umore non tetro che è tipico di quella età, anche solo un riferiment­o a qualcosa che non sia distruttiv­o.

Di Maio invece ci informa subito, dal set del pulmino, che vanno a Strasburgo per cancellare Strasburgo. È uno spreco, Strasburgo. Per essere sicuro di registrare l’umore del gruppo, Di Maio definisce la seconda Capitale d’Europa “una marchetta francese”, del tutto ignaro, come chi ha fatto studi modesti, di storia e ragioni. E benché il filmino duri abbastanza, non c’è un istante in cui uno dei due sorrida o allenti la muscolatur­a facciale volta al vendicativ­o, sempre sul punto di dire “adesso ve la facciamo vedere noi”.

DI BATTISTA POI, seduto lì in prima fila a un passo dagli spettatori, mentre sta andando dentro l’Europa, non potrebbe raccontarc­i una cosa, una, di ciò che ha visto nel mondo, mentre lo girava?

Qui tutti vogliono sapere come governano, questi del cambiament­o, e anche dopo la pubblicazi­one dei due famosi editti, sulla povertà e sulle età pensionabi­le nessuno sembra sapere o capire. La povertà (che cosa sia, chi se la porta addosso e come si cura) resta un mistero.

Prendete Grillo a Oxford. Va a un congresso di maghi (maghi di conversazi­one e di dibattito) e non ha un suo trucco. Niente conigli, non una battuta. Non poteva prepararsi un foglietto, sapendo che non tutti lo prendono sul serio come in Italia?

La domanda resta: ma chi sono questi? Perché sono sempre di cattivo umore? E che cosa vogliono davvero, a parte il contratto, che vincola l’uno all’altro ma non a noi?

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