Arriva il Listone dei Disperati
L’ex ministro raduna ex renziani per l’ammucchiata “europeista” E Romani (FI) si aggrappa: “Ormai siamo simili, interessati a un progetto comune”
■ Nel tentativo di non portare alle elezioni di maggio il simbolo del Pd, una truppa di democratici, che va da Gentiloni a Sala, ha “inventato” il sistema per allargare il centrosinistra. E l’ipotesi non dispiace agli esponenti di Forza Italia che temono il cannibale leghista Salvini
L’operazione superamento del Pd è ufficialmente iniziata con la presentazione del manifesto di Carlo Calenda. D’altra parte, la “lista unica delle forze politiche e civiche europeiste” ha prima di tutto un obiettivo: nascondere il simbolo del Pd alle Europee. Zingaretti aveva già detto di essere pronto a non presentarlo. Martina non sarebbe d’accordo, ma ha firmato. “Il Pd non basta, dobbiamo parlare al mondo liberale, socialdemocratico, sui contenuti e non fare lista contro, ma una lista per cambiare l’Europa”. Dice chiaro e tondo il promotore. Mentre Beppe Sala, uno dei 101 firmatari: “È un inizio, ma anche una sfida al Pd, perché se adesso il partito risponde dicendo che ‘abbiamo le primarie’, io sarò il primo a dire, tenetevele che ci avete messo un anno a farle”.
L’operazione presenta alcuni punti fermi, ma anche una serie di criticità e di incognite. Tanto per cominciare, c’è un grande tessitore, Paolo Gentiloni, che punta a portare il “listone” in stile Ulivo alle elezioni per Strasburgo. E poi, c’è stata un’accelerazione dovuta ai primi dati che arrivano dai congressi di circolo, con Nicola Zingaretti avanti oltre le aspettative (dichiarate). Ieri il governatore del Lazio ha ricevuto un’altra serie di numeri. A livello regionale, su 25.927 votanti, il 49,1% sceglie lui, il 34,7% Martina, il 13% Giachetti. Un andamento molto al di sopra delle aspettative dei zingarettiani. E così Calenda ha giocato d’anticipo. Un modo anche per posizionarsi e poter lavorare sulle liste prima del 3 marzo, il giorno delle primarie. A firmare sono stati in molti, da Sergio Chiamparino a Stefano Bonaccini, da Walter Ricciardi e Armando Santoro agli ex dirigenti dell’Istituto superiore di sanità rimossi dalla Grillo, a Mario Giro, in rappresentanza dei cattolici di Demos. Per arrivare a Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana (Mdp), passando per uno dei primi animatori della Leopolda, come Edoardo Nesi.
MANCANO all’appello Emma Bonino, che considera Calenda “più antipatico” di Renzi. E Federico Pizzarotti, ex Cinque Stelle, ora Italia in comune, che recalcitra, visto che non è chiaro se ci sarà un’apertura al mondo dei Cinque Stelle. Zingaretti guarda agli ex Pd fuo- riusciti dalla “Ditta” e non disdegna un dialogo con il mondo del Movimento, mentre Calenda pensa al centro. E non solo. Con Scelta Civica voleva recuperare liberali, forzisti, moderati. Per ora, l’interlocuzione è sotto traccia (Calenda chiarisce di non aver cercato tra loro firmatari del manifesto). Ma in futuro si vedrà. L’ex ministro dovrebbe essere capolista, ma tra i candidati si parla di personaggi come lo stesso Sala e Giorgio Gori. Da notare la voce critica di Enrico Letta che parla addirittura di “mossa che fa un favore ai populisti”.
In calce al manifesto, gli ex renziani di Lotti (con Martina) e di Giachetti, altro candidato alla segreteria, spiccano per la loro assenza. Non sono neanche stati cercati, raccontano i promotori. Quelli che invece hanno firmato sono molti dei sindaci che avevano sostenuto la candidatura di Marco Minniti, da Matteo Ricci a Andrea Gnassi, da Dario Nardella a Giuseppe Falcomatà. Capeggiati dallo stesso Ricci, ex fedelissimo di Renzi (nell’ultima segreteria era il responsabile Enti locali), che ieri ha annunciato il suo sostegno per il congresso a Zingaretti. Al Fatto spiega: “Renzi è stato un grande presidente del Consiglio e sono stato onorato di poterlo aiutare. I suoi errori sono i miei errori. Dopodiché pare non scommettere sul Pd. Io invece credo che possiamo ripartire”.
Non stupisce che renziani e lottiani (quelli che sostengono Martina) siano i più critici. Per tutti, parla Antonello Giacomelli, in un post su Facebook: “Se fosse la lista di tutte le forze europeiste, perso- nalmente sarei in difficoltà ad aderire. Partiti conservatori e partiti progressisti sono ugualmente europeisti ma con punti di vista molto diversi. Il testo del manifesto sarebbe il programma comune di chi si richiama ai liberali come alla sinistra di Tsipras, ai popolari e conservatori come a democratici e socialisti?”.
RENZI, dal canto suo, ha capito di non avere né i voti, né i soldi, per fare un partito prima delle Europee. E ha iniziato a lavorare per il congresso. Lui e Maria Elena Boschi si stanno impegnando per Roberto Giachetti. Scommettendo sul fatto che alle primarie potrebbe arrivare ben al 20% e magari Zingaretti fermarsi al 40%: a quel pun- to in Assemblea potrebbe convergere su Martina e rovesciare un risultato annunciato. A quel punto, in area renziana, si favoleggia di un possibile accordo con Calenda per le caratteristiche del listone. Le intenzioni dell’ex segretario si capiranno con l’uscita del suo libro per Marsilio, prevista per il 15 febbraio, con tour annesso. Pronte due campagne elettorali parallele, quella congressuale e quella per le Europee. Un’altra data da cerchiare sul calendario è il 21 marzo: prevista una grande mobilitazione nel nome di Prodi. L’asticella per il successo elettorale è superare il 20%. Ma dopo, tutto è possibile, scissione compresa.
Le sorprese
Firmano il manifesto pure Ricciardi e Santoro, rimossi dalla Grillo dall’Istituto di Sanità