“Carlo ci interessa: siamo simili, serve una nuova proposta”
Paolo Romani Il senatore di FI: “Malessere diffuso nel partito”
“Ho letto il manifesto di Calenda e l’ho trovato condivisibile in molte sue parti”. Paolo Romani, senatore di Forza Italia, che già si era fatto notare prima della pausa natalizia come l’avamposto di un partito centrista con pezzi di Forza Italia e di Pd (soprattutto a trazione renziana), segue con interesse l’operazione dell’ex ministro dello Sviluppo. “Ho incontrato Calenda prima di Natale a casa di amici comuni, abbiamo parlato della sua operazione politica. Ci siamo confrontati sulla necessità di u n’alternativa alla prevalenza dei due partiti di governo”. Però, sottolinea Romani, “il manifesto è tutto nell’ambito del dibattito precongressuale del Pd. Quindi ci esclude, perché sembra porsi come una componente del Pd. Anche se nel merito delle cose non ci sono grandi distanze”. Onorevole, ma questa operazione non “chiama” una riflessione anche dentro Forza Italia?
Ritengo necessaria l’apertura del dibattito su questi temi anche all’interno del mio partito. Non sono d’accordo sull’inseguimento della Le- ga, a prescindere. E neanche sull’affermazione di Salvini che dice che il centrodestra è morto.
E quindi?
Serve una proposta politica diversa, un movimento liberale, popolare, riformista, che contenga al proprio interno proposte programmatiche che vadano nella direzione di investimenti alle infrastrutture e incentivi alle imprese, senza tralasciare e avere un pregiudizio nei confronti del reddito di inclusione e della revisione della Fornero.
Quali sono i punti di contatto tra questa sua idea e la proposta di Calenda? L’invito a ricordarsi che questa Europa non ci piace, ma che ci dobbiamo fare i conti. Il punto di partenza di contenuti e argomenti di una piattaforma che difenda anche la strategicità di alcune aziende italiane, come Ilva, Alitalia e Fca. Per esempio, lo sbandieramento dell’ecotassa scoraggia anche le ambizioni di quest’ultima.
A che punto sono le sue interlocuzioni con Renzi? Credo che lui abbia voglia di aspettare le Europee e la conclusione del dibattito congressuale, prima di prendere decisioni.
Parla con Berlusconi? Qualche volta. Mi sono tirato un po’ fuori: il problema è la forma partito. A Forza Italia serve un innalzamento dei livelli democratici interni. C’è un malessere altamente diffuso nel nostro partito, a tutti i livelli, dagli amministratori locali ai parlamentari. Può coglierlo chiunque ci vive, al di là dei dati di Pagnoncelli.
Che cosa succederà con le Europee?
Se ci sarà una larghissima prevalenza della Lega, il centrodestra come lo conosciamo non esisterà più, andrà rinnovato. E io non mi rassegno all’idea che l’unico leader sia Salvini.
Vede convergenze a quel punto con il progetto di Calenda?
Non ho idea di cosa ci potrà essere sul terreno della politica tra un paio d’anni. E anche i leader si costruiscono nel tempo, come Renzi e Salvini dimostrano.
Cosa condivide dell’europeismo alla Calenda? Prima di tutto la premessa, che mette l’accento sui 70 anni di pace. Questa Europa non rappresenta gli interessi degli italiani, ma l’Italia non ne può prescindere: è una potenza che rimane, nonostante tutti i problemi. E c’è un dato singolare: in Italia non si dibatte della riforma della nuova architettura dell’Europa. Juncker 5 anni fa presentò un progetto in questo senso. La Francia e la Germania ne hanno discusso, noi no. C’è tanto da fare.
Non ho idea di cosa ci potrà essere in politica tra un paio d’anni I leader si costruiscono nel tempo, come Renzi e Salvini dimostrano