Finito il cordoglio, ricomincia l’odissea per i 47 da “spartire”
VISTI DA ROMA Nuova grana con l’Europa
Tra il “profondo dolore” del presidente Sergio Mattarella e i “porti ch iu si” del ministro Matteo Salvini, c’è il futuro del premier Giuseppe Conte: “Sono crimini contro l’umanità: quando avrò smesso questo mio mandato, mi dedicherò da avvocato a perseguire e assicurare alla Corte internazionale i trafficanti di uomini”. Nel frattempo bisognerà assicurare un porto sicuro ai 47 migranti salvati dalla nave della Ong Sea Watch.
IL 19 GENNAIOè il giorno in cui il Mediterraneo rivela il suo ennesimo crudele bilancio: 170 vittime in poche ore. Ma è anche il giorno in cui 47 persone possono gioire per essere scampate a un naufragio grazie all’intervento della Sea Watch. Una realtà che si ribalta nelle parole che il ministro Salvini immediatamente pronuncia su Facebook: “Una riflessione”, esordisce, “tornano in mare davanti alla Libia le navi delle Ong, gli scafisti ricominciano i loro sporchi traffici, le persone tornano amorire. Ma il ‘ ca tti vo ’ sono io. Mah...”. Se i 47 sopravvissuti alle onde devono ringraziare la cattiveria della Ong, che s’è precipitata a salvarli, il “buon” Salvini ribadisce il suo pensiero: “Sarà un caso che da tre giorni la nave di una ong olandese, con equipaggio tedesco, gira davanti alla costa libica e gli scafisti tornano a far partire barconi sgonfi che poi affondano, e si contano i morti?”. Come dire: è colpa della Ong se 170 persone sono morte annegate, perché se la Sea Watch non fosse stata lì, non sarebbero neanche partite. Di certo, anche con la più fervida fantasia, è difficile immaginare che sarebbero rimaste nei lager libici a sopportare le violenze documentate dall’Onu nei suoi rapporti.
Il dato certo, però, è che Salvini rimarca la sua linea poli- tica: “Una nave della ong ha salvato altri migranti? Vada a Berlino e faccia il giro lungo passando da Rotterdam, facendoli scendere ad Amburgo. O se olandese vada a Rotterdam, se francese a Marsiglia. Questo è rispetto delle regole”. È l’antipasto dello scenario che si affaccia nelle prossime ore: quale Stato autorizzerà lo sbarco di queste
47 persone?
Il 9 gennaio scorso, 49 migranti soccorsi sempre dalla Sea Watch, sono sbarcati a Malta dopo ben 19 giorni di calvario. Quanti ne saranno necessari questa volta? Impossibile dirlo.
“Oggi - fa sapere la Ong - abbiamo a bordo 47 persone, che avrebbero potuto essere vittime di un naufragio, se non fossimo intervenuti in tempo”, Lo stallo è già iniziato nella prima fase dei soccorsi: “Nonostante Sea-Watch sia in contatto con le autorità, non abbiamo ancora ricevuto istruzioni di alcun tipo, né vi è stata l’assunzione di responsabilità sul caso da parte di alcun centro di coordinamento. Abbiamo contattato Libia, Italia, Malta, Olanda ( Stato di bandiera della Sea-Watch3). Per ora la sola risposta arriva da Roma, con riferimento a una competenza delle autorità libiche, con le quali, nonostante i tentativi anche telefonici, non é stato possibile coordinarsi”.
E quest’ultima frase è la chiave del prossimo empasse. Il secondo in meno di un mese. Il soccorso è avvenuto in acque libiche e senza alcun coordinamento con la guardia costiera nordafricana. Il che significa: nessuno Stato è obbligato a fornire un porto sicuro. Spettava - in base alle norme - alla Libia. Ora si dovrà agire non sulla base delle leggi del mare, ma su quella della politica, e ogni Stato prenderà le sue decisioni.
Le reazioni Salvini contro le Ong. Mattarella: “Profondo dolore” Conte: “Dopo Chigi, avvocato anti- trafficanti”