Leoni vola ancora: cacciato, torna all’Aeroclub
Condannato per peculato, è riuscito a tornare: il governo sbagliò la norma
Lo
avevano ribattezzato il “Barone verde”. Come il mitico aviatore, ma in salsa leghista: senatore di lunga data, fedelissimo di Umberto Bossi e storico presidente dell’AeroClub, che ha guidato per praticamente tutti gli anni Duemila. Abbattuto da una condanna per peculato, a 71 anni oggi Giuseppe Leoni è di nuovo in rampa di lancio: grazie a un pasticcio del precedente governo, può tornare a capo dell’AeCi.
All’AeroClub, ente pubblico che si occupa dell’aviazione sportiva italiana, Leoni era entrato nel 2002: ovviamente in quota Lega Nord, di cui all’epoca era parlamentare di spicco (in totale quattro legislature, sempre con l’inconfondibile papillon al collo) nonché co-fondatore del partito insieme al Senatùr. Il governo Berlusconi assecondò la sua grande passione per il volo, in cui si dilettava nel tempo libero con la sua licenza di pilota civile, e lo nominò commissario dell’AeCi. Il giocattolo gli è piaciuto tanto da tenerselo fino al 2017: 15 anni da padre padrone, una flotta di velivoli battezzati in onore dei leader padani (chissà che fine ha fatto l’ “I-Umbe”), una serie di ombre, dal numero reale degli iscritti alla gestione dei fondi. Alla fine anche un processo concluso con una pesante condanna (in primo grado): tre anni per peculato, per aver pagato con i fondi dell’ente le spese legali di una causa personale.
ANCHE DOPO la sentenza a fine 2016, però, Leoni si era ben guardato dal mollare la poltrona. Anzi, a inizio 2017 si era persino fatto rieleggere presi- dente per l’ennesima volta, anche perché la normativa fa scattare l’ineleggibilità solo dopo condanne definitive. Il Coni (che si occupa della parte sportiva) inerte, il Ministero dei Trasporti (autorità competente) muto. Il primo passo l’aveva fatto l’Anac con una sospensione per ragioni etiche, ratificata con un po’ di ritardo dalla giunta di Giovanni Malagò. Poi, dopo un anno di melina, si è mosso il governo Gentiloni, commissariando finalmente l’ente a febbraio 2018.
Il problema è che il commissariamento è stato motivato non con i precedenti giudiziari ma con la presunta violazione del limite di tre mandati introdotto dall’ex ministro Lotti: vuoi perché sembrava la strada più semplice, vuoi per non avventurarsi in un terreno scivoloso, Palazzo Chigi ha scelto di rimuovere Leoni per una mera questione temporale. Ed è proprio su questo che il leghista ha fatto e vinto ricorso al Tar. Nel suo lungo regno all’AeroClub ci sono tanti anni da commissario e soltanto due mandati da presidente (2005-2009 e 2013-2017): le due cariche per i giudici amministrativi non sono equiparabili.
Un bel pasticcio: quella del 2017 era soltanto la terza (dun- que consentita) rielezione, il commissariamento pare proprio illegittimo. Il reggente Pierluigi Matera, avvocato noto nell’ambiente per i tanti incarichi al Coni e nelle Federazioni (nonché prorettore della Link Campus, l’università privata con buone entrature col potere), potrebbe essere costretto a fare i bagagli. Torna Leoni: nonostante la condanna, come stabilito dal Tar “la presidenza del Consiglio riprenderà il procedimento di nomina avviato”. Oppure potrebbe appellarsi al Consiglio di Stato. Ma oggi a Palazzo Chigi c’è anche la Lega, in particolare il sottosegretario Giorgetti che conosce bene Leoni: si racconta che fu proprio il “Barone verde” a segnalare a Bossi un giovanissimo Giorgetti, allora sindaco di Cazzago Briaga. Ne è passato di tempo, e forse l’era di Leoni all’AeroClub non è ancora finita.
Febbraio 2018
Si decise di commissariare l’ente perché aveva esaurito i tre mandati: ma erano solo due