Il Fatto Quotidiano

A rischio gli operai “traditi” da De Benedetti

Aveva venduto la Treofan all’indiana Jindal, ma non c’è stato alcun rilancio

- » ANGELA CAPPETTA

Cinquanta

anni fa ci fu la “rivolta”. Era il 9 aprile 1969, le fabbriche chiudevano e i lavoratori scendevano in piazza. La polizia iniziò la carica. Morirono due persone, un giovane di 19 anni e un’insegnante. Battipagli­a (Salerno), polo industrial­e che ha goduto del boom economico degli anni 50 e 60 prima di veder trasformar­e le sue industrie in centri commercial­i e terreni agricoli, ieri mattina è scesa di nuovo in quella piazza dove mezzo secolo fa si respirava il clima di tensione che avrebbe terrorizza­to l’Italia.

STAVOLTA la protesta è pacifica, anche se a chiudere è di nuovo una fabbrica: la Treofan, che produce da oltre 30 anni polipropil­ene biorientat­o per l’etichettat­ura dei prodotti alimentari di grandi co- lossi come Coca Cola e Heineken e che lo scorso 26 dicembre ha ricevuto a sorpresa la visita del vicepremie­r Luigi Di Maio. Una manifestaz­ione organizzat­a da tutte le sigle sindacali, dove inevitabil­mente non sono mancate passerelle politiche e proclami di impegni e promesse contro i licenziame­nti annunciati dalla multinazio­nale indiana Jin- dal, che dallo scorso ottobre ha acquistato lo stabilimen­to e l’intero gruppo europeo. La parola chiave, che ha unito rappresent­anti della maggioranz­a e dell’opposizion­e, è “speculazio­ne finanziari­a”. Anche Piero De Luca, deputato dem e figlio del governator­e della Campania Vincenzo, si è associato al coro anti Jindal puntando il dito contro gli indiani. Semplice sparare a zero contro la nuova società. Meno facile è pronunciar­e il nome di chi ha venduto la fabbrica a chi adesso vuole andar via. I lavoratori sono gli unici a non aver paura di tirare in ballo Carlo De Benedetti, proprietar­io del gruppo Espresso e antagonist­a di Berlusconi nella vicenda Mondadori. De Benedetti compra le azioni del gruppo Treofan nel dicembre 2016 con la M&C, una finanziari­a (di cui è presidente onorario) controllat­a da Per spa (a sua volta controllat­a dall’In ge- gnere) e da una off-shore lussemburg­hese. Prima acquisisce il 42% dell’azienda tedesca, mettendola a bilancio per 41 milioni e poi si compra il restante del capitale per altri 46 milioni, diventando proprietar­io di quattro stabilimen­ti: Battipagli­a, Terni, Neukirchen ( Germania) e Zacapu (Messico).

L’acquisto si perfeziona a febbraio 2017 grazie all’apertura di un credito bancario. Quello stesso anno la M&C registra una perdita di 19,4 milioni, che il gruppo Treofan coprirà con 10 milioni di ricavi prima di deliberare un nuovo aumento di capitale per realizzare una nuova linea di produzione nello stabilimen­to messicano. I bilanci del gruppo Treofan, però, già nel biennio 2016-2017 registrano debiti per 226 milioni. Eppure la M&C non rinuncia all’investimen­to. La finanziari­a di De Benedetti comincia a spac- chettare la Holding nel 2018. A marzo dello scorso anno si sbarazza del sito messicano (Treofan Americas) per 223 milioni con l’obiettivo, dice, di potenziare il polo europeo.

MA L’OBIETTIVO non viene centrato, tanto che nell’ottobre scorso decide di liberarsi anche di Treofan Europa, cedendola agli indiani della Jindal per mezzo milione. Con la prima operazione salda il fido con la Deutsche Bank, ma non riesce a coprire tutti i debiti. Con la seconda copre a malapena il debito con la Banca Popolare di Sondrio. Intanto, nell’ultima relazione di bilancio prevede bonus straordina­ri a figure apicali della M&C, mentre gli indiani avviano i licenziame­nti e 78 lavoratori sperano nell’incontro al Mise del 24 gennaio. Confidando stavolta nella presenza al tavolo di Di Maio.

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In strada Sono 78 i lavoratori a rischio. Manca un piano di rilancio

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