CONTE E I NODI DEL CONSIGLIO DI STATO
Lunedì scorso Il Fatto Quotidiano ha pubblicato a firma di Giorgio Meletti un articolo di estremo interesse sul Consiglio di Stato ove si annidano “poche decine di alti burocrati che detengono la più importante concentrazione di potere esistente in un Paese moderno”. L’articolo si diffonde sia sul malcostume di distaccare i giudici amministrativi a dirigere le Authorityi cui atti sono stati e saranno chiamati a giudicare, sia nell’evidenziare, con dovizia di particolari e di nomi (tra i quali l’attuale presidente del Consiglio di Stato Patroni Griffi), la inopportuna consuetudine di conferire a Consiglieri di Stato (quasi sempre gli stessi) l’incarico di sottosegretario (se non addirittura di ministro) o di segretario generale della Presidenza del Consiglio dei ministri o, più spesso, di capo gabinetto dei vari ministri.
NON HA FATTO eccezione l’attuale governo che ha nominato Roberto Chieppa – già segretario generale dell’Antitrust – segretario generale della Presidenza del Consiglio, ed Ermanno De Francesco capo dell’ufficio legislativo e, inoltre, Luigi Carbone – gi à commissario dell’Autorità per l’energia – capo gabinetto del ministro dell’Economia. Conclude Meletti: “Fare il Consigliere di Stato ha questo di bello: un drappello di giuristi (sacerdoti intoccabili) le norme se le scrivono da distaccati ai ministeri e poi se li giudicano, se le interpretano e se le applicano”. A fronte di una così anomala situazione, un governo, se è davvero “del cambiamento”, dovrebbe adottare con urgenza i seguenti provvedimenti: a) impedire che i magistrati amministrativi assumano l’incarico di segretario generale del governo e di capo gabinetto dei singoli ministri evitando, così, una impro- pria, intensa commistione tra coloro che esercitano la funzione giurisdizionale e di controllo proprio sugli atti di governo, e il governo stesso (organo politico). Non vi è, del resto, alcun motivo perché gli incarichi in questione non possano essere assunti da dirigenti amministrativi dei vari ministeri e degli organi periferici; peraltro, è ben possibile, in casi di particolare complessità giuridica, rivolgersi al Consiglio di Stato quale organo consultivo del governo; b) abrogare (l’odioso) privilegio accordato all’esecutivo di nominare un quarto dei componenti il Consiglio di Stato. Si eliminerebbe, così, il sospetto di abusi o favoritismi e, soprattutto, il sospetto che l’esecutivo cerchi di collocare in tale Consesso, deputato al controllo anche sugli atti del governo, persone di sua fiducia. Emblematico il caso della fidata vigilessa Manzione voluta da Renzi, prima a capo dell’ufficio legislativo della Presidenza del Consiglio, e poi al Consiglio di Stato, suscitando aspre polemiche per la mancanza anche del requisito dell’età; c) individuare normativamente un organo giurisdizionale – che può essere, in prima battuta, una sezione civile della Corte di Cassazione e le sezioni unite civili in seconda – che giudichi le controversie tra i magistrati amministrativi che possono insorgere a seguito dei provvedimenti dell’organo di autogoverno della giustizia amministrativa (C.P.G.A.) eliminando, così, una inaccettabile “Giustizia domestica” in virtù della quale un giudizio intrapreso da un presidente di sezione – il quale si ritenga, nella corsa alla nomina a presidente del Consiglio di Stato, essere stato ingiustamente pretermesso – debba, comunque, essere sottoposto all’esame e alla decisione di quell’organo al cui vertice si trova il collega avverso il quale ha proposto ricorso.
IL VERO CAMBIAMENTO
La commistione tra politica e magistratura amministrativa può essere interrotta con alcuni semplici provvedimenti
IL PREMIER CONTE – che è stato vicepresidente del C.P.G.A. ed è presidente del Consiglio dei ministri – ha tutte le conoscenze, competenze e mezzi per porre fine a tale intollerabile situazione.