Val d’Aosta-Parigi: la dépendance è sotto inchiesta
Pied-à-terre Comprata nel 2008, la “Maison” di rappresentanza costa oltre 300 mila euro l’anno. La Procura della Corte dei Conti apre un fascicolo
La trafficata rue de Rivoli, da una parte la cattedrale di Notre Dame, dal l’altra il Louvre. A l l’angolo i tavolini di una brasserie, più avanti una boulan gerie sforna tipiche baguette. Penserete di essere a Parigi, invece vi sbagliate: siete in Val d’Aosta, nel piccolo ma costosissimo pied-à-terre che la Regione si è comprato e mantiene con soldi pubblici da un decennio. E che ora è finito nel mirino della Procura della Corte dei Conti, che indaga per danno erariale.
AL NUMERO 3 di rue des Deux Boules, nel centralissimo quartiere di Châtelet, sorge la “Maison du Val d’Aoste”: 127 metri quadri in uno splendido palazzo su tre piani, antico hotel del XVIII secolo classificato come monumento storico. La Regione l’ha acquistata nel 2008 tramite Finaosta Spa, sua società finanziaria, alla modica cifra di 1,6 milioni di euro, più altri 625 mila in lavori e ristrutturazioni varie. Voleva essere la sede di rappresentanza in un Paese straniero a presenza valdostana (anche se la comunità è più forte altrove che a Parigi, dettagli). Doveva “promuovere l’offerta turistica e la cultura tradizionale”, si legge sul sito. In realtà non è ben chiaro cosa ci si faccia.
Aperta dal martedì al sabato, dalle 10 alle 17.30, passandoci davanti è facile avere l’impressione sia chiusa: la porta è sbarrata, bisogna suonare il campanello per entrare. All’interno lo spazio è ampio, ben arredato, elegante. Scaffali con dépliant, un bancone con le mappe, poltrone dove sedersi. Ma non c’è quasi nessuno. Possono passare ore prima che si fermi qualcuno: un paio di persone in una mattinata, una decina alla settimana. Si po
MAISON Val d’Aoste è una sede di rappresentanza regionale a Parigi: presa nel 2008, la sua gestione è affidata ogni anno a una società (di un ex consigliere leghista)
trebbe pensare allora che gli impiegati del centro (ce ne sono due, rigorosamente valdostani) siano a disposizione degli emigrati a Parigi, ma nulla: non forniscono informazioni su alloggi e lavori, non mettono in contatto con la comunità locale. Il centro ospita un paio di mostre all’anno organizzate dalla Regione e partecipa a qualche festival, dal Salone dell’agricoltura alla Settimana italiana, ma non c’è neppure un calendario degli eventi.
Sulla sua utilità c’è qualche dubbio (figuriamoci sulle presunte ricadute sul turismo). In compenso sono evidenti i problemi di gestione. Solo nel 2018 il mantenimento della sede è costato 323 mila euro (in passato ancora di più: il budget è stato sforbiciato nel 2017). Di questi, circa la metà vanno a una società privata, a cui Finaosta affida ogni anno il servizio organizzativo degli uffici con una procedura negoziata. La vincitrice è sempre la stessa: la Linty Conseils, società riconducibile all’ex consigliere regionale (prima leghista, poi unionista) Paolo Linty. L’ultima gara, per il periodo luglio-dicembre 2019 è in fase di aggiudicazione: attualmente è prorogata la gestione precedente, in attesa di conoscere l’esito del bando (meglio non aspettarsi sorprese: la Regione ha alleggerito i requisiti, ma non si presenta nessuno).
INVESTIMENTO immobiliare o iniziativa promozionale, la Maison du Val d’Aoste sembra soprattutto un buco nero di soldi pubblici. Da anni il consigliere regionale Alberto Bertin presenta interrogazioni per far luce sulla sua gestione. Adesso però se n’è accorta anche la Corte dei Conti: il procuratore regionale Massimiliano Atelli ha aperto un fascicolo per un possibile danno erariale, che riguarderebbe non tanto l’acquisto (datato a più di dieci anni fa) ma proprio per il costosissimo mantenimento della sede. In Regione forse hanno fiutato il pericolo e provano a correre ai ripari: a febbraio è stata approvata una mozione che impegna Finaosta a studiare una “diversa gestione dell’immobile”. Si va da un improbabile partenariato pubblico-privato a un ancor più difficile affidamento a terzi: operatori e associazioni locali hanno già fatto sapere di non avere alcuna intenzione di farsene carico. Resta la vendita. La Regione si è fatta fare un paio di perizie sul valore dell’immobile, che oscilla tra 1,4 e 1,6 milioni. Più o meno la stessa cifra del prezzo d’acquisto (ma meno di quella messa a bilancio da Finaosta, dove pesa per 2 milioni, col rischio di una perdita patrimoniale). Senza dimenticare i quasi 7 milioni ( secondo la stima dell’interrogazione di Bertin) spesi negli ultimi dieci anni. Non proprio un affare.