Conte, pressato da Putin e Xi, prepara l’incontro con Trump
TRIANGOLO Mosca vuole lo spione, Pechino garanzie sul 5G
■La Russia preme per avere indietro il suo uomo arrestato a Napoli, la Cina insiste sulla telefonia. Il premier però fissa un bilaterale con gli Usa il 24 settembre
Il governo Conte II riporta l’Italia all’antico dei robusti rapporti diplomatici e geopolitici con gli alleati europei e americani. Al momento più intenzioni che azioni, suggellate con la telefonata di Donald Trump a Giuseppe Conte e l’annuncio di un bilaterale a margine dell’Assemblea generale dell’Onu che si apre il 24 settembre a New York.
Il doppio segnale a Trump pervenuto giovedì, non soltanto per puro caso, ha coinciso con il giuramento di un esecutivo giallorosso o giallorosé, una maggioranza parlamentare mondata dai sentimenti non proprio atlantici dei leghisti: l’arresto a Napoli di Alexander Yuryevich Korshunov su richiesta di estradizione degli Stati Uniti, il russo accusato di aver tramato per sottrarre a un’azienda americana documenti riservati per la costruzione di motori aerei civili; l’esercizio dei poteri speciali ( golden power), sancito nel primo Consiglio dei ministri, per verificare i contratti per lo sviluppo delle connessioni veloci a Internet, l’ormai famoso 5G, che coinvolgono i cinesi di Huawei, la multinazionale sospettata di spionaggio per i legami con il governo di Pechino.
I CASI DI KORSHUNOV e di Huawei hanno innescato le reazioni furiose dello zar Vladimir Putin e del ministero degli Esteri di Pechino, epifenomeni di una diatriba più vasta che riguarda l’influenza di Washington su Roma e il costante tentativo di Russia e Cina di penetrare in un territorio Nato che ospita strategiche infrastrutture militari e di comunicazione. L’Italia è da sempre luogo di caccia per i russi e nondimeno per i cinesi e da sempre l’Italia ha garantito agli Usa una vigilanza adeguata per contrastare minacce straniere. La stagione gialloverde, con le tendenze russofile di Salvini (che s’è redento tardi) e gli eccessi cinesi dei Cinque Stelle (consigliati male), però, ha scalfito la fiducia di Washington nei confronti degli amici italiani. E Lewis Eisenberg, l’ambasciatore americano a Roma, è il primo testimone: in un anno e una manciata di mesi, per più di un’occasione, ha protestato con Palazzo Chigi e la Farnesina e redarguito in privato Di Maio e Salvini. Per la Russia e la Cina, ovvio. Adesso gli americani, che non si fanno abbindolare dai proclami, s’aspettano il succitato ritorno all’antico di Roma. Come? Bloccare l’avanzata dei cinesi di Huawei sul 5G; sfruttare la sicurezza cibernetica per proteggere i dati e le reti, sul tema c’è un disegno di legge per recuperare anni persi e introdurre strumenti e apparati efficaci; non abbassare, anzi aumentare il livello del controspionaggio. E qui c’entrano la delega all’intelligence e poi l’indirizzo politico del lavoro dei servizi segreti.
I DUE ULTIMI premier Gentiloni e Conte, per motivi diversi, hanno tenuto per sé la delega all’intelligence. Gentiloni per sradicare le inopportune aspirazioni di Luca Lotti; Conte per conquistare peso tra i vice Salvini e Di Maio e non trasformare una funzione assai seria in un campo di propaganda. Per non inoltrarsi troppo nel passato, Gianni Letta con Silvio Berlusconi, Gianni De Gennaro con Mario Monti, Marco Minniti con Matteo Renzi: al solito il presidente del Consiglio, con la discreta benedizione del Quirinale, sceglie un collaboratore di provata lealtà e lo nomina sottosegretario a Palazzo Chigi e poi gli attribuisce la delega all’intelligence. Per una ragione che può sembrare banale e però tocca la sostanza del compito: le attivi
Il controllo degli 007 Adesso il presidente del Consiglio deve decidere a chi dare la delega all’intelligence
tà sui servizi segreti richiedono un impegno a tempo pieno. Delegare non significa rinunciare all’intelligence. La “so v ra n it à ” resta al premier.
E poi ci sono le priorità. In epoca Gentiloni, dopo le elezioni negli Stati Uniti e alla vigilia del voto in Italia, ai servizi segreti arrivarono indicazioni dal governo di verificare eventuali interferenze dei russi nei Cinque Stelle. L’esito fu negativo, era un normale accertamento, ma la prevenzione e cioè gli obiettivi sono fondamentali. La stagione gialloverde, invece, ci ha consegnato – come farsesca immagine prima dei titoli di coda – lo scandalo del Metropol per Salvini e l’imbarazzo dell’intero esecutivo. La crisi di agosto, un mese per resettare la memoria e stabilire equilibri inediti, ha annebbiato i ricordi. Non quelli degli americani.