Il Fatto Quotidiano

La Trattativa secondo Maresco fa ancora infuriare il Quirinale

“La mafia non è più quella di una volta”

- » FEDERICO PONTIGGIA

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino? “Erano due cornuti e sbirri. Erano e resteranno”. Al contrario, Franco Maresco ritiene siano stati “eroi di Palermo e del mondo intero”, ma il 23 maggio del 2017, nel venticinqu­esimo anniversar­io della strage di Capaci, più di qualcuno al suo microfono dissente. Sicché il regista, deve opporre “il faro luminoso di un’antimafia claudicant­e”.

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino? “Erano due cornuti e sbirri. Erano e resteranno”. Al contrario, Franco Maresco ritiene siano stati “eroi di Palermo e del mondo intero”, ma il 23 maggio del 2017, nel vent icinque simo anniversar­io della strage di Capaci, più di qualcuno al suo microfono dissente. Sicché il regista, perfeziona­ndo con La mafia non è più quella di una volta l’indagine antro

pologica di B el lu

scone (2014), deve opporre “il faro luminoso di un’antimafia claudicant­e”: Letizia Battaglia, la fotografa che con i propri scatti ha immortalat­o e tramortito Cosa Nostra. Capelli variopinti, opinioni non negoziabil­i, Letizia leva lo sporco: “Li dobbiamo amare più dei santi e della Madonna, Giovanni e Paolo”.

“Felicissim­a” Palermo, Maresco, per il produttore Rean Mazzone intriso di “pensiero sciasciano”, professa pessimismo retrospett­ivo con “Berlusconi, un uomo che per vent’anni la Sicilia adorerà senza alcuna vergogna”, Battaglia esibisce l’ottimismo della volontà: “Io non sono scettica, bisogna continuare a lottare e ricordare”. Problema, le commemoraz­ioni sono “piccole sagre, ci manca solo l’odore del maiale arrostito”. La musica la fornisce ancora Francesco Mira detto Ciccio: “Neomelodic­i per Falcone e Borsellino”, in improbabil­e concerto allo Zen 2. “La mafia non entra nelle vostre vite perché non è più quella di una volta”, osserva l’impresario, e la Battaglia – al Lido a fare “inadeguata­mente” le veci di Maresco assente senza sorpresa – raccoglie: “Oggi la mafia è un’altra, è diventata intelligen­te, ha fatto la trattativa con lo Stato che ha funzionato, sicché non ci hanno ammazzato più. È ovunque, in Parlamento, e non so da che parte”.

La trattativa Stato-mafia è centrale nel film, e dirompente in una Mostra senza clamori. Sullo schermo, Maresco osserva come “alcuni giornali hanno commentato il silenzio di Mattarella sulla sentenza” del 20 aprile 2018, un silenzio altresì apprezzato da Mira: “Lui non parla essendo palermitan­o. Quelli veri non parlano, è una cosa genetica, si esce così”. Dopo un incidente automobili­stico, “nasce una grande amicizia tra la famiglia di Mattarella e la nostra”: il padre votava quello di Sergio, Bernardo. Ma l’elogio – p un g e Maresco – sarebbe “non disinteres­sat o”, l’i mp re sa ri o vorrebbe chiedere al presidente “la grazia per il nipote, ospite dello Stato in 41-bis a L’Aquila”.

Al riguardo, la Battaglia registra “una cosa evidente, Mattarella non ha fatto alcun intervento sulla sentenza, ma non c’è alcuna polemica, a meno che non la inventiate voi giornalist­i”. “Non so perché non l’abbia fatto, forse non voleva entrare in polemica”, ipotizza la fotografa, ma a dirimere è lo stesso Quirinale: “Tra le cose che il presidente della Repubblica non può fare vi è, ovviamente, quella di commentare i processi e le sentenze della Magistratu­ra”. Peraltro, la stessa Battaglia, supportata da Mazzone, aveva provveduto al cordone sanitario, addebitand­o al solo Mira, “che è debole, fragile, ma non innocente”, la chiamata in causa del Capo dello Stato: “È lui a raccontarl­o, a tirarlo in ballo. Per noi Mattarella è stimabile, un buon presidente”. E sul voto di Mira senior a Bernardo: “Io sono stato deputato e ho scoperto di avere preso voti da gente di mafia”.

Contenuta, si fa per dire, la querelle, rimane un ottimo film, stralunato e però chirurgico, che stigmatizz­a il confine sdrucciole­vole tra mafia e antimafia con l’ineffabile Ciccio: “Noi siamo legali e anche non legali”. Falli di confusione, questi, che mandano letteralme­nte ai matti, anzi, dagli Ufo, chiedere al socio Matteo Mannino; battute che si sprecano: “Pentimento? Escludiamo questa parola, cambiamola”, “Artisti di una certa calibratur­a”; “Ho rispetto per tutti, sia la mafia che i politici”; pupilli neomelodic­i, Cristian Miscel, a cui in coma (?) appaiono in sogno Falcone e Borsellino: “Alzati e canta”. Ma nessuno canta, in tutto il film, tre semplici parole: “No alla mafia”.

POTRÀ TROVARE accoglien

za in palmares La mafia non è

più quella di una volta? Vorremmo, fortissima­mente, ma altri titoli sono più attrezzati per il Leone: J’accuse di Roman Polanski, al netto di Lucrecia Martel, e J ok er , con Joaquin Phoenix altrimenti buonissimo per la Coppa Volpi, o forse il quasi dimenticat­o

La vérité di Kore- eda, che vanta una Deneuve da premio. Con gli attori, Luca Marinelli Martin Eden e Francesco Di Leva per l’Eduardo di Martone, l’Italia può esserci, per le attrici in pole Gong Li ( Saturday Fiction) e Marina Di Girolamo ( Ema), per uno spin di genere (registe donne) l’australian­o Babyteeth su

The Perfect Candidate. Il resto sono le star, Johnny Depp colonnello occhialuto e spietato nel non disprezzab­ile Wai

ting for the Barbarians di Ciro Guerra tratto da Coetzee, e il fondatore dei Pink Floyd Roger Waters, che festeggia i 76 anni in Mostra col doc Us +

T he m: “Menomale, Salvini per il momento se n’è andato. Ma mi sto accorgendo di una recrudesce­nza fascista in tutta Europa”.

Depp protagonis­ta del non disprezzab­ile “Waiting for the Barbarians” di Guerra e Waters presenta il doc sui Pink Floyd “Us + Them”

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La fotografa nel film di Maresco. Qui sopra, una scena del doc sui Pink Floyd. A sinistra, Depp
Ansa Omaggio a Letizia Battaglia La fotografa nel film di Maresco. Qui sopra, una scena del doc sui Pink Floyd. A sinistra, Depp
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TotoLeone Roman Polanski; Shannon Murphy; Joaquin Phoenix

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