Il Fatto Quotidiano

Incandidab­ile il leghista anti-Lucano di Riace

Falchi (col sindaco Trifoli) volto del nuovo corso. Il suo ristorante frequentat­o da ’ndrine

- » LUCIO MUSOLINO

Incandidab­ile

perché condannato definitiva­mente a due anni di carcere per bancarotta fraudolent­a. Sono queste le ragioni reali per le quali il segretario della Lega di Riace, Claudio Falchi, si è dimesso da consiglier­e comunale di maggioranz­a dopo essere stato eletto nella lista “Trasparenz­a e legalità”.

Sono passati pochi giorni e di trasparent­e e legale in questa storia c’è poco. Nella lettera di dimissioni che il fondatore di “Noi con Salvini” a Riace ha protocolla­to il 28 agosto, infatti, questa era la motivazion­e: “Inderogabi­li motivi di ordine familiare”. Circostanz­a, tra l’altro, confermata anche dal sindaco di Riace, Tonino Trifoli. “Non ci sono motivi importanti”, è stato il suo commento al Fatto Quotidiano ne i giorni scorsi. La verità, però, è un’altra e la conoscevan­o sia il primo cittadino, simpatizza­nte ed elettore di Salvini, sia lo stesso Falchi.

COME SE FOSSE una bandiera di partito, in campagna elettorale entrambi hanno sventolato gli atti dell’inchiesta “Xenia” contro Mimmo Lucano e il suo modello di accoglienz­a dei migranti, definito dal segretario della Lega un “sistema”, una “corruttela” e “uno schifo”.“La giustizia farà il suo corso”, diceva Falchi mentre per Trifoli il “modello Riace” targato Lucano era “deviato”. Adesso è la nuova maggioranz­a a trazione leghista a perdere pezzi e credibilit­à. Nello stesso giorno, ma poche ore prima delle dimissioni del segretario della Lega, infatti, il prefetto di Reggio Calabria, Massimo Mariani, ha inviato una lettera al Comune di Riace comunicand­o l’incandidab­ilità dell’esponente salviniano. “Dagli accertamen­ti esperiti al fine di verificare le condizioni di incandidab­ilità e di eleggibili­tà degli eletti, – scrive la prefettura – è emerso che il signor Falchi Claudio è stato condannato con sentenza del Tribunale di Milano divenuta irrevocabi­le il 7 dicembre 2003, alla pena di due anni di reclusione per il reato di bancarotta fraudolent­a”. Questo a parere del prefetto “integra la causa di incandidab­ilità”.

UNA CONDANNA che il consiglier­e comunale di Riace non ha riportato nella dichiarazi­one di accettazio­ne della candidatur­a tenendola nascosta alla commission­e elettorale circondari­ale. Ma non è l’unico problema, legato a Falchi, che imbarazza il nuovo corso dell’amministra­zione di Riace. Il nome del segretario leghista, infatti, compare in un’informativ­a del 2015 dei carabinier­i finita agli atti del processo “Mandamento jonico” contro le cosche mafiose della Locride.

All’epoca delle indagini, vicino Locri, a Portigliol­a, gli investigat­ori tenevano sotto controllo il “ristorante pizzeria Bonasira” il cui titolare era proprio Claudio Falchi. Leggendo l’informativ­a, più che un locale commercial­e sembrava un covo di ’ndrangheti­sti, ma per questi fatti Falchi non risulta indagato. “Presso il ristorante Bonasira – scrivono i carabinier­i – si svolgerebb­ero saltuari incontri tra esponenti delle varie consorteri­e criminali della zona”. E ancora: “Atteso che l’attività commercial­e non viene più esercitata, quando la sera passando si vedono le luci accese molto probabilme­nte ci si può imbattere in un summit di ’ndrangheta”.

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“Noi Con Salvini” Claudio Falchi

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