La guerra alle donne Il Messico è diventato una mappa di sangue
La geofisica ha creato una cartina interattiva dei femminicidi: dai corpi fatti a pezzi ai sequestri
Maria ha studiato da Geofisica. Da un po’ di tempo si dedica a creare mappe: parte da Città del Messico per poi ampliare lo sguardo. Gli Stati di Guerrero, Puebla, Veracruz, Jalisco. E poi su fino a Chihuahua. Sulla cartina del Messico però non indica laghi, fiumi, catene montuose, ma nomi, non solo numeri, che fanno riemergere volti di “donne uccise”,“donne pugnalate”,“resti di donna”, “cadavere di donna”, “bambina assassinata” o “donna fatta a pezzi”. Nella leggenda le ragioni: tutte sotto-categorie dell’essere donna. “Non sono solo numeri – spiega María Salguero – ma storie unite da un comun denominatore: il tipo di relazione che le vittime avevano con i propri assassini, l’età, il loro status sociale fino alle sentenze pronunciate (o no) per fare loro giustizia”.
I NUMERI – quelli generici – parlano di 9 donne uccise al giorno in Messico e i punti rossi sulla mappa di María vanno aumentando insieme agli alert di Google che lei ha attivato per aggiornare il rosario della morte. “Credo che abbiamo toccato già i 10 femminicidi al giorno: 1.056 da gennaio ad agosto”, rilancia María che asserisce seria: “È una guerra intestina. Una guerra che le donne messicane hanno deciso di combattere in prima linea”. Quel luogo in cui non conta neanche più che lavoro facessi prima, ogni cosa è al servizio della contraerea. “Ci sono le avvocate”, che acquisito l’aggettivo “femminista” dedicano ogni minuto libero della propria giornata ad “accompagnare le donne vittime di violenza nel percorso per avere giustizia”, spiega la geofisica prestata alla statistica cimiteriale. Le parole sono importanti. “Non esiste in Messico, come in molti altri paesi, il reato di femminicidio, ma il termine comincia a essere utilizzato e iniziamo a vedere anche qualche condanna seria, come quella all’assassino della giovane Seymar”.
Un caso mediatico, l’ennesimo. Dopo una dura battaglia legale, chi l’ha uccisa è stato condannato a 46 anni di prigione. “Voleva ricorrere in appello – racconta ancora María – ma fortunatamente non gli è stato concesso”. La giustizia si fa presto a invocarla. “Qui sono tutti collusi, non sai mai con chi parli: dai poliziotti ai medici obiettori, passando per i giudici. Le donne messicane ormai si sentono braccate, e ora in stato permanente di agitazione denunciano l’afonia dei propri diritti. “Come si fa a denunciare se i primi conniventi sono i poliziotti?”, si chiede Maria che parla di come sempre più spesso la disuguaglianza femminile e le condizioni di povertà e subalternità delle donne si mischino alle questione del crimine organizzato e a quelle del narcotraffico.
“Ci sono zone in cui nella lotta tra gruppi di narcos, i clan si vendicano sterminando a vicenda tutte le donne della famiglia rivale. Altri casi in cui a morire per mano di bande locali sono le povere donne che vendono un bicchiere a un peso sui marciapiedi e sono considerate di intralcio. Poi ci sono le vittime della strada: adolescenti, bambine e adulte spariscono nel tragitto da casa e lavoro, sui mezzi pubblici. Per non parlare dei taxi. L’ultima ragazza ritrovata morta qualche giorno fa è scomparsa dopo essere salita su un taxi. Ancora, ci sono i femminicidi per il pizzo: donne che fanno lavori umili nei bar, nei locali f re q u en t at i dai narcos. Se il proprietario non paga, l’altro entra e fa fuori la donna alla cassa o la ragazza che balla per racimolare due soldi”. Così María ci dipana quei numeri sulla mappa e ne fa casi concreti: da quelli che accadono nei villaggi, a quelli delle città dormitorio, fino alla metropoli.
Il dramma di un paese che continua ad avvitarsi su se stesso: più povertà, più crimine organizzato, più necessità per le donne di spostarsi per lavorare, più trappole, più femminicidi. E a poco servono le luci dei lampioni che il governatore di Città del Messico ha promesso alle associazioni scese in piazza ad agosto. “Avere strade meno buie aiuta”, commenta la geofisica. “Ma non si tratta solo di Città del Messico, noi qui siamo privilegiate, ma appena si esce dal centro urbano la situazione è terribile, ogni donna rischia dalla semplice molestia sull’autobus alla morte”.
MENTRE il sottosegretario agli Affari sociali del governo di Andrés Manuel López Obrador ha annunciato l’apertura di un tavolo di discussione sul tema, la voce del presidente non si è sentita. “Se non parla lui, è difficile che le cose cambino davvero”, sbotta María,
Qui sono tutti collusi, non sai mai chi ti trovi di fronte: dai poliziotti ai medici obiettori, fino ai magistrati La verità è che ci sentiamo braccate Il governo di López Obrador ha aperto un tavolo di discussione sul tema, ma il presidente non si è sentito Se non parla lui, è difficile che le cose cambino davvero PER VIOLENZA O PER VENDETTA
“Ogni giorno ne muoiono 10: anche per le faide fra narcos: i clan sterminano i membri femminili dei rivali”
che aggiunge “ma un tavolo è meglio di niente”. Intanto il presidio femminista continua. Oggi si scende in piazza accanto alle madri che non hanno avuto giustizia per i femminicidi delle proprie figlie. “Quando viene uccisa una donna, la polizia è solita rilasciare informazioni personali sulla vittima, confezionandone un profilo che racconti che in fondo se l’è cercata”. Da qui il nuovo slogan della protesta: “Esigere giustizia non è una provocazione”. Non si sa mai.