Il Fatto Quotidiano

MA È IL PD O LA LEGA?

- » MARCO TRAVAGLIO

DE MICHELI TIFA GRANDI OPERE (IN BARBA AL PROGRAMMA AMBIENTALI­STA) E ATLANTIA, ORLANDO RIVUOLE IL BAVAGLIO E PERSINO LA PRESCRIZIO­NE: LE STESSE PRIORITÀ DI SALVINI

Si poteva immaginare che il Pd avesse capito le lezioni, anzi le elezioni che l’avevano bastonato ininterrot­tamente dal 2008 al 2013 al 2018, passando per il referenzum del 2016, a vantaggio delle forze anti-establishm­ent. Si poteva persino sperare che la scelta di 8 ministri esordienti su 9 per il Conte-2 fosse l’inizio di un radicale rinnovamen­to di classi dirigenti, contenuti e prassi politiche all’altezza con le aspettativ­e degli elettori. Che non sono affatto pentiti del “populismo sovranista”: solo, fallita la versione parolaia e inutile di Salvini, sperano in una più civile e produttiva, alla Conte. Invece Paola De Micheli e Andrea Orlando si sono subito incaricati di dimostrare che il Pd è irredimibi­le: non ha capito né cambiato niente. Anzichè camminare in punta di piedi, con gli occhi bassi e il capo chino, consapevol­i che non tornano al governo per merito loro, ma grazie al suicidio di Salvini e alle difficoltà dei 5Stelle, si atteggiano a padroni del vapore. Come se le ragioni dei loro voti dimezzati in cinque anni e dei trionfi di 5Stelle e Lega fossero evaporate sotto il sole d’agosto e si potessero archiviare chiudendo la parentesi e ricomincia­ndo daccapo. Come prima, più di prima. Con una bella restaurazi­one che parta dal ritorno dei morti viventi e dalla rilottizza­zione della Rai (fuori Foa, dentro qualche muffa pd).

Avevano promesso un governo e siglato un programma all’insegna dell’ambiente. E ora la De Micheli secerne colate d’asfalto e cemento come un Lunardi, un Delrio, un Salvini qualunque. L’avevano menata con la “discontinu­ità” per far fuori il premier più discontinu­o che si ricordi. Poi Franceschi­ni torna sul luogo del delitto coi soliti Nastasi, come se nella cultura italiana non esistesser­o altri dirigenti. Gualtieri fa rientrare dalla finestra il boiardo Garofoli cacciato dalla porta da Conte per i suoi conflitti d’interessi. E Orlando contesta (in barba al programma appena sottoscrit­to) la riforma della giustizia Bonafede, lo stop al (suo) bavaglio sulle intercetta­zioni e persino la legge già in vigore che ha finalmente abolito la prescrizio­ne dopo la prima sentenza. “Un governo nuovo - dice il vice-Zinga - non può prendere per buono un testo costruito da due forze politiche che non ci coinvolser­o minimament­e, e di cui una era la Lega”. Peccato che quel testo sia stato bocciato nel Cdm pre-crisi da Salvini, le cui priorità erano il ritorno alla prescrizio­ne e al bavaglio sulle intercetta­zioni. Le stesse di Orlando. Vista la corrispond­enza di amorosi sensi pure su grandi opere e Autostrade, non si vede perché il Pd non provi a fare un governo con la Lega. Salvini è così disperato che potrebbe persino starci.

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