Garofoli “declina le offerte” Ma i burocrati sono in fila
Il risiko delle poltrone ai vertici dei ministeri Per le Infrastrutture corre Dal Verme, “vigilante” delle concessioni
La maggior parte di loro, non se n’è mai andata. E ha vissuto i quattordici mesi del “cambiamento” senza troppi scossoni. Ma adesso che è arrivata la stagione del governo giallorosa, molto è perdonato. E si spalancano le porte perfino per quel Roberto Garofoli che meno di un anno fa era stato invitato alle dimissioni dal presidente del Consiglio in persona. Considerando che il premier è rimasto lo stesso, quella del neo ministro dell'Economia Roberto Gualtieri più che la “pazza idea” raccontata ieri dal Fatto era da iscrivere nel capitolo degli affronti belli e buoni. Così “fonti p ar la m en ta ri ” fanno sapere che Garofoli ha sì incontrato Gualtieri e pure ricevuto altre richieste da svariati ministeri, ma le declina tutte quante. Non sono bastati, evidentemente, i ragionamenti sulle sue indubbie capacità professionali che avrebbero investito perfino le più alte cariche dello Stato. Riprendersi Garofoli non si può. E il “tentativo” che ancora ieri mattina era “in corso” pare si sia infranto al primo titolo di giornale.
MA GAROFOLInon è solo: il toto-capi di gabinetto, in queste ore, vede protagonisti un discreto numero di soliti noti. Luigi Fiorentino, per intenderci, ha cominciato la sua carriera negli uffici di diretta collaborazione col primo governo Prodi. Nel passato più recente, era il vice di Paolo Aquilanti – insieme a quel Salvatore Nastasi che è pronto a tornare ai Beni Culturali – nella segreteria generale di palazzo Chigi all’epoca di Matteo Renzi. Ora, dopo la breve parentesi di lavoro con il leghista Gianmarco Centinaio (era con lui all’Agricoltura), è in corsa per un posto da capo di gabinetto. Forse al Tesoro, forse alle Infrastrutture, forse all’Istruzione: da qualche parte andrà.
Più accreditato di lui, al Mef, è Alberto Stancanelli, consigliere della Corte dei Conti che ha ricoperto lo stesso ruolo quando Claudio De Vincenti era ministro per la Coesione territoriale.
Per le Infrastrutture, invece, Paola De Micheli ha in mano una carta pesante: Alessandra Dal Verme, che è anche la cognata del prossimo commissario europeo Paolo Gentiloni, è a capo dell’Ispettorato Generale per gli affari economici della Ragioneria generale dello Stato. Tra le tante cose, lì segue anche la partita delle concessioni, quella che per anni ha visto all’opera il sistema dei costanti rincari e degli scarsi investimenti. Non un dettaglio per il ministero che, nell’era giallorosa, dovrà occuparsi anche della revisione del contratto con Autostrade.
Agli Affari Europei guidati da Vincenzo Amendola ci sarà il già dalemiano R oberto Cerreto, poi fedelissimo di Enrico Letta, infine braccio destro di Maria Elena Boschi durante l’era Renzi e attualmente a capo del Dipartimento affari giuridici e legislativi di Chigi. Ai Beni Culturali va l’avvocato Lorenzo Casini, che ha lavorato con Sabino Lui,
Andrea Fora, insiste. Si dice “molto fiducioso” e ripete quanto detto una settimana fa al Fatto, e cioè che l’Umbria “può diventare un cantiere per tutte le prossime elezioni regionali”, lanciando un asse locale tra Pd e Movimento 5 Stelle sulla scia dell’accordi di governo. Proprio dai 5 Stelle, però, arrivano segnali meno ottimisti: al momento, dicono, l’accordo è quasi impossibile.
Quel che è certo è che i tempi stringono: in Umbria si vota il 27 ottobre e un mese prima devono essere consegnate le liste dei candidati. Nelle scorse settimane il Pd ha scelto di sostenere Andrea Fora, presidente di Confcooperative alla prima esperienza in politica, candidato che ha raccolto attorno a sé il favore di diverse associazioni e liste civiche. E il cui programma, che mette al primo posto lavoro, sostenibilità ambientale e trasparenza
Il no a Gualtieri L’alto funzionario che si scontrò con Conte doveva tornare al Tesoro Ora fa sapere che rinuncia
– memore dello scandalo sui concorsi della Sanità che ha fatto cadere la giunta Pd di Catiuscia Marini – sembra strizzare l’occhio ai grillini, stuzzicati dalla possibilità di appoggiarlo.
PROPRIO Fora lo ripete da giorni e con lui il commissario umbro dei dem, Walter Verini: “Senza tirare nessuno per la giacca, ma vediamo positivamente al fatto che si sia aperto un dialogo coi 5 Stelle e chiediamo a Fora di portarlo avanti”. Ma non sarà così semplice. Il tavolo esiste e di elezioni regionali – a fine anno si vota in Emilia Romagna, nel 2020 in Toscana – hanno parlato anche i vertici di 5 Stelle e Pd, nel tentativo neanche troppo celato di contrastare l’avanzata leghista nei territori, ma l’accordo in Umbria ancora non c’è e non è detto che mai si farà. Colpa, come indica il deputato