Il Fatto Quotidiano

Povero Orfini, dimenticat­o pure nei totominist­ri

Scettico sui giallorosa, ultimo dei giovani turchi, nessuno fa il suo nome: “Colpa dei grillini”

- » GIANLUCA ROSELLI

Un

po’ dispiace, tocca dirlo, che in questo passaggio politico ci si dimentichi di Matteo Orfini. Il suo nome riecheggia ormai nella memoria come un fantasma. Nessuno che l’abbia tirato in ballo in un possibile totonomi ministeria­le. E non succederà, par di capire, nemmeno per i posti di sottogover­no. Così l’ex giovane turco, classe 1974, si ritrova nell’imbuto del passato, anche se è ancora deputato e fino alla vittoria alle primarie di Zingaretti, nel marzo scorso, era presidente del partito.

IN QUELLE primarie Orfini appoggiava la mozione di Maurizio Martina, sconfitto. I suoi compari di mozione, però, a parte lo stesso Martina, sembrano usciti meglio. Lorenzo Guerini è addirittur­a ministro della Difesa. “Ho letto che il mio nome è entrato in una black list del M5S. E ne sono orgoglioso”, ha rivelato Orfini il 2 settembre in un’intervista alla Stampa. Se fosse vero, non se ne capisce il motivo.

Orfini è stato quello che, da commissari­o del partito a Roma, ha costretto Ignazio Marino alle dimissioni portando i suoi assessori a sfiduciarl­o dal notaio, aprendo la strada alla vittoria di Virginia Raggi. Altro che black list, i 5 Stelle dovrebbero intitolarg­li una piazza, proporlo per il Quirinale. E invece niente.

A sorprender­e, però, è che, dopo la sua fase renziana (dopo quelle bersaniane e cuperliane), presidente del partito per volere di Matteo (come dimenticar­e l’immagine in cui gioca alla playstatio­n con Renzi o quella dove i due sono impegnati in una sfida a biliardino con Luciano Nobili e Luca Lotti?), Orfini sembra tornato alle origini, quando era tra i pupilli di Massimo D’Alema.

È scettico sulla nascita del governo e avanza critiche da sinistra. “Non penso che dobbiamo andare a Palazzo Chigi a tutti i costi. Al Movimento 5 Stelle abbiamo chiesto grande discontinu­ità, sui nomi l’ipotesi è già tramontata, almeno dovremmo pretenderl­a sui contenuti”, ha detto.

Negli ultimi tempi gli sta molto a cuore la questione migranti. Insieme a Fratoianni e Delrio è salito a bordo della nave di Carola Rackete. Ora è tornato sul tema attaccando il nuovo ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese. “Il governo sta negando un porto sicuro alla Alan Kurdi, da giorni in mare con 13 naufraghi. Discontinu­ità significa via le politiche di Salvini”, ha twittato.

Orfini, dunque, si prepara a pungolare, da sinistra, uno dei governi più “rossi” della storia repubblica­na. Impresa non facile. “L’ho allevato male…”, disse di lui, successiva­mente, il suo mentore D’Alema.

ORMAI unico giovane turco rimasto, abbandonat­o pure da Andrea Orlando, Orfini ha però un pregio: nella buona e nella cattiva sorte riesce a mantenere sempre la medesima espression­e facciale, un mix di mestizia e sofferenza. Sottotitol­o: mai una gioia.

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Ansa A bordo Orfini con Magi, Carola Rackete, Fratoianni e Delrio sulla nave Sea Watch

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