Il Fatto Quotidiano

IPROTAG ONISTI

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che lei totalmente ignara) e Ferri gli suggerisce di tentare quella carta: “Dillo ... perché Fralulini ora rischia ... di essere sbattuto fuori ... vacci te da G. (l’avvocatess­a, Ndr) io non ci posso parlare con Fraulini perché era di Mi (la corrente dell’ex magistrato Ferri, ndr) e ha stracciato la tessera”. Secondo la trascrizio­ne dei finanzieri del Gico di Roma, a quel punto Lotti direbbe: “Vado io da G.”. Ma al Fatto l’avvocatess­a dice: “Io non ho mai visto Lotti. Conosco invece Palamara ma né lui né altri mi hanno mai chiesto di contattare il mio amico Fraulini”. Palamara non ha difficoltà a dire che lui sì, conosce l’avvocatess­a G. e potrebbe essere stato lui a dire: “Ci parlo io”. Non Lotti.

Chiarito che Fraulini non c’entra con le manovre di Lotti e compagni, vale la pena di capire come sia maturata la sua rimozione. Nominato nel novembre del 2018 il giudice di Cassazione è stato rimosso il 26 luglio con un provvedime­nto all’unanimità su proposta presentata a maggio da tutti i membri laici di ogni area, dal M5s al Pd passando per FI.

Le fonti citate ‘contro’ Fraulini in questa delibera davvero molto originale del Csm sono praticamen­te un articolo de L’espresso e le deposizion­i dei due commissari di Condotte, Matteo Uggetti e Giovanni Bruno. Proprio Fraulini incautamen­te dichiarò a L’espresso la sua colpa, cioè quella di lavorare troppo: aveva fatto 17 riunioni in sei mesi invece che una al mese come aveva dichiarato al Csm all’inizio. E non avrebbe comunicato il dettaglio dei suoi compensi.

Fraulini sostiene nella sua nota di ‘difesa’ che aveva trasmesso al Csm però le tabelle con i parametri per stabilire la sua remunerazi­one e che si riteneva già autorizzat­o visto che aveva aderito a un appello del Csm, rivolto a lui e agli altri magistrati, per fare il presidente. Tesi respinta dal Csm che non ritiene utile nemmeno ascoltarlo. Fraulini è convocato dal Csm nello stesso giorno in cui sono auditi i due commissari. Loro possono dire la loro sul suo compenso e il suo impegno. Mentre Fraulini non può ‘difendersi’. Lo pregano gentilment­e di tornare a casa e non lo convocano più. Nell’articolo de L’espresso che gli è costato l’incarico si descriveva­no i rapporti non idilliaci di Fraulini con i commissari Bruno e Uggetti. Le decisioni più importanti dei commissari devono passare infatti dal Comitato di sorveglian­za per l’autorizzaz­ione e Fraulini era un presidente puntiglios­o.

APPENA ARRIVA a novembre trova 30 richieste di incarichi a profession­isti e società di consulenza. Altri ne arriverann­o poi. Tra i molti incarichi che ricevono uno stop iniziale troviamo quelli allo studio dell’avvocato Domenico Ielo, fratello del pm Ielo, e quello al professor Luca Di Donna, allievo di Guido Alpa, nonché titolare di uno studio nello stesso immobile (il quarto piano del palazzo di Largo Cairoli) dove c’era lo studio del professor Giuseppe Conte prima che diventasse premier e desse disdetta del contratto di affitto, lasciando la profession­e.

Il 19 dicembre i commissari Bruno, Uggetti e Alberto Dello Strologo (che poi si dimetterà) chiedono l’autorizzaz­ione per dare un incarico al raggruppam­ento di profession­isti capeggiato dallo studio Ielo-Mangialard­i di Milano per l’assistenza

COSIMO FERRI

Può chiedere le carte dei consulenti? Io non ci posso parlare perché ha stracciato la tessera di Magistratu­ra indipenden­te

21 MAGGIO 2019

legale sulle riserve. Dopo una richiesta di chiariment­i il via libera di Fraulini arriva solo dopo che i commissari definiscon­o quell’incarico “strettamen­te indispensa­bile” e dopo che hanno ottenuto una riduzione del 5 per cento del compenso.

Anche il raggruppam­ento capeggiato da Luca Di Donna riceverà un incarico per il supporto alla formazione dello stato passivo di Condotte. Anche qui l’incarico passa solo dopo che i commissari attestano che è “strettamen­te indispensa­bile” e dopo l’introduzio­ne di un tetto. Il compenso alla fine è 110 euro per le domande tempestive e 120 euro per le tardive. Il comitato però dà il via libera solo quando i commissari inseriscon­o un tetto al compenso di Di Donna pari a 400 mila euro. Anche se le domande fossero più numerose.

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