Il Tav, la Gronda e il futuro dell’Italia giocato a briscola
Nasce un nuovo governo e per quattro giorni l’Italia discute del vestito della ministra dell’Agricoltura. La quale arringa il popolo sulle virtù del blu elettrico senza fiatare sulla Xylella. Il rapporto tra politica italiana e realtà si capisce in qualsiasi bar di provincia, non ascoltando le sciocchezze a cui si ispirano i sovranisti, sia pure economisti, ma osservando i tavoli dove si gioca a carte. Funzionano proprio come la politica. Si gioca tra professionisti di quella cosa lì. Uno si accosta al tavolo con la sua laurea o il suo premio Nobel, e quelli lo guardano con sufficienza pensando “che cosa ne sai tu della briscola?”. E hanno ragione, non c’è partita. Poi si alzano dal tavolo e tornano a essere operai o bibitari, semianalfabeti o professori, magari non sanno nulla della vita fuori di quel bar ma conoscono i trucchi della politica. E vincono. Solo che il gioco è per definizione una fuga dalla realtà, la politica no. Per un mese ci siamo appassionati alle carte calate da Salvini e Conte come milioni di pensionati intorno al tavolo con le mani dietro la schiena. Ma il tragico futuro del Paese non c’era, era solo evocato in forma di ammicco. Anziché stringere gli occhi per dire “non ho briscole” si borbotta “sblocchiamo”. Anziché simulare un bacio per notificare il possesso dell’asso di briscola si dice “sostenibile”. Slogan al vento. Varato il Conte bis, i giocatori di briscola lasciano il posto ai professionisti della realtà: consiglieri di Stato, capi di gabinetto, capi degli uffici legislativi. Con loro tutto continuerà come prima.
CI SIAMO LIBERATI DI SALVINIma il partito del cemento lo ha rimpiazzato con una ideologa dell’opera inutile come Paola De Micheli alle Infrastrutture. E la realtà si prenderà le sue rivincite sulle chiacchiere. La Torino-Lione, solo un ammicco per barare al tavolo delle carte, non la costruiranno mai perché non ci saranno mai i soldi per una roba così inutile. Ma continueranno a pagare ingegneri, economisti, urbanisti, architetti, studi di progettazione, lavori preparatori, tunnel geognostici. Così all’infinito si fa il welfare alla piemontese, puro assistenzialismo per un’economia orfana della Fiat (infatti i campioni del Sì-Tav sono gli stessi che giuravano sull’infallibilità di Marchionne). Poi c’è la gronda di Genova. Secondo gli ammicchi la strategica bretella autostradale è bloccata dall’ottuso veto dei grillini liguri. De Micheli ha compitamente recitato la stupidaggine appena ha giurato. Non sa (o finge di non sapere) che la mitica gronda è stata finanziata con aumento delle tariffe autostradali nel 2002, quindi gli automobilisti la stanno pagando da 17 anni. Nel 2017 il ministro Graziano Delrio l’ha rifinanziata allungando di quattro anni la concessione di Atlantia che quindi ha già due volte incassato il finanziamento anticipato e quindi non ha alcun interesse a costruirla. Ora chiedetevi chi sta davvero bloccando la gronda da 17 anni inventandosi veti ambientalisti. Naturalmente i nostri giocatori di carte fingono di litigare sulla revoca della concessione, una barzelletta inventata un anno fa da Giuseppe Conte per sciacquarsi la bocca con slogan inutili senza sfidare davvero gli interessi dei Benetton.
NEL FRATTEMPO IL PORTOdi Genova Voltri, secondo gli ammicchi dei nostri giocatori di briscola, era destinato alla rovina per l’assenza della gronda e del terzo valico ferroviario (in tutto almeno 10 miliardi di cemento), e aveva poi ricevuto il colpo di grazia con il crollo del ponte Morandi: isolamento, miseria e morte. Bene, a luglio scorso ha battuto il record storico di traffico, con un aumento del 10 per cento su luglio 2018, quando c’era il Morandi. Ci spieghi adesso la ministra De Micheli, tra uno slogan e l’altro, come è potuto accadere.
Twitter@giorgiomeletti